Il Consiglio dei Ministri ha approvato il Decreto Legge “Agricoltura”; nel dettato di questo provvedimento, oltre a diverse misure che riguardano specificatamente la materia agricola, ve n’è una di più ampio interesse: il divieto di installare pannelli fotovoltaici sui terreni agricoli. Anche se può sembrare il solito divieto senza né capo né coda, in realtà vi si prevedono diverse deroghe, la principale delle quali è quella che consente di installare i pannelli fotovoltaici ma solo se sono posti a più di due metri da terra: il cd. sistema agrivoltaico.
Cosa si intende per Agrivoltaico
In sostanza, si potranno realizzare impianti fotovoltaici “quasi” a terra sui terreni agricoli, ma solo in modo da consentire che al disotto di questi si possa continuare a coltivare.
È questo il risultato raggiunto tra il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida e il suo collega Gilberto Pichetto Fratin, titolare del ministero dell’Ambiente, sul decreto licenziato al tavolo del Consiglio dei Ministri.
La discussione intorno a questo argomento specifico è nata per volontà di Lollobrigida, con il fine di mettere un freno all’agrivoltaico, ossia a quegli impianti che permettono di produrre energia da fonti rinnovabili conservando, però, la possibilità di coltivare i terreni sottostanti. La prima versione del provvedimento, frutto solo delle considerazioni del dicastero guidato da Lollobrigida e non preventivamente discussa con il collega Pichetto Fratin, prevedeva il divieto quasi totale di realizzare nuove installazioni di impianti fotovoltaici a terra. Questa misura era arrivata dietro pesanti sollecitazioni della Coldiretti e non solo di questa, ma fin da subito è risultata sgradita, a voler dire poco, agli operati del settore delle energie rinnovabili, che si sono fatte sentire pesantemente attraverso le loro associazioni di categoria. Risultato: il Governo ha riconsiderato la questione e cambiato la propria iniziale versione.
L’iniziativa personale del ministro Lollobrigida contro l’Agrivoltaico
L’idea di fermare l’installazione dell’agrivoltaico fatta propria dal ministro Lollobrigida ha causato le perplessità di più di qualcuno, anche perché questa iniziativa o, per meglio dire, lo stop a iniziative come questa, sarebbe andata in aperto contrasto con altre iniziative promosse dal governo Meloni il quale, poco più di un anno fa per bocca del ministro Pichetto Fratin, annunciò con toni enfatici la firma di un decreto che stanziava 1 miliardo di Euro per sostenere la realizzazione di impianti agrivoltaici. Dopo le polemiche, Lollobrigida smorza i toni. «Non vietiamo nella maniera più assoluta gli investimenti nel fotovoltaico, ma puntiamo a criteri di compatibilità con la produzione agricola».
Le baruffe chiozzotte (ma lasciamo stare il Goldoni!)
Una voce critica, ancorché autorevole, su questo tema è quella di Agostino Re Rebaudengo, presidente di Elettricità Futura, quel ramo di Confindustria che raccoglile le aziende associate che si occupano di energie rinnovabili. Scrive l’Associazione al Premier Giorgia Meloni: “La linea del Governo è incerta e oscillante, l’atteggiamento di diverse Regioni tende a relegare il fotovoltaico in un ruolo marginale e comunque non coerente con le potenzialità della tecnologia”. Ma oltre a questa e ad altre critiche provenienti dell’esterno, ce n’è stata anche almeno una prodotta da una fronda interna: il ministro Pichetto Fratin.
Tocca a lui raggiungere gli obiettivi sulle rinnovabili fissati in sede europea e uno stop all’agrivoltaico gli avrebbe certamente reso più arduo il compito. Dice il ministro: “Ho chiesto solo al collega di salvaguardare i target del PNRR e le previsioni del PNIEC (il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima) di 40 Gigawatt di nuovo fotovoltaico entro il 2030», ha minimizzato Pichetto Fratin.
Decreto e cambiamenti sull’Agrivoltaico
Dopo svariati incontri e confronti, Lollobrigida e Pichetto Fratin hanno trovato un accordo e così lo spiegano: “il Decreto dice sì all’agrisolare, ai pannelli che permettono di coltivare al di sotto”. Ma anche in questo caso ci sono alcune doverose eccezioni. Innanzitutto, è salvo chi ha già presentato un progetto, così da non rendere vani gli investimenti già pianificati e, almeno in parte, già sostenuti. Il divieto per gli impianti fotovoltaici a terra non riguarderà poi tutti quei terreni agricoli giudicati “compromessi”, come quelli, per esempio, che si trovano a 300 metri dalle autostrade oppure fra le autostrade e le ferrovie.
Tutte queste misure sono pensate per andare incontro alle associazioni di categoria, che restano però critiche a proposito del Decreto approvato dal Governo: «Questa scelta mette l’Italia in una situazione di grande imbarazzo, perché non raggiungeremo gli obiettivi comunitari, quelli relativi al PNRR, e faremo meno di un decimo degli obiettivi sottoscritti nel G7 energia», commenta Re Rebaudengo, presidente di Elettricità Futura.
E l’Italia? Al solito in ritardo sulle rinnovabili
A proposito della tempistica, i dati di Terna – la società pubblica che gestisce la rete ad alta tensione – hanno certificato il fatto che il nostro Paese è in ritardo sul raggiungimento degli obiettivi a proposito delle rinnovabili. Nel 2023, solare ed eolico sono enormemente cresciuti, arrivando a coprire il 43,8% della domanda di energia. Eppure, lo scorso anno la capacità rinnovabile installata è stata di 6 Gigawatt, ancora lontana dai 9 GW annui necessari entro il 2030 per rispettare gli obiettivi europei. L’Italia si è impegnata a raggiungere entro fine decennio l’obiettivo di 70% di elettricità ricavata da fonti rinnovabili; ma a questa velocità, avverte il think tank londinese Ember, composta da un gruppo di esperti impegnato nell’analisi e nella soluzione di problemi complessi, rispettare l’impegno sarà quasi impossibile.
Quali opportunità offrono gli impianti a terra come l’Agrivoltaico
Secondo molti, potrebbe essere proprio l’agrivoltaico a dare una spinta alla transizione. Afferma Italia Solare, l’associazione che rappresenta oltre 20mila operatori del fotovoltaico, che basterebbe utilizzare l’1% dei terreni agricoli non occupati per realizzare il 50% dei 50 GW richiesti per raggiungere i target Ue del 2030 e il restante 50% potrebbe essere installato sui tetti. Al contrario, la Coldiretti nei giorni scorsi ha divulgato una nota nella ha parlato della necessità di “tutelare l’agricoltura nazionale” introducendo uno “stop deciso al fotovoltaico selvaggio”, che spesso è realizzato “da Fondi di Investimento speculativi e resi possibili da un Far West normativo che deriva dalla assenza di regole di governo del territorio”.