Dopo le elezioni europee, con il loro portato di novità in termini di equilibri politici all’interno del parlamento europeo – peraltro meno traumatici e radicali di quanto gli osservatori si aspettassero – si apre la partita della nomina del presidente della Commissione Europea e dei diversi commissari. Il nome di Ursula Van der Layen è stato votato dai principali membri del Consilio Europeo, con la posizione attendista italiana che appare destinata a cadere non appena esaurito il suo effetto annuncio, e si dovrà attendere l’esito della votazione del parlamento per consentire l’avvio di questo nuova Commissione. Alla quale spetta l’onere e l’onore di raccogliere le sfide più importanti.
Oltre al confronto politico sui commissari e sui loro portafogli, che metterà in gioco molto più di quanto non venga dichiarato in termini di rilevanza politica di ciascun paese nella bilancia degli equilibri futuri, la vera partita sarà quella degli impegni (e dei risultati effettivi) che la Commissione vorrà e saprà prendersi. I prossimi anni saranno cruciali per gli equilibri mondiali e per il ruolo dell’Europa, in particolare sullo scenario economico, la rilevanza politica, la capacità d’influenza internazionale e strategica dell’Unione ed, in essa, dei paesi che la compongono.
Le sfide oltreoceano
Si è oramai delineato all’orizzonte il crepuscolo americano, portato e causa della messa in crisi della centralità del mondo occidentale e del suo sistema economico e commerciale, con l’affacciarsi prepotente di vari blocchi regionali, di diversa composizione ed orientamento politico ed economico ma tutti concordi nella crescente insoddisfazione per il sistema occidentale, nella critica palese od occulta al sistema attuale e caratterizzati dalla frenetica volontà di superarlo, di incidere in modo diverso e con più rilevanza sulle questioni del mondo.
Dalle concezioni politiche, ai diversi concetti di democraticità dei sistemi, dal peso attribuito alla partecipazione popolare alla trasparenza dei sistemi, dai concetti culturali e sociali agli equilibri tra il sistema politico e la sfera dei diritti personali, dal ruolo e l’importanza dei singoli rispetto alle collettività ai concetti culturali ed educativi, molti sono i concetti e le idee che separano con sempre maggior distinzione il mondo del G7 dal resto del pianeta.
L’orizzonte delle sfide che verranno
Alcune centinaia di milioni di ricchi si contrappongono a oltre quattro miliardi di esseri umani che vedono la loro parabola di vita muoversi all’interno di orizzonti economico, sociali e politici radicalmente diversi da quelli consueti nel primo mondo, lungo percorsi di vita e di relazione che hanno sempre meno punti di contatto con quelli normali e consueti in Europa e nel resto dell’Occidente.
A questo scenario di crescente importanza si affianca l’evidente disparità di vedute e di percorsi tra l’Europa ed il principale driver dell’economia occidentale, gli Usa , che anche senza la probabile e deflagrante presidenza Trump risulta comunque avviata su sentieri politico culturali divergenti, di certo sulle principali questioni economiche presenti e future.
Le prime sfide da affrontare
Dal mercato del lavoro al sistema produttivo, dalla rilevanza del sistema creditizio al ruolo del welfare, dalle politiche internazionali alle priorità di ricerca scientifica, gli scenari di confronto dialettico se non di scontro, tra le due sponde dell’Atlantico sono caratterizzate più dalle differenze che dalle contiguità, più dalla prevalenza dei motivi di concorrenza che non da quelli di collaborazione piena e franca.
Aumentando le ottiche di ingrandimento e guardando all’Europa, si vedono prevalere, con l’orgogliosa rivendicazione di alcuni, le differenze e gli interessi nazionali rispetto a quelli dell’Unione, nell’erronea e pericolosa convinzione che sia possibile risolvere le complessità introducendo ulteriori ed artificiosi livelli di scontro, basati essenzialmente su maldestre ambizioni politiche a breve termine, senza riguardo al costo sociale, prima che economico, che può derivarne.
Saranno 5 anni molto lunghi
Il quinquennio che ci aspetta, al netto dei sempre possibili ulteriori e deflagranti conflitti e delle questioni sanitarie ed ambientali che potrebbero radicalmente aggravare qualsiasi negativa previsione, risulta essere la cartina di tornasole del ruolo futuro del mondo occidentale, dell’Europa, dell’Unione Europea e naturalmente dei suoi stati membri.
Di tutto questo si tratta quanto si parla di Unione Europea e di top jobs, nonostante il dibattito resti schiacciato sulla dimensione limitata e modestissima delle sfide personali tra leader interessati alla dimensione personale più che a quella collettiva.
Chi rivestirà questi incarichi dovrà avere la capacità di reggere a queste sfide, di gestire nel migliore dei modi possibili le difficoltà quotidiane della propria carica senza perdere il filo del disegno complessivo, la forza e la fermezza di perseguire un complesso e lungo percorso di costruzione di una nuova dimensione internazionale.
Ursula si affida a due ex premier italiani per pianificare le sfide
Nell’ultima fase del mandato appena concluso la presidente Van der Layen ha dato incarico a due ex premier italiani, più stimati e considerati in Europa di quanto lo siano in casa, di provare a delineare lo scenario delle sfide future, avventurandosi nelle definizione delle possibili risposte.
Il percorso è stato delineato dapprima con il rapporto Letta, sul futuro del mercato unico ed è proseguito con il rapporto Draghi sulla competitività europea .
Per molto tempo il tema della competitività è stato dibattuto in Europa ma è stato posto su cardini sbagliati, partendo cioè dal principio di sentirsi ciascuno competitor dell’altro, ha affermato Letta nel corso della high level conference on the european piar of social rights qualche mese fa.
L’entrata in scena di nuovi attori
Gli europei sono sempre partiti dal concetto del rispetto delle regole del gioco, ritenendo che il commercio e la concorrenza internazionale fossero rispettose di queste regole, ma il mondo è cambiato rapidamente e ci ha colti di sorpresa.
In altri termini attori fondamentali dell’economia mondiale, come Usa e Cina hanno attivamente agito per rafforzare le proprie posizioni competitive e gli investimenti, per il loro vantaggio e a spese degli altri.
Pechino si muove per incorporare l’intera catena delle tecnologie avanzate e verdi, mentre Washington ha utilizzato le enormi economie di scala industriali di cui dispone per attirare a sé le imprese manifatturiere potenzialmente più produttive.
Draghi e le sfide sul lavoro
Al contrario l’Unione Europea non ha mai seguito un preciso percorso industriale evidenziando la mancanza di una strategia complessiva di risposta per le diverse aree non riuscendo a proteggere i propri settori industriali tradizionali, causando assimetrie regolatorie, commerciali e di sussidio che costituiscono le principali ragioni dell’attuale incapacità di ridurre le dipendenze strategiche sulle materie prime.
Nel suo rapporto Mario Draghi afferma la necessità di riforme radicali per mantenere la capacità competitive dell’Europa, tracciando uno schema di ten macro areas per affrontare tre sfide complessive. La necessità di agire a livello comunitario ad un livello mai visto precedentemente
Il rapporto sulla competitività europea evidenzia inoltre la necessità che l’Unione Europea sia pronta all’oggi ed al domani; per questo l’ex premier sostiene la necessità di un cambiamento radicale non più rinviabile.
Dovendo affrontare uno scenario in costante mutamento l’Unione deve definire delle priorità attraverso azioni immediate nei settori maggiormente esposti alla sfida green, al digitale ed alla sicurezza.
Focalizzandosi su dieci macro settori dell’economia europea, Draghi ritiene che ciascuno di essi abbia necessità di riforme specifiche ma tutti si trovino ad affrontare tre sfide comuni
Gli esempi di Draghi per far capire la situazione
Innanzitutto c’è la necessità di consentire la scalabilità delle imprese europee, prevedendo parità di vantaggi competitivi che possano consentire un confronto aperto ed equo che si fondi sulla dimensione continentale delle economie di scala, tali da consentire uno sviluppo trainante, investimenti e quote di mercato consistenti laddove sia più importante esserci, relegando ai margini la frammentazione delle imprese, che ha comportato e comporta enormi svantaggi competitivi sugli scenari globali.
Difesa, servizi pubblici, mercato energetico
Tra gli esempi più importanti Draghi ricorda il settore della difesa, dove le barriere all’accesso impediscono lo sviluppo di una piena capacità industriale e quello delle telecomunicazioni, nel quale gli investimenti pro capite sono la metà di quelli realizzati negli Usa nonostante il mercato potenziale europeo possa contare su 445 milioni di consumatori.
Viene poi la sfida della realizzazione dei servizi pubblici, nella quale le strozzature dei mercati nazionali impediscono di avere una visione strategica comune, dato che non riescono ad affrontare adeguatamente le principali questioni connesse, tra le quali l’approvvigionamento energetico, la gestione ambientale, la ricerca e sviluppo sui superconduttori, le spese per la sicurezza.
L’integrazione del mercato energetico potrebbe assicurare costi più bassi per imprese e cittadini e consentire una maggiore capacità di resilienza ad eventuali crisi future ma l’Unione non ha ancora fatto passi avanti sostanziali in questo settore, pur in presenza di un approccio comune al problema.
Dieci macroaree per affrontare le sfide
Mario Draghi continua il suo rapporto ribadendo come, nei contesti indicati, l’utilizzo degli strumenti più appropriati sia cruciale dato che il settore pubblico ha un grande ruolo da giocare, in particolare attraverso gli investimenti nel mercato dei capitali che deve diventare una parte indispensabile della strategia sulla competitività europea, dato che l’Europa può contare su grandi quantità di risparmio privato che però spesso viene trattenuto nei depositi bancari e non contribuisce alla crescita finanziaria dell’Unione.
L’ultima delle sfide comuni alle dieci macro aree è quella relativa all’assicurare la fornitura delle risorse essenziali, che è legata a doppio filo con la necessità europea di perseguire gli obiettivi climatici dell’Unione, senza dipendere ancora dalle forniture di paesi non affidabili; una strategia complessiva che deve comprendere tutti gli anelli della supply chain a partire dalle materie prime.
In sostanza le tre linee guida pongono la necessità di riflettere su come organizzarci assieme riflettendo su cosa vogliamo fare assieme e cosa vogliamo tenere nelle competenze nazionali.
L’urgenza delle sfide
L’urgenza delle sfide che ci spettano fanno concludere che non possiamo concederci il lusso di ritardare le risposte, ma devono essere ricercati previsti i necessari emendamenti ai trattati; in altri termini si deve cambiare la sostanza ma anche la forma dell’Unione Europea.
È di assoluta evidenza, conclude l’ex governatore della BCE, la necessità di sviluppare quanto prima quelli strumenti strategici per il coordinamento delle politiche economiche che risultano indispensabili per affrontare le prossime sfide anche prevedendo accordi specifici ristretti ai paesi che vogliano e siano pronti a fare il passo in avanti.
L’urgenza di provvedere secondo Draghi, è oramai indefettibile perché la coesione politica della nostra Unione richiede di progredire assieme e, possibilmente, senza fermarsi.
La sfida è quella di far ripartire la competitività europea e si deve farlo riuscendo a far funzionare l’Unione Europea in un modo nuovo e mai visto finora.
Due ex premier delineeranno i prossimi scenari
Entrambi i rapporti, quello di Letta sugli investimenti e quello di Draghi sulle sfide future dell’Unione Europea, contribuiscono a delineare i pilastri dei prossimi scenari politico economici europei ai quali dipenderà il futuro del sistema comunitario ed, in esso, il ruolo e la rilevanza dei singoli paesi ed il benessere dei loro cittadini.
Qualsiasi possa essere la composizione della Commissione che uscirà dal confronto con il Parlamento Europeo, questione sulla quale si stanno esercitando evidenti bizantinismi politici più attenti alla dimensione di parte che al benessere comune, questi saranno i fulcri della dimensione comunitaria futura che incideranno sul futuro degli abitanti del vecchio mondo.