In questo presente assediato da crisi spaventose, la cui onda d’urto emotiva ci colpisce con violenza, non dovrebbe resistere niente di incredibile e sorprendente; invece, la realtà ci prende per così dire in contropiede, e afferma la sua forza, che è quella della casualità. Come c’insegna a riprova il fatterello che racconto.
Il luogo è un supermercato, l’ultima cassa vicina all’uscita, all’imbrunire: un anziano, chiamiamolo signor P., viene invitato dal gesto gentile di una signora in fila, a passare prima di lei. Lui ringrazia e mormora qualcosa sulle attese del mondo. La signora alle sue spalle gli risponde così: “Sì, dobbiamo aspettare. E preghiamo”.
Lo stupore del signor P.
Ecco l’incredibile, la parola inattesa in quel luogo e in quel momento. Il signor P. si emoziona e, ancora a bassa voce, mormora: “Ma ci vuole fede!” Paga, saluta e se ne va senza voltarsi, quasi timoroso di essere coinvolto in una discussione religiosa. Come un ‘eco, la signora ripete: “… e pregare”.
L’incontro ha turbato il signor P., che rimugina quel verbo lungo la strada non sapendo se sia una affermazione o un suggerimento. A casa, la moglie non si scompone: “Sono tanti”, dice, “quelli che pregano perché le piaghe del mondo guariscano, e c’è chi aggiunge il digiuno o fa un fioretto…” E sciorina un suo personale elenco: si prega in treno, comunque in viaggio, nel silenzio di un parco, in cucina fra un’incombenza e l’altra, facendo jogging, attraversando la folla in piazza o al mercato rionale: in qualunque ora del giorno e nelle notti insonni. Il signor P. ascolta e pensa: ci sono, nella folla anonima, persone diversamente sensibili, e le loro preghiere sono come il fruscio di ali che volano o, meglio, come cori a bocca chiusa nel frastuono di questo inquinato momento storico. Quelle persone partecipano al “dolore del mondo”, convinte, o speranzose, che la loro azione empatica, moltiplicata migliaia di volte, abbia un ascolto “in alto”.
Parole nella corrente
Egidio Bergamo è un giornalista pubblicista, classe 1930, che da un anno a questa parte sta cercando di diffondere e far conoscere il risultato di una sua appassionata ricerca culturale sul territorio: il Dizionario etimologico etnografico del dialetto di Jesolo e del bacino del Piave e del Livenza. Si tratta di un’opera che esalta una lunga passione culturale e riassume in tre imponenti volumi (che pesano otto chili), una ricerca di tutta una vita calorosamente accolta dal linguista Michele Cortelazzo con tre parole: “Un lavoro poderoso”.
Bergamo, già bibliotecario a Jesolo e attento cronista del Gazzettino, ha salvato dall’oblio le parole antiche, quelle del dialetto, ovvero della lingua parallela dei veneti, e vi ha agganciato significati e storie vissute “da un popolo, i contadini del Piave”.
Nel tempo, la realtà fluviale ha alimentato mestieri e costumi con i loro linguaggi specifici, e la corrente ha portato al mare le testimonianze di un rapporto uomo-natura che oggi trova in Jesolo una sintesi non solo di acque diverse ma di Storia.
C’è tanta vita narrata, in quel Dizionario monumentale, e c’è la nostra memoria.
I muri parlanti
Persone volonterose hanno steso un lenzuolo dove spiccano queste parole: “Venezia è sacra / rispettate le sue pietre”. Il messaggio è apparso in occasione della pulitura di “pesanti” graffiti murali nei pressi di Ca’ Foscari, eseguito da un’associazione di volontari. I muri “scritti” ovvero “sporchi” sono un problema ricorrente da quando mani ignote usano le antiche pietre per scriverci sopra slogan o per lasciarvi un disegno: il murale di Banksy a San Pantalon, che è un’opera d’arte a rischio, indica una tendenza diversa.
Alla luce di quell’episodio – finito senza rovine grazie a Sgarbi e alla Banca Ifis – e senza scomodare il fantasma di un celebre scrittore inglese, possiamo dire che ci sono vari modi di guardare alle pietre di Venezia e ai suoi muri, intesi come pareti di abitazioni o recinti di giardini, soprattutto come “usarli”.
Da sempre sono come pagine bianche gratuite dove ingenui W sono sostituiti da frasi “urlate” come manifesti di propaganda futurista, e graffiti minacciosi, materiali di una grezza e talvolta malsana forma di comunicazione che le pubbliche amministrazioni cancellano con spese ingenti: l’assessora veneziana Zaccariotto ha “prenotato” 25 mila euro nel prossimo bilancio. Che dire? Senso civico dei pulitori contro l’anarchia civilmente analfabeta degli imbrattatori.
Indizi
(poesia)
Sono là
dietro lo sparso braciere che sfrigola
nei grandi silenzi, forse
sono là, dietro le stelle,
le ambigue regioni da cui
non parole ci giungono
in codice teologale ma furtivo
un vento sottile che s’impiglia
tra i nostri pensieri
e reca amore, attizza luci
da primavere spente, riporta
alla memoria calligrafie
volti discorsi senza suono ormai.
Perduta la loro compagnia
rimane questa brezza carica d’indizi
che attraversa e accosta gli anni
chiarisce incerti significati:
non dà letizia, ma fa umana
la nostra attenzione.
Giuseppe Surian (1935-2013)
Il racconto della Signora che ha fatto passare avanti il vecchio Signor P , al supermercato, mi ha finalmente chiarito il Vangelo di domenica scorsa , Luca 12,49-53, che facevo fatica a comprendere . ” Sono venuto a gettare fuoco sulla terra ” dice Gesù ! E qual è l’antidoto a questa calamità ? Qui vado a scomodare Eraclito e il Suo principio degli opposti. Cosa ci chiede il Vangelo ? Ci chiede una forza talmente grande da fronteggiare questo disordine umano , per annientarlo .E qui interviene la Signora che non è un teologo , tanto meno un politico . Ma sa che la forza viene solo dalla Preghiera . Alla fine il Bene trionferà .Dio non vuole la fine del mondo . Grazie, Ivo
Il Vangelo di Luca continua ” Pensate che io sia venuto per portare pace sulla terra ?
E no ! La pace , come la Libertà , bisogna guadagnarsela ! Nulla ci viene regalato !
Dante docet : Libertà vo’ cercando ch’è sì cara ….