L’Italia non è sola. Ma per un paese che sta accusando dal 2008 una crisi dagli effetti devastanti e a lungo termine, una ulteriore paralisi del governo in piena emergenza pandemica di certo non rende le cose più semplici. Gli strumenti finanziari per ammortizzare il debito pubblico risultano talvolta instabili. Le continue crisi a livello politico non sono in grado di convergere in un piano efficace per aiutare famiglie e imprese e, nel rilanciare quindi, l’economia. Da un punto di vista economico, il periodo di crisi si caratterizza da un lato per la contrazione dei consumi, dall’altro dalla propensione al risparmio. Come se non bastasse, il Bel Paese si ritrova a fare i conti con un’emergenza sanitaria che ha messo in ginocchio interi settori comprese la imprese venete.
Le aziende continuano a soffrire a causa della pandemia e delle conseguente riaperture a singhiozzo. C’è da dire che alcuni settori hanno registrato un aumento dell’attività lavorativa (si pensi alla logistica e alla tecnologia). Ma molte altre invece hanno sofferto e accusato perdite difficili da riassorbire. Questo ha cambiato fortemente l’intero panorama produttivo, mettendo in risalto le difficoltà, le fragilità e la direzione futura dell’intero sistema. Molte aziende si sono adattate certamente alle norme sanitarie dettate a livello di Governo centrale. Altre hanno dovuto ripensare fortemente all’intero compianto produttivo e al modo di fare impresa.
Le imprese venete
In Veneto le aziende hanno risposto in maniera diversa. Un’indagine condotta da Studio Temporary Manager Spa, sull’elaborazione dei dati emersi dai bilanci depositati alla Camera di Commercio di circa 72mila imprese italiane, con fatturato tra i 5 e i 50 milioni di euro, ha fotografato lo stato di crisi delle aziende e dividendole in categorie con rating positivo e critico, emerge che il 36% presenta al momento un rating a rischio. In particolare, anche il Veneto mostra segni di sofferenza. Il 31% delle imprese si trova in una situazione di criticità. In particolare, il rating con criticità peggiora e supera la media regionale nelle province di Verona (35%), Venezia e Rovigo (entrambe al 34%), seguite da Treviso (31%), Padova (30%), Belluno (29%) e Vicenza (27%).
Le imprese hanno cercato di reagire riorganizzando non solo gli spazi dedicati alla produzione ma all’intera strategia adottata
Tra le principali azioni messe in atto, riguardano la modifica o l’ampliamento dei canali di vendita o dei metodi di fornitura o consegna dei prodotti o servizi (14,6% delle imprese venete) e il differimento o annullamento dei piani di investimento (14,5%).
Oltre alla rivoluzione interna, c’è da tenere conto degli effetti che la crisi sanitaria. E, ora, quella politica non aiuterà le aziende a contenere i tassi di disoccupazione. Inoltre c’è da considerare che già prima dell’emergenza Covid, molte aziende si trovavano in difficoltà con i processi di digitalizzazione in corso. Che avevano messo in difficoltà sia il settore pubblico che privato.
Un po’ presto per dire che cosa succederà nel 2021. Ma i primi mesi hanno già lanciato un chiarissimo messaggio. Certamente il coraggio e la forza di innovazione non possono mancare. Ma è necessario un piano contingente a livello, politico, economico e sociale in grado di far fronte a un mercato in continuo mutamento e un mondo che non sembra più lo stesso.