Originario di San Donà di Piave, 37 anni da poco compiuti, detenuto per vari reati connessi allo spaccio di stupefacenti, una settimana fa, è stato trovato impiccato con il lenzuolo nella sua cella della Casa Circondariale Santa Maria Maggiore di Venezia. A nulla sono valsi i soccorsi. Salgono così a 56 i morti suicidi in quello che appare come un bollettino di guerra, ma che è invece il tragico conteggio di persone nelle mani dello Stato e che lo Stato non riesce a tutelare. A questi bisogna poi aggiungere i sei appartenenti alla Polizia penitenziaria che si sono tolti la vita. Una mattanza irrefrenabile”. Così Gennarino De Fazio, Segretario Generale della Uilpa Polizia Penitenziaria, commenta l’ennesimo suicidio nelle carceri del Paese.
Una maratona per i suicidi in carcere
Il 10 luglio la Camera Penale Veneziana, nell’ambito delle iniziative promosse dall’Unione delle Camere Penali, ha organizzato anche a Venezia, in campo S. Margherita, una maratona oratoria – che ha visto la partecipazione di avvocati, giornalisti, volontari e rappresentanti di numerose associazioni – per sensibilizzare alle condizioni sempre più difficili nelle carceri italiana, che provocano un altissimo numero di suicidi.
Sul tema abbiamo intervistato l’avvocato Annamaria Marin, Responsabile della Commissione Carcere della Camera Penale Veneziana (CPVe)
Avvocato Marin, in carcere è una strage di suicidi senza fine, cosa sta succedendo?
“Quello dei suicidi in carcere non è il solo problema del carcere e certamente è la conseguenza di molteplici problemi e criticità. La maratona oratoria che abbiamo organizzato vuole essere un segnale inequivocabile: innanzitutto, perché la società non può voltarsi dall’altra parte.
La riflessione parte dal sapere da chi è composta oggi la popolazione carceraria”.
Ci può descrivere chi sono le persone detenute oggi nelle carceri italiane?
“Una moltitudine di senza dimora costretti a reati per lo più di sopravvivenza, uomini e donne che la società ignora o addirittura respinge, dimenticando i sacrosanti principi dell’inclusione e delle opportunità per tutti e strumentalizzando sulla loro pelle il principio della sicurezza
Una moltitudine di stranieri, con il sogno di poter essere cittadini del mondo e conquistare una vita migliore, ma condannati ad una sopravvivenza nell’emarginazione. Tantissimi tossicodipendenti e individui con problemi psichiatrici: il carcere non fa certo per loro, recupero e cura avrebbero bisogno di trattamenti terapeutici mirati in strutture idonee…e in carcere il consumo di psicofarmaci è altissimo, anche tra i non tossici e i non certificati psichiatrici”.
Tra i detenuti sta crescendo anche il numero dei minorenni?
“Sì, si sta verificando un aumento consistente di detenuti minorenni: in particolare, dopo l’entrata in vigore del cd. decreto Caivano (che prevede nuove misure di contenuto sanzionatorio nei confronti dei minorenni, in particolare l’ampliamento dei presupposti di applicazione dei provvedimenti restrittivi cautelari), gli istituti penitenziari minorili registrano un’impennata di ingressi, senza che vi sia nessun investimento per un effettivo recupero rivolto a questi giovani che rappresentano anche un futuro migliore per il nostro paese”.
Come Camere Penali denunciate la mancanza di visione culturale, con un uso del carcere in forma meramente repressiva: possiamo fare un esempio?
“Un numero sempre maggiore di detenuti, in attesa di processo o in esecuzione pena, per i reati del cd. codice rosso (relativo alla disciplina dei reati di violenza domestica e di genere): come se la piaga sociale della violenza contro le donne non fosse un problema culturale. La questione del rispetto tra i generi e il contrasto alla violenza contro le donne viene trattato invece ancora prevalentemente in termini soltanto repressivi, con il mero innalzamento delle pene, modalità comprovatamente inutile a produrre un’inversione di tendenza”.
Per rendere il carcere luogo di recupero servono investimenti di tipo sociale con un numero adeguato di operatori: qual è la situazione?
“Vi è un numero largamente insufficiente di operatori dell’area educativa e dell’area sanitaria, di psicologi e di mediatori. Ad ogni detenuto si riesce perciò a dedicare solo pochi minuti di attenzione, con risposte derivate dall’emergenza, senza l’attivazione di progetti di inserimento sociale condivisi”.
La piaga dei suicidi riguarda anche gli agenti di polizia penitenziaria, perché?
“Un numero sempre maggiore di poliziotti penitenziari è in sofferenza, perché lavorare nell’inferno di un carcere mina la resistenza psicologica degli individui. La carenza di organico inoltre stressa gli agenti che vedono spesso prolungati i propri turni di lavoro per coprire le necessità emergenti”.
Come avvocati che richieste fate per arginare la piaga dei suicidi?
“Se questo è il quadro delle condizioni di detenzione, dobbiamo sensibilizzare l’opinione pubblica per chiedere la piena applicazione dei principi previsti all’art. 27 della Costituzione.
Sovraffollamento, istituti fatiscenti, la mancanza di validi percorsi ed opportunità di abitazione/terapia/studio/lavoro, l’espiazione dell’intera pena in carcere senza l’attivazione di misure alternative risocializzanti (per carenze oggettive e non per demerito dei singoli), sono un danno per i condannati e una vergogna per l’intera collettività”.
Il Parlamento si sta occupando dell’emergenza carcere?
“La politica insiste a non voler accogliere la proposta di liberazione anticipata speciale (proposta Giachetti-Bernardini, con riconoscimento anche retroattivo di 75 giorni – anziché gli ordinari 45 giorni – di riduzione pena per ogni semestre espiato con buona condotta). Non si tratta di un provvedimento di clemenza generalizzato, ma una risorsa amministrata, com’è giusto che sia, dalla magistratura di sorveglianza, indispensabile per ridurre in fretta il numero illegale dei detenuti in carcere nel ns. Paese, perché non c’è più tempo”.
E il Governo che dice sui suicidi in carcere?
“Per i detenuti che legittimamente protestano per le proprie condizioni (che la Corte Europea per i Diritti dell’Uomo ha ripetutamente censurato perché inumane e degradanti), è stato recentemente introdotto il reato di “rivolta in istituto penitenziario”, che arriva a punire anche comportamenti di mera disobbedienza pacifica. E infine il D.L. 92/2024 è assolutamente inadeguato e totalmente lontano dal fornire risposte all’urgenza dei problemi.
L’art. 5 “interventi in materia di liberazione anticipata” introduce più macchinose procedure per il riconoscimento dello “sconto” di pena già previsto dall’Ordinamento Penitenziario, che graveranno sugli organici perennemente insufficienti delle Cancellerie e degli Istituti di pena, rallenteranno la concessione di misure alternative alla detenzione e che, ciò che è più grave, sottraggono funzioni alla Magistratura di sorveglianza per attribuirle alle Procure, secondo una logica che non ha nulla di trattamentale e premiale, piuttosto di stampo autoritario. L’art. 8 “disposizioni in materia di strutture residenziali per l’accoglienza e il reinserimento sociale dei detenuti”, nell’illusione di nuove risorse, in realtà prevede solo l’istituzione di un elenco nazionale delle strutture esistenti…Ogni ulteriore commento è superfluo”.
Keep on working, great job!