Le relazioni tra l’Europa ed il Mediterraneo sono fondamentali e lo saranno sempre più nei prossimi anni. Il ruolo che il nostro Paese vorrà e potrà giocare sarà importantissimo per tutti gli equilibri dell’area e, più in generale, per l’intero mondo occidentale. Le relazioni con l’Africa costituiscono il perno di questo asse per l’importanza attuale ma soprattutto futura che il continente africano giocherà sul piano della politica internazionale. In questo quadro si muove il piano Mattei con il quale il governo afferma di voler ridefinire le relazioni con l’area, cosa che fin dal suo insediamento il governo di destra guidato da Giorgia Meloni ha dichiarato di voler realizzare, attraverso un nuovo piano di cooperazione internazionale tra l’Italia e l’Africa. Questo obiettivo era già contenuto nel programma elettorale ed è stato ripreso nel discorso di insediamento davanti al Parlamento.
Cos’è il Piano Mattei
La denominazione Piano Mattei per l’Africa, ha costituito per lungo tempo tutto ciò che si sapeva del piano stesso, non essendo mai stati chiariti quali fossero i contenuti, le modalità e le risorse per attuarlo. Ma rappresentando comunque, almeno nelle intenzioni, una novità nel panorama politico italiano, dal quale era da lungo tempo assente qualsiasi considerazione sulle necessità ed opportunità di un’attiva politica internazionale del nostro Paese.
Negli ultimi mesi, anche per l’incalzare delle richieste di chiarimento che sono arrivate da più parti, il governo ha progressivamente iniziato a chiarire alcuni punti, riflettendo in maniera più organica sul possibile significato e dinamica dell’iniziativa e comprendendo che il Piano Mattei non avrebbe potuto basarsi solo su iniziative e progetti ex novo, ma necessariamente avrebbe dovuto poggiare sull’esistente, su quella minimale piattaforma di relazioni intra mediterranee esistenti ed, in parte, funzionanti.
Meloni e il Piano Mattei
Meloni si è spesa molto nel tentativo di tessere relazioni con vari leader africani, viaggiando nel continente e recandosi in vari Paesi; nel gennaio del 2023 in Algeria, nell’aprile in Etiopia ed in ottobre in Mozambico e Congo. Ma la realizzazione di un sistema concreto non può che reggersi su quanto già realizzato precedentemente, in primis l’accordo sul gas naturale dell’aprile 22 realizzato da Draghi per la fornitura energetica sostituiva degli approvvigionamenti russi, oppure gli accordi per la produzione di biocarburanti con il Kenya, il fondo migrazioni, ed altri accordi bilaterali già operanti con vari paesi del continente africano.
La presidenza italiana del G7 si è avviata col vertice Italia-Africa quale primo appuntamento dell’agenda del semestre, alla presenza di 46 tra Capi di Stato e di Governo di Paesi africani e di 25 organismi di cooperazione multilaterale, tenutosi nell’aula del Senato.
Questa la cornice nella quale il Presidente del Consiglio, dichiarando che il nostro futuro dipende dal futuro del continente africano, definisce il Piano Mattei, sostenendolo forte di 5,5 miliardi di euro, che saranno utilizzati per realizzare, su un piano di parità … non predatoria … e con mutui benefici, un sistema di partenariato strategico con i paesi partecipanti.
Il convegno sul Piano Mattei
Con il sostegno dell’Unione Europea, presente a palazzo Madama con il Presidente della Commissione Ursula Von der Layen ed il Presidente del Consiglio Europeo Jean Michel, il convegno ha riunito anche il Presidente della Commissione dell’Unione Africana, Moussa Faki, con il quale Meloni ha potuto parlare di persona senza mediazione telefonica, che ha lamentato la mancata consultazione nella fase di elaborazione del piano.
Circostanza che non ha trattenuto il Presidente Meloni dal dichiarare che il piano non è una scatola chiusa, ma una piattaforma programmatica aperta alla condivisione, che evidentemente dovrà avvenire nel corso dei successivi sviluppi dell’iniziativa. Secondo quanto indicato da Meloni la sfida strategica che l’Italia deve sostenere nella sua naturale proiezione verso il sud del Mediterraneo, potrà contare sulla dotazione complessiva di 5,5 miliardi di euro – 3 dei quali provenienti dal fondo italiano per il clima ed i restanti dal fondo per la cooperazione allo sviluppo – che serviranno per mettere a terra un piano che prende il nome da un grande italiano e da una sua intuizione.
Mattei
Enrico Mattei è stato uomo di economia e di stato, sempre autonomo nelle idee e nei comportamenti. Durante la seconda guerra mondiale è partigiano, di quell’area politica che poi darà vita alla Democrazia Cristiana, partito del quale diventerà deputato nel corso della prima legislatura; nel dopoguerra viene chiamato a liquidare l’Agip che, invece, riavviò su basi diverse arrivando a fondare l’Eni e portando questa industria pubblica a diventare uno dei driver dello sviluppo economico del Paese.
Con l’Eni costruì un sistema di accordi produttivi e commerciali così vasto ed efficace da renderla protagonista sulla scena internazionale delle multinazionali degli idrocarburi, così rilevante ed autonoma da contribuire a rompere l’oligopolio delle Sette Sorelle. La sua politica industriale, termine del quale si è attualmente persa la memoria, era incardinata sul principio per cui i paesi africani e asiatici dotati di giacimenti petroliferi dovessero guadagnare dalla cooperazione. E che ciò dovesse avvenire senza sprechi e ruberie senza cioè che le trivelle dell’Agip trivellassero solo il bilancio dello Stato.
L’uomo e l’imprenditore Mattei
Il rifiuto delle logiche di sfruttamento coloniale sotteso a questo principio, costituì una svolta nelle relazioni tra produttori e consumatori dando un forte volano all’Eni sul mercato globale ed assicurandogli un relativo vantaggio competitivo rispetto alle grandi majors internazionali, trasformandola in un attore primario del mercato.
L’apertura pragmatica ed egualitaria e la capacità di sintonia con le esigenze dei paesi partner, in particolare quelli dell’area medio orientale ed africana, ne fanno la figura, utile e comoda, alla quale il Presidente del Consiglio può riferirsi per dichiarare la volontà di fondare gli accordi di cooperazione con i paesi africani non su modelli predatori ma su forme di collaborazione paritaria. Questione inedita per chi viene da una storia politica stridente con questi principi.
Il Decreto sul Piano Mattei
Il governo ha presentato un disegno di legge al Parlamento per la conversione del decreto legge 161 del 15/11/23, recante disposizioni urgenti per il Piano Mattei per lo sviluppo del Continente Africano, approvato dal Consiglio dei Ministri il 3 novembre scorso.
I principali contenuti del disegno di legge riguardano la creazione di una Cabina di Regia e una struttura di missione. La Cabina di regia sarà preposta al coordinamento delle attività di cooperazione tra Italia e Paesi terzi partecipanti, alla promozione di incontri tra operatori della società civile, imprese e associazioni d’impresa, al monitoraggio ed aggiornamento del piano anche attraverso la promozione d’iniziative tese all’accesso alle risorse finanziarie poste a disposizione dall’UE e dalle organizzazioni finanziarie internazionali e banche di sviluppo.
Si tende cioè a fare da pivot nella programmazione economica e nell’accesso ai finanziamenti internazionali a favore dei paesi africani; non verranno così forniti fondi diretti ma si cercherà di agevolare l’acquisizione dei prestiti internazionali, dovendone però necessariamente garantire in qualche modo l’affidabilità. Inserirsi in un tale meccanismo richiederà certamente di agire anche sulle forme di garanzia e di rientro degli impegni presi, immergendosi in un sistema estremamente delicato e dalle conseguenze politico economiche molto delicate.
Com’è strutturato
La Cabina di regia sarà presieduta dal presidente del Consiglio, affidando al ministro degli Esteri la funzione di vice presidente e vedendo la partecipazione di ministri e viceministri, del presidente della Conferenza delle Regioni, del direttore dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, del presidente dell’Istituto del Commercio Estero e da un rappresentante ciascuno per Cassa depositi e prestiti, Sace e Simest.
Vi saranno inoltre rappresentanti di imprese a partecipazione pubblica, di imprese industriali, della Conferenza dei rettori delle università italiane, del sistema dell’università e della ricerca, della società civile e del Terzo e rappresentanti di enti pubblici o privati individuati con apposito decreto della presidenza del consiglio. Insomma una struttura pletorica ed eterogena la cui natura pare essere orientata più alla tutela degli interessi dei partecipanti che alla funzionalità della stessa.
Viene prevista inoltre una Struttura di missione, che sarà attivata presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, con lo scopo di supportarla nelle funzioni di indirizzo e di coordinamento strategico del Piano e di predisporre una relazione annuale per il parlamento, composta da funzionari della presidenza del consiglio.
A coordinare la struttura è stato nominato Fabrizio Saggio, ex ambasciatore italiano in Tunisia ed attuale consigliere diplomatico di Meloni.
Nel gioco tra queste due strutture, si realizzerà concretamente l’azione del Piano, attraverso misure ed azioni che non sono ancora note e che saranno decise in corso d’opera.
Dove opererà il Piano Mattei
Il piano Mattei dovrà operare in vari settori, con un focus sulla cooperazione allo sviluppo, la promozione delle esportazioni e degli investimenti, istruzione e formazione professionale, ricerca e innovazione, salute, agricoltura e sicurezza alimentare e nell’approvvigionamento e sfruttamento sostenibile delle risorse naturali, incluse quelle idriche ed energetiche, ma anche la tutela dell’ambiente e il contrasto ai cambiamenti climatici.
In particolare nel settore dell’istruzione e della formazione, viene dato risalto alle figure dei docenti dei paesi interessati, così come all’avvio di corsi di formazione professionale utili alle necessità del mercato, con il coinvolgimento delle imprese italiane ed il modello delle Pmi.
Nell’agricoltura, oltre a tendere a diminuire i tassi di malnutrizione, si tenderà a favorire le filiere anche sostenendo la produzione dei bio carburanti, la tutela del patrimonio naturale ed il contrasto ai cambiamenti climatici.
Gli interventi nel campo della salute avranno il fulcro sul rafforzamento dei sistemi sanitari e dei servizi alla famiglia, stimolando la formazione e la ricerca sanitaria, i sistemi di prevenzione, in particolar modo dello sviluppo e diffusione delle pandemie
A riguardo dell’energia, con l’obiettivo dichiarato di fare dell’Italia l’hub energetico del Mediterraneo, si punterà a rafforzare le energie rinnovabili, la transizione energetica e le infrastrutture distributive
Inoltre sviluppate in loco le tecnologie energetiche con sistemi innovativi, attraverso il sostegno di startup con effetti benefici anche sull’occupazione
Infine nel settore della gestione del patrimonio idrico, si procederà allo sviluppo di pozzi alimentati da sistemi fotovoltaici, la manutenzione dei pozzi attuali ed il miglioramento delle reti di distribuzione di acqua potabile.
La durata del Piano Mattei
Il piano Mattei avrà durata di quattro anni ed il Governo dovrà relazionare alle camere ogni anno, entro il 30 giugno.
Contenuti ed effetti del Piano si vedranno solo in corso d’opera, peraltro con attività che non saranno oggetto di partecipazione e verifica parlamentare, se non quella limitata che potrà esercitarsi nel corso dell’eventuale discussione della relazione annuale.
Un approccio esclusivamente governativo che appare incongruo con una questione così rilevante per i futuri equilibri mediterranei.
Reazioni africane
Da parte dei Pasi africani sono emerse alcune riserve sull’intero progetto, ad iniziare dalla scelta del nome, che per alcuni è risultato troppo legato all’eurocentrismo delle politiche passate. Malessere evidenziato nelle parole del presidente della commissione dell’Unione africana, Moussa Faki che ha esplicitamente affermato di non sessere coinvolti sul Piano Mattei.
Anche se, come affermato da Meloni, la naturale vocazione dell’Italia è quella di essere un ponte tra l’Africa e l’Europa, risulta evidente che attualmente la trazione sia esclusivamente italiana, nonostante l’affermazione che la piattaforma programmatica aperta alla condivisione e alla collaborazione con le Nazioni africane, sia nella fase di definizione sia in quella di attuazione dei singoli progetti.
È chiaro e naturale che da parte italiana vi sia l’esigenza di garantire l’approvvigionamento energetico al nostro Paese, così come di cercare una risposta al tema della mobilità umana sistemica e non emergenziale.
La sfida
La percezione che probabilmente i Paesi africani nutrono, non senza ragione, è che, anche qualora giungano dei contributi più corposi da parte di aziende private e donatori, è lecito supporre che un modello come quello evocato dal presidente del Consiglio sarà attuabile a condizione di rivedere radicalmente le regole del gioco, ripensare i meccanismi della finanza e del commercio internazionale al fondo delle sofferenze economiche e sociali di tutti i Paesi a basso reddito.
Una sfida di assoluto rilievo e di lunga durata per la quale il ruolo dell’Italia, nella migliore delle ipotesi, resta comunque marginale.
Senza il coinvolgimento diretto dei paesi africani, lamentata ed evidente anche nella denominazione di Piano Mattei per l’Africa e non con l’Africa, e della stessa Unione Europea che non è assicurata dalla sola presenza del presidente della Commissione al convegno di Roma, il tutto assume più il rango di pia intenzione che di effettivo impegno.
Questo non detto pare essere la consapevole ipoteca che i Paesi africani sanno essere incombente sull’effettività del piano e che può minarne l’esito.
Instabilità africana
L’economia del continente africano deve misurarsi con le difficoltà insite nello sviluppo contraddittorio e faticoso di tutte le economie emergenti e con la presenza delle economie illegali e corruttive ed i relativi flussi finanziari, che dirottano verso la speculazione le risorse destinate allo sviluppo.
La problematica ambientale ed i sempre crescenti effetti dei cambiamenti climatici alimentano contrasti e conflitti, ulteriore macigno sulle già scarse capacità di state- building.
Nel corso degli ultimi dieci anni l’Africa ha conosciuto un’esplosiva crescita di golpe e di rivolte armate che hanno raggiunto l’apice in Gabon, dove il golpe dell’agosto scorso è stato l’ottavo in Africa centrale e occidentale dal 2020.
Attenzione a Russia e Cina
Le influenze economiche e le ipoteche politiche che Cina e Russia realizzano in Africa, costituiscono pesanti vincoli alla realizzazione di un rapporto paritario e libero, ed indirizzano pesantemente l’economia e lo sviluppo di quei paesi.
Il Piano Mattei non può certamente evitare di misurarsi con quanto dichiarato da Moussa Faki Mahamat ossia che l’Africa deve avere la libertà di scegliere gli alleati liberamente, senza doversi allineare a un blocco rispetto a un altro, senza imporre nulla e senza che nulla sia imposto a noi.
Per realizzare il Piano e proseguire su questo percorso, ha continuato, l’Africa è pronta a discutere contorni e modalità dell’attuazione ma ha avvertito, non ci possiamo più accontentare di promesse, spesso non mantenute.
Il Presidente Meloni ha assicurato che non si tratta di un piano di buone intenzioni, ma di obiettivi concreti e realizzabili, per cui servirà un cronoprogramma preciso che seguirò personalmente, enfatizzando la necessità di condivisione nei passaggi importanti di questa strategia.
Il Premier ha ricordato che ci sono già dei progetti pilota, dal Marocco al Kenya, dall’Algeria al Mozambico, dall’Egitto all’Etiopia, che coinvolgono 12 società partecipate, tra le quali Eni e Leonardo, nelle cinque aree prioritarie del Piano.
Conclusioni
Vogliamo creare più lavoro in Africa, così daremo un colpo decisivo ai trafficanti di esseri umani, ha sintetizzato il ministro degli Esteri Antonio Tajani.
L’Unione Europea ritiene che il nuovo Piano Mattei rappresenta un importante contributo alla nuova fase della nostra partnership con l’Africa e si integra con lo European Global Gateway, secondo il presidente della Commissione Ursula von del Leyen, che lo collega al progetto da 150 miliardi di Bruxelles destinato alle infrastrutture dei Paesi in via di sviluppo.
Anche il Presidente del Consiglio Europeo Charles Michel ritiene che in una partnership tra pari dove ognuno dà il proprio contributo, nel rispetto e nella fiducia reciproche, possano svilupparsi veramente le opportunità di rilancio delle economie in crescita.
Secondo il Presidente del Parlamento Europea Roberta Metsola deve essere elogiato il Piano Mattei perché con esso Meloni e Tajani hanno portato un vero e proprio cambiamento di mentalità atteso da tempo nei rapporti con l’Africa.
Cosa garantisce il nostro Governo nel Piano Mattei
Il Governo Meloni garantisce la priorità al diritto a non partire che si realizza con gli investimenti in loco; il mio obiettivo è che diventi un modello per gli altri Paesi, che possano aggregarsi in un secondo momento” ha sostenuto il Premier, dichiarando che i rapporti con l’Africa saranno al centro della presidenza italiana del G7.
E’ chiaro che non possiamo occuparci da soli dell’Africa, ha aggiunto la premier, assicurando che il tema sarà centrale durante la presidenza italiana del G7, ma dovrà esserlo anche a Bruxelles, all’interno dei piani della Ue che, in particolare dopo il recente patto sulle migrazioni e l’asilo che non ha sostanzialmente superato il sistema Dublino, dovranno definire politiche comuni sull’accoglienza e l’asilo efficaci e condivise.
Progetto ambizioso e sfidante, che potrà trovare l’effettiva adesione dai paesi interessati solo se saprà rispondere veramente alle loro necessità; con un percorso lungo ed impegnativo che richiede grandi capacità di visione politica, di concertazione internazionale, di realizzazione pratica e di programmazione concreta.
E la partecipazione politica con il paese che si realizza con la chiarezza delle misure più che con la vaghezza degli obiettivi