Compie 75 anni Art Spiegelman, il fumettista statunitense conosciuto soprattutto per essere l’autore di Maus. Il primo fumetto a vincere un premio Pulitzer, nel 1992. È quello ambientato durante la Seconda guerra mondiale. In cui gli ebrei sono rappresentati come topi – “Maus” in tedesco significa “topo” – e i nazisti come gatti. È un libro che ha avuto grande successo di critica e continua ad avere un grande successo commerciale. E molto probabilmente resterà nei libri di storia della letteratura. Si è distinto moltissimo tra le autobiografie (racconta la storia vera della famiglia di Spiegelman, in particolare di suo padre), tra i libri che parlano dell’Olocausto e tra i fumetti. Da molti è considerato il primo “graphic novel”. Anche se Spiegelman è uno dei tanti fumettisti a cui questa espressione non piace.
La lunga nascita di Maus
Spiegelman ci mise più di vent’anni a scrivere e disegnare Maus. Prima di essere pubblicato in forma di libro, il fumetto comparve a puntate sulla rivista Raw. Fondata dallo stesso Spiegelman e da sua moglie Françoise Mouly, dal 1993 art editor del New Yorker. Il primo capitolo uscì come inserto speciale nel secondo numero della rivista, nel dicembre 1980. Il penultimo nell’ultimo numero di Raw, nel 1991. Ma Spiegelman aveva cominciato a lavorare al progetto di Maus fin dai primi anni Settanta. Intervistando suo padre Vladek, ebreo polacco di origine, sulla storia della propria vita.
Il racconto/fumetto Maus
Maus è diviso in due parti. La prima si intitola Mio padre sanguina storia e racconta della vita di Vladek e Anja Spiegelman, i genitori di Spiegelman prima di finire ad Auschwitz. La seconda si intitola E qui sono cominciati i miei guai e racconta gli anni successivi, descrivendo la vita all’interno del campo di concentramento. Alle parti ambientate negli anni Trenta e Quaranta comunque si alternano quelle ambientate nel presente.
In cui lo stesso Spiegelman è uno dei personaggi e parla con suo padre per farsi raccontare la sua storia. In tutte le parti del fumetto i volti dei personaggi hanno fattezze animali. Oltre agli ebrei-topi e ai tedeschi-gatti, ci sono i maiali-polacchi (cosa per cui l’editore polacco di Maus ha dovuto affrontare varie proteste) e le rane-francesi. Spiegelman decise di rappresentare gli ebrei come topi per via di alcune rappresentazioni del nazismo. La metafora è utile in diverse occasioni. Per esempio, nella parte di Maus in cui Vladek cerca di farsi passare per polacco. Indossa una maschera da maiale sopra il suo volto da topo.
L’Olocausto
Al centro della storia di Maus c’è ovviamente l’esperienza di sopravvissuto all’Olocausto di Vladek Spiegelman. Ma anche il rapporto tra lui e il figlio – non buono all’inizio della storia – ha molto spazio. Spiegelman riflette molto anche su cosa comporta l’essere figlio di due sopravvissuti all’Olocausto. Mostrando in che modo un’esperienza che non ha vissuto abbia avuto grandi conseguenze sulla sua vita. In un momento abbastanza importante del libro il padre si rivolge a lui chiamandolo Richieu. Il nome del suo primo figlio, morto durante la guerra e mai conosciuto da Spiegelman.
Meta Maus
Sulla storia di Maus e quella di Spiegelman è stato pubblicato un altro libro nel 2011. Si intitola Meta Maus e in Italia è uscito nel 2016, pubblicato da Einaudi che è anche l’attuale editore di Maus. Racconta la genesi del fumetto e contiene riproduzioni di vari documenti appartenenti alla famiglia Spiegelman, schizzi del fumettista e taccuini personali. In un’intervista alla rivista Mother Jones nel 2014 Spiegelman ha parlato del suo rapporto con il fumetto che l’ha reso famoso in tutto il mondo. Dicendo che dalla sua pubblicazione si sente come «inseguito da un Maus da 2 tonnellate». «Sono fiero di Maus, sono fiero di esser stato in grado di farlo. Che sia nato tramite me. D’altro canto, ha inevitabilmente oscurato qualsiasi cosa che abbia fatto dopo e che abbia fatto prima, a volte in modi che trovo ingiusti. Eppure lo capisco perfettamente, che sia così».