Topolinia venne sconvolta da una serie di telefonate allarmanti, mentre nella notte infuriava la tempesta. Sono passati 30 anni dal noir “Il mistero della voce spezzata” racconto uscito il 20 gennaio del 1991 su Topolino, tutto made in Veneto, grazie alle firme di un grande sceneggiatore, Silvano Mezzavilla e i disegni del mitico Giorgio Cavazzano, “il Raffaello del fumetto” come lo ha definito Vincenzo Mollica. Così ne abbiamo parlato direttamente con l’autore, uno dei disegnatori più apprezzati in Italia e nel mondo. Ecco come Giorgio Cavazzano ricorda quei momenti.
Come è nata questa bella storia?
“Silvano Mezzavilla organizzava il Festival Treviso Comics, per un certo periodo ha vissuto a Roma facendo il ghostwriter di registi cinematografici, aveva l’impostazione del cinema e quando ho letto la sceneggiatura ho visto un copione da film. Ho cominciato a documentarmi, a comprare libri sull’America e le sue periferie. Per realizzare Topolinia, c’era un’immagine che mi piaceva molto, una macchina parcheggiata in un angolo di una periferia americana e ho ideato la scena con pioggia e vento per fare entrare il lettore nella trama noir della storia stessa”.
E la definizione Raffaello del fumetto?
“Mi sembra di toccare il cielo con un dito, un gesto di una persona che trovo un vero signore. Mollica ha esagerato un po’ ma mi fa molto piacere”.
Forse per il segno morbido che contraddistingue lo stile Cavazzano?
“Quando ho iniziato volevo staccarmi dallo stile di Scarpa. Io ho cominciato a lavorare con Topolino nel ’67. Un periodo effervescente, il maggio parigino, la musica, il teatro, il cinema…avevamo cambiato qualcosa e volevo cambiarla anch’io. Poi ho capito invece che dovevo ritrovare l’atmosfera e questi personaggi andavano disegnati in maniera morbida, soft, tenendo sempre un taglio cinematografico”.
Come nasce Cavazzano? Una storia che sembra un romanzo.
“Ero in un vaporetto diretto al Lido di Venezia. Agosto, faceva un caldo incredibile. Al Lido abitava mio cugino Luciano Capitanio, un bravo disegnatore, è stato un mio ispiratore. Stavo riportando alcuni suoi disegni perché a settembre avrei dovuto cambiare vita”.
Cambiare vita?
“Il mio padrino, un personaggio importante della Montedison, voleva che io facessi il perito chimico. Allora abitavo a Mestre a un centinaio di metri dal Pacinotti, dove sarei dovuto andare. Dissi a mio cugino: Luciano ti riporto i disegni perché a settembre ahimè comincio un altro percorso. Avevo la cartellina con me, in vaporetto c’erano alcuni miei amici e la cartellina passò di mano in mano capitando sotto gli occhi di una signorina che mi chiese: li ha fatti lei? Io ho mentito e dissi di sì. Molto bravo, io sono la fidanzata del disegnatore Romano Scarpa.
Appena sceso dal vaporetto telefonai a Scarpa e lui gentilmente mi disse: avrei bisogno di un collaboratore perché il mio se n’è andato. Romano Scarpa abitava vicino al Ponte dei Greci, andai nel suo studio, mi fece fare una prova con il pennello: a me va bene, disse, se vuoi puoi cominciare anche domani mattina, io sono qui. Ero pazzo di gioia!”
Ma questa storia ha un prologo pieno di mistero che a Topolino piacerebbe molto. Ecco cosa accadde qualche mese prima del fatidico viaggio in vaporetto verso il Lido che cambiò per sempre la vita al nostro eroe…
“Nello studio di mio cugino avevo visto per la prima volta Topolino e osservavo ammirato dei disegni magnifici, bellissimi. Ricordo ancora la storia: Zio Paperone e le lenticchie di Babilonia. Chiesi chi fosse questo disegnatore: si chiama Romano Scarpa abita a Venezia, ma non so dove.
Allora cominciai a sezionare Venezia in piccoli quartieri, a chiedere a tutti: lei conosce Romano Scarpa il disegnatore? Provai a telefonare ai vari Scarpa di Venezia ce n’erano parecchi, tutti mi dicevano: si sta sbagliando non sono io”.
Una ricerca che dura ben tre mesi senza fortuna e poi il magico incontro in vaporetto che porterà a Topolino. Ma in famiglia non tutti erano d’accordo, soprattutto la madre di Giorgio, c’era in ballo il lavoro importante alla Montedison.
“Ci fu una discussione incredibile in famiglia. Mio padre disse una cosa che mi salvò: lasciamolo un anno da Romano Scarpa e vediamo cosa succede”.
Quanto siamo grati alla saggezza del padre di Cavazzano dato che oggi è uno dei grandi maestri del fumetto, un veneziano blasonato da mostre ed eventi. Ma c’è un altro mistero su Topolino da svelare!
“Quando ho compiuto 60 anni, ci confida, tra gli auguri mi arrivò anche una telefonata del Parroco di Jesolo Don Paolo Donadelli: volevo farle gli auguri perché seguo tutte le sue avventure, però siccome dovrò subire un’operazione e non so se sopravvivrò, deve sapere una cosa: lei non sarebbe mai diventato il collaboratore di Romano Scarpa, perché quel disegnatore ero io. Solo che una settimana prima che lei telefonasse a Romano io ho avuto la vocazione e sono diventato prete. Superò bene l’operazione, in seguito ci siamo incontrati varie volte e quando se ne andò lasciò in eredità al fratello tutta la collezione perché mi venisse data”.
Commovente e meraviglioso!
“Se c’è qualcuno lassù mi ha fatto arrivare nel posto giusto al momento giusto in tutti i sensi”.
Sapevate che è stato Giorgio Cavazzano a dare una casa alla Banda Bassotti?
“Il mio vicino di casa dove abito a Mirano, lasciava sempre una scassata roulotte davanti al mio garage e io avevo dei problemi ad uscire con la macchina, poi mi arrivò una sceneggiatura dove c’erano i Bassotti che non avevano una vera casa, ma un covo e ognuno lo disegnava in maniera personale, in genere una baracca o altro. Così ho pensato di dare affitto alla Banda Bassotti”.
Quale personaggio ti attrae di più?
“Mi piacerebbe Zio Paperone: una nuotatina nell’oro la farei volentieri!”
È il primo maestro che ha visto pubblicare il suo Topolino in America. Che effetto fa?
“Un effetto da sogno. Fin da bambino per me l’America rappresentava un mondo magico. Dai film che vedevo in patronato al fatto che tutti i grandi miti erano americani. Quello che mi ha stupito è che la storia de “La voce spezzata” è stata pubblicata anche in Cina. Una soddisfazione particolare”.
Chi sono stati i suoi maestri?
“Dopo mio cugino che disegnava fumetti per case editrici minori, certamente Romano Scarpa. Lui è stato il primo vero grande maestro quello che mi ha insegnato a tenere una matita in mano e a disegnare per il grande pubblico”.
Ha sempre preferito Topolino a Paperino. Nonostante abbia iniziato con Zio Paperone. Si rivede un po’ in lui?
“Si. In qualche maniera si. Topolino rappresentava l’avventura metropolitana. Era il poliziesco americano in questa metropoli che non era la Paperopoli disegnata dal grande Carl Barks. Mi affascinava. Inoltre Romano Scarpa disegnava più volentieri le storie di Topolino più di quelle dei paperi. Ma mi rendevo conto ripassando le matite di Scarpa che Topolino era un personaggio molto difficile. Ha una mimica molto dura da realizzare e poi aveva amici che erano degli spilungoni dai tratti completamente diversi come Pippo, Orazio, Clarabella e così via”.
Qualcuno l’ha definito l’erede di Carl Barks. Un’eredità pesante?
“È un’eredità che mi fa molto piacere. Certo essere paragonato come figlioccio del grande maestro è sinonimo di orgoglio”
Quanto disegnare Topolino è ancora un divertimento?
“Lo è sempre stato. Dopo quasi 60 anni di paperi e topi mi piace ancora disegnare. Anche di domenica, nonostante il periodo che stiamo passando, quando leggo la sceneggiatura e inizio a disegnare le ore volano. Cancello, ripasso, disegno e non mi accorgo del tempo che passa. Mi ritrovo in un altro mondo. Mi diverte realizzare questi personaggi. È un “baloon” luminoso”
Quanto la soddisfa aver contribuito a creare Paperinik? In USA l’hanno trasformato in un supereroe Marvel..
“In realtà non l’ho creato io ma un disegnatore genovese: Giovan Battista Carpi. Poi è passato a molti disegnatori che ci hanno messo del loro tra i quali il sottoscritto. Tra l’altro Carpi appartiene alla scuola genovese. Poi c’era quella milanese. Infine quella veneziana. Posso dire con molta sincerità che noi eravamo i migliori e lo siamo tuttora. Da Hugo Pratt a Battaglia a tanti altri. Forse sarà la magia di Venezia e la riflette attraverso i nostri lavori”
Elisabetta Pasquettin e Ettore Vianello
Bellissima intervista!