Quando l’ho letta la prima volta, la frase che qui riproduco si confondeva nel contesto: oggi, isolata in forma di appunto, mi colpisce violentemente. Dice: “Perché l’uomo ha dentro di sé il piacere di odiare e di distruggere. In tempi normali la sua passione rimane latente, emerge solo in circostanze eccezionali, ma è abbastanza facile attizzarla e portarla alle altezze di una psicosi collettiva”.
Era l’anno 1932, l’autore viveva ancora a Berlino e “in circostanze eccezionali”: ormai la capitale della Germania era sotto il tallone di ferro del nazismo. Chi scriveva quelle parole tanto crude era Albert Einstein, che avrebbe presto scelto l’esilio in America.
Quelle parole, frutto amaro di un pessimismo radicale, non le avremmo mai nemmeno immaginate sulla bocca di un uomo di pace qual era il grande scienziato. Ma i tempi erano tragici…
E me ne sono ricordato leggendo un articolo di Walter Veltroni sul Corriere che proprio di un odiare diffuso parlava, un sentimento che infetta la nostra convivenza e non si placa, anzi aumenta nonostante il progredire della civiltà.
Ormai l’odio è diventato plurale e, purtroppo, contagioso.: gli odiatori, ha scritto Liliana Segre, “non si vergognano più”. O, come dice la Bibbia con Isaia: “ostentano il loro peccato, disgraziati! “ In effetti, non si nascondono nelle loro tane (l’anonimato garantito), ma escono all’aria aperta, e ne sentiamo l’odore acre.
C’è, incredibilmente, l’esibizione del proprio livore scatenato da persone spesso senza identità contro la società: la loro è rabbia razzista, veleno ideologico, piacere del male altrui, disprezzo politico, gelosia e brutalità contro la donna: come se tanti in mezzo a noi avessero bisogno di un nemico da uccidere, e usano i mezzi di comunicazione popolare per diffondere la propria insaziabile ostilità, il rancore universale, la vendetta…
Questa brulicante palude la si incontra sulla via dei social, diventata ormai una via del male aggressivo e senza freni che favorisce anche gesti violenti e vere azioni sacrileghe su oggetti simbolici. Le “anime vuote” non sono, purtroppo, un’invenzione letteraria o giornalistica.
Sta scritto: “Fatti non foste a viver come bruti” … E invece?
Numeri
Ci ballano davanti agli occhi, cifre veloci come lampi di calore: sono i numeri che scrivono la realtà, e ci assediano con implacabile precisione. Archiviati quelli dell’Olimpiade di Parigi con tanti “medagliati” italiani e veneti, rimangono gli altri, cifre che vengono dal passato e ci traghettano nel futuro. Le cronache ci parlano di una società caratterizzata da solitudini diffuse, provocate da una percentuale incredibile di famiglie costituite da un’unica persona.
E ci sono i numeri nella storia: i 262 minatori morti a Marcinelle (Belgio, agosto 1956), di cui 136 erano migranti italiani, un numero scandaloso di cittadini di una Repubblica incapace allora di garantire loro un futuro sicuro, un lavoro, una dignità. I “nostri” hanno dato il tributo più alto in vite umane, seguiti da 95 belgi e poi, calando nella triste classifica, 8 polacchi, 6 greci, 3 algerini, 3 ungheresi, 2 francesi, 1 inglese, 1 olandese, 1 russo, 1 ucraino…
Numeri di un’Europa che, affamata di energia scavava carbone e assorbiva manodopera da più nazioni. La rinascita dalla guerra fu pagata anche da quella tragedia.
Meteo
(poesia)
I
Come fa il gregge assetato
che si rifugia sotto un albero
isolato in mezzo al prato,
così anche noi cerchiamo
riparo nei ritagli d’ombra
nelle nostre città allucinate
da questo clima selvaggio.
II
L’aggressione canicolare
stimola l’animale che dorme
in noi e obbedienti all’istinto
ci rin-taniamo lontano
dalla minaccia solare.
III
Portiamo i nostri corpi
sotto i portici e nei bar
come naufraghi della luce
d’agosto mentre il cielo
deserto brucia in noi
la speranza di una pioggia.
IV
Verrà la notte, e finalmente
sogneremo il fresco autunno.
Anonimo ‘24
Parlando di odio e distruzione – ci siamo proprio in mezzo. Ne leggiamo e sentiamo giorno dopo giorno sui giornali e dai vari telegiornali. Sembra quasi ” normale”, ci si abitua, ci sconvolge forse, ma con sempre meno veemenza.
Se fai “zapping” col telecomando, fai fatica a trovare programmi tranquilli, positivi, istruttivi. Prevalgono film o rapporti criminali, crudeli, sanguinosi – mi chiedo spesso che impressioni possano fare su bambini e giovani … a loro sembra tutto normale, come capiamo dalla sempre più frequente formazione di baby band e simili gruppi.
I genitori non hanno più tempo di fare i genitori, manca l’esempio positivo, la custodia, il tempo per il colloquio. Lo sappiamo tutti. Purtroppo. A parole. Beati i tempi della nostra gioventù, quando ci si sentiva parte di una famiglia, protetti, non con paroloni, ma con i fatti e con l’esempio. È facile criticare, ma più difficile trovare e realizzare le soluzioni. Che ci sono!