Non è più solo un problema di Ponte sullo Stretto e di lotta all’inflazione, forse però è un problema di soldi, cioè di fondi disponibili e di fondi necessari. E questo non aiuta a chiarire la situazione. Non è stata ancora coinvolta la Premier, ma un gruppo di pensatori di Fratelli d’Italia stanno esaminando la possibilità di sostituire la Lega con l’abortito terzo polo di Italia Via e Azione, costituito in prevalenza da parlamentari di destra, fuoriusciti da Forza Italia. Ce ne sono pure provenienti dal PD, che, però, erano infiltrati che Renzi aveva lasciato andandosene. Che futuro ha – si chiedono giustamente – un governo che come alleato ha un partito simpatizzante con l’AFD di ispirazione nazista, che continua a creare zizzanie con la Germania oltre che con l’Unione Europea e che accusa di inettitudine il governo di cui fa parte? Non si è mai sentito di un alleato che cerca di fare le scarpe alla Premier.
Dal Ponte sullo Stretto ai nemici interni
Mentre Fratelli d’Italia sono sempre contro la sinistra, anche quando, come oggi, non ha alcun potere né responsabilità, Salvini ce l’ha con la Meloni. Per di più il capogruppo della Lega alla Camera auspica un rimpasto di governo, insinuando che questo non è adeguato alle esigenze e ai problemi del momento. Quindi si tratta di maggioranza anomala. Ecco perché c’è chi pensa di cambiarla. Non può continuare a lungo in questo modo. Tanto più che Renzi e Calenda votano già col governo anche senza farne parte. Però, secondo alcuni la loro tenacia per entrare nell’esecutivo sta per essere premiata. Infatti, pur dicendo, per una questione di inutile dignità, di essere all’opposizione, nei giorni scorsi hanno votato con la maggioranza per annullare la legge Cartabia in materia di prescrizione e ritornare alla cosiddetta ex Cirielli, voluta da Berlusconi, la cui memoria non basta a condizionare il programma di governo. La sola a piangerne la scomparsa sembra essere la simil vedova le cui lacrime sono ininterrotte. Tanto da non potere recarsi a Paestum.
Il Ponte sullo Stretto in piena campagna elettorale
Ormai in campagna elettorale – i politici italiani non possono farne a meno con la scusa che le elezioni sono il sale della democrazia – non si pensa ad altro che a scippare qualche voto al vicino. I problemi della gente passano in secondo piano, come i femminicidi. Dal 1° gennaio sono già 78 le donne uccise in ambito familiare. Ma non per gelosia, come succedeva in Sicilia mezzo secolo fa, per rancore. E non si prende nessuna iniziativa. Solo cortei e scarpe rosse, mobilitazione di associazioni femministe, ma nessuna iniziativa politica né educativa. Si sperava in una Premier finalmente donna. Ma anche lei manca di iniziativa e forse di idee. Non si arresta più nessuno, le donne sono in balia della violenza di chi vuole ucciderle. Il cavallo di battaglia di Salvini contro la Meloni in questo momento è l’emigrazione che la Premier criticava quando al governo c’era la sinistra e che oggi con lei è triplicato. In realtà, non è più emigrazione ma un esodo biblico che aumenterà continuamente.
Oltre al Ponte il problema emigrazione
Noi cerchiamo di frenarlo con mezzi inefficienti perché non abbiamo ancora capito le cause che lo hanno originato. Emaniamo decreti legge inutili che prevedono solo punizioni e che quindi non risolvono il problema. Ma neppure Salvini ha la ricetta, tranne il blocco navale e i respingimenti che sono disumani e anche inutili perché chi fugge da guerra e carestia supera qualsiasi ostacolo, persino il rischio delle traversate mortali, che saranno sempre più frequenti.
Non è con i blocchi navali che si possono fermare i migranti che fuggono dal proprio paese. Né si possono rimpatriare, come il decreto prevede, anche perché il decreto pare visibilmente illegittimo. Non si sa da quali paesi provengano né quei paesi autorizzano i rimpatri, che, per altro, sono anche pericolosi perché chi fugge non è poi accolto a braccia aperte perché considerato un disertore. Se Meloni e Salvini si immedesimassero nell’angoscia e nel terrore dei fuggiaschi potrebbero trovare più facilmente la soluzione del problema.
Tra la mummia del faraone e il “bollino tricolore”
Quasi quotidianamente con Salvini o col suo vice Crippa la Lega crea problemi con proposte inappropriate, quasi umoristiche, che insidiano la credibilità del governo nel tentativo di sottrargli consensi. Poi, invece, questa politica disfattista si ritorce contro di loro e anche contro il paese. Infatti, dal 34% del 2019, i consensi sono ridotti all’8/10% e continuano a scendere. È di Crippa la maldicenza su Greco, l’egittologo che dirige brillantemente il museo egizio di Torino, e la proposta di sostituirlo, senza sapere che, essendo privato, non dipende dal ministero della Cultura. Vogliono prendersi tutto, anche ciò che non appartiene allo Stato ma a un privato. E fanno figure barbine quando gli sbattono la porta in faccia. Ma seppure la fondazione, anziché mandare Crippa a quel paese, com’è accaduto, si fosse dichiarata compiacente e disposta a sostituire il direttore, aveva la Lega un personaggio di uguale livello da nominare al suo posto?
Se con il Ponte poi mancano i soldi?
Mentre Giorgetti sta raschiando il fondo del barile per trovare i soldi necessari alla manovra finanziaria – l’anno scorso fu più facile perché a precompilarla c’era Draghi – Salvini pesta i piedi perché vuole i soldi per il Ponte sullo Stretto. La Meloni dice chiaramente che non c’è un Euro per le spese superflue. Il ponte è una di queste, costerebbe più di 15 miliardi. Ma Salvini non si arrende. “Bisogna assolutamente trovare i soldi, almeno per cominciare, non pi tardi dell’estate 2024”, intima.
Perché nel prossimo mese di giugno ci sono le elezioni europee. Non si rende contro che tutto il governo è in crisi perché il PIL si è fermato e l’energia elettrica aumenta a vista d’occhio, come la benzina e di conseguenza tutti i prezzi lievitano perché il trasporto incide sul costo di distribuzione. Per di più chi va al mercato trova tutto più caro del giorno precedente e i consumi diminuiscono. Per ora gli elettori sono ancora fedeli al voto del 25 settembre dello scorso anno, ma la fedeltà non è eterna.
Dal Ponte al condono
Allora Salvini, se non il Ponte vuole il condono edilizio che premia categorie di cittadini non in regola. Andando avanti con tali programmi elettorali il governo di destra che aspettavamo con ansia sta legalizzando la trasgressione che dilaga e non si potrà fermare. La Premier, il ministro dell’Agricoltura e quello del Made in Italy hanno raggiunto con 32 associazioni di tutta la filiera produttiva un accordo di tre mesi per combattere l’inflazione. Siccome ritengono che gli slogan sono più convincenti dei fatti, l’hanno battezzato «trimestre tricolore». Ma andando al mercato, dove spesso l’accordo non viene rispettato, la povera gente non trova il latte a meno di 1.35 €, come pure tanti altri prezzi in crescita. Quelli col “bollino tricolore” sono pochi e di prodotti marginali. Intanto riemerge il problema dello spread che risale a quota 200 e che, invece, il governo Conte teneva al di sotto di 100.
La Lega, il Ponte e il complotto tedesco
L’ultima uscita demenziale della Lega – molto critico da Forza Italia, mentre la Meloni e i suoi fratelli fanno finta di non sentire – è il complotto tedesco che nel 1940/45 voleva destabilizzare l’Italia militarmente – dimenticando che purtroppo eravamo alleati – mentre ora cerca di creare problemi al governo Meloni favorendo e canalizzando la migrazione il Italia. Un colpo di stato alla cretinetti. È vero che anche Renzi è pericoloso perché imprevedibile e anche infido (“Stai tranquillo”, disse a Letta poco prima di pugnalarlo alle spalle. Ricordate?). Però l’ambizione sfrenata e la sete di potere lo porterebbe a più miti comportamenti, seppure sia difficile cambiare la natura dell’uomo. Però, se vuole regnare a lungo la Premier, nonostante le sue abili acrobazie, deve togliersi la spina nel fianco della Lega, che neppure Forza Italia sopporta.
Tajani è più mite e anche prono al partito di maggioranza relativa, poco disposto a polemizzare. Ma deve difendere le banche perché i Berlusconi ne hanno ereditato una piuttosto consistente e contestano il prelievo sugli extra profitti di cui la Meloni credeva di poter disporre per la manovra finanziaria. Per di più il ministro Giorgetti, con la sua abituale e ammirevole lealtà – insolita per un politico del giorno d’oggi – non nasconde le sue preoccupazioni che la criticità della situazione possa condizionare i mercati e aggravare il rapporto con l’Italia.
Un Governo che rimanda i problemi più impellenti
Tanto più che il governo non è proteso in questo momento a risolvere i problemi impellenti del paese – come riforma fiscale e giudiziaria – ma ad attuare il presidenzialismo o premierato e l’autonomia regionale differenziata, che non miglioreranno la situazione economica né quella sociale e che non interessano tutti gli elettori. La riforma che il ministro Nordio tenta di varare – sembra la fabbrica di San Pietro – non risolve le esigenze del paese, che attira delinquenza da ogni parte d’Europa oltre a invogliare quella autoctona. Non c’è prevenzione e le leggi sono troppo blande per fermare la corruzione che dilaga. Le prigioni di stato non sono abbastanza capienti per ospitare la criminalità in crescita esponenziale.
Non se ne costruiscono perché non abbiamo i soldi e i criminali vanno agli arresti domiciliari o addirittura in libertà. Per ora è soltanto un progetto, ma, come ci ha abituato questo governo, nasce senza consultare i professionisti del settore che sono già contrari prima di cominciare. Nasce in totale disappunto con le ostetriche la nuova figura dell’assistente materna. Secondo i medici le cure post-natali a sostegno della neomamma rappresentano l’attività più delicata dell’ostetrica che sa riconoscere tempestivamente la comparsa di situazioni patologiche e richiedere l’intervento anche di altri specialisti. Non si può affidare a chiunque. Comunque, seppure presuntuosa, l’iniziativa può essere di grande aiuto per la puerpera e anche uno stimolo a procreare, sapendo che ci sarà l’aiuto di una baby sitter che cambia nome ma avrà la stessa utile funzione.
Con Messina Demaro non è morto un boss, ma un criminale
Ho letto tante stupidaggini su Messina Denaro e la sua morte. L’eredità, il potere, la successione e tante altre considerazioni lusinghiere per quello che fu soltanto un criminale e che, dopo 30 anni di latitanza, ha dovuto costituirsi per ricevere assistenza e misericordia. I commentatori parlano di un impero che l’ex boss non possiede più da diversi anni e che credono di conoscere e potere giudicare, non conoscendo le regole dell’onorata società. In realtà, Messina Denaro non conta più nulla dal giorno della prima condanna e della latitanza. L’impero del crimine che deteneva da giovane non è più suo. Morendo non lascia potere né denaro. Però, i giornalini esaltano una ricchezza e un potere inesistenti per renderlo ancora più crudele e influente. Mentre era un relitto che persino la figlia – dopo averne per anni rinnegato la criminalità e persino la paternità – l’aveva perdonato.
Tanti “Messina Denaro”
La morte è una livella. Ma per le organizzazioni criminali lo è già la latitanza, quando il boss necessita di aiuto e non più in condizioni di impartire ordini perché è una belva ferita che non può guarire, figuriamoci comandare, né continuare ad arricchirsi. Quindi, non è morto un boss, ma un criminale che adesso sta incontrando le proprie vittime. Ritengo immorale il messaggio di potenza e ricchezza che trasmettono i giornali un tempo autorevoli e adesso omologati alla comune mediocrità. Io invece, addito ai giovani che aspirano ad aggregarsi alle organizzazioni criminali, credendo di potere godere di potenza e ricchezza, la fine miserevole di Messina Denaro e di tutti i boss che lo hanno preceduto e lo seguiranno.
Finiranno nella miseria e nel disprezzo, persino dei figli. Chi ritiene erroneamente che la violenza e la crudeltà offrano una brillante carriera mediti sulla fine di tutti boss, in galera per metà della loro vita o nascosti e braccati, lontani dagli affetti ed emarginati persino dalla famiglia. Non sono carabinieri e polizia a potere estirpare la mafia e altre organizzazioni criminali, ma le madri, che cercano di tenere lontani i figli dalle carriere fallite dei padri. Ma lo stato non capisce di doversi alleare con loro e condurre una battaglia pacifica ma convincente.
Perché attaccare Napolitano che salvò l’Italia dal fallimento?
La destra ce l’ha con Napolitano anche dopo morto perché lo accusa ingiustamente di averle tolto il potere nel 2011 quando era al governo. Invece, salvò l’Italia dal fallimento avendo raggiunto lo spread quota 574. Infatti, Berlusconi fu ben contento di dimettersi e gli fu anche grato. Tanto più che l’anno precedente, quando Finì scoprì che il governo non aveva più la maggioranza, Napolitano intervenne e intimò di votare la manovra finanziaria prima di controllare la tenuta del governo, dando modo a Berlusconi di reclutare una ventina di voltagabbana – Scilipoti, Siliquini, Razzi e altri – che passarono dall’opposizione a sostenere il governo.
Ma il vero sostegno il capo dello stato glielo aveva dato promulgando tutte le leggi ad personam che poi la Consulta bocciava perché incostituzionali. Infatti, fu grazie ai voti determinanti di Forza Italia che il comunista Napolitano fu eletto per due volte al Quirinale, dopo che Ciampi – chissà perché – lo aveva nominato senatore a vita, cancellando l’ignominia del suo sostegno all’Armata Rossa sovietica che nel 1956 represse nel sangue la rivolta dei giovani ungheresi. Altro che idea del Ponte.
Dal Ponte italiano alla situazione estera
Attenzione, Putin conta sulla stanchezza dell’Occidente di finanziare l’armamento dell’Ucraina, che prima o poi dovrebbe arrendersi all’aggressore. Nessuno pensa che quella povera popolazione sta difendendo anche l’integrità e la libertà di altri paesi che la Russia potrebbe aggredire. Persino il polacco Morawiecki vuole limitare gli aiuti a Zelensky, seppure il prossimo paese aggredito potrebbe essere il suo.
Si è riaccesa la rivalità tra l’Azerbaijan musulmano e l’Armenia cristiana, che si contendono il Nagorno Karabakh. Entrambi i paesi fanno parte del Consiglio d’Europa che si limita a biasimare l’iniziativa. Per la verità è sempre Baku a cominciare le ostilità che datano dalla caduta del muro di Berlino e dell’URSS. L’Europa che è interessata ai Balcani tanto da volere includere alcuni paesi nell’Unione, dovrebbe essere più attenta e intervenire perché la guerra è contagiosa. I politici, non solo i mediocri di oggi, hanno sempre creduto che il solo modo di regolare i problemi internazionali sia la guerra, che, invece, crea solo distruzione, miseria e lutti.
Pensiamo al Ponte e non a quanto accade negli altri paesi
Qualche anno fa il Consiglio d’Europa organizzò esercitazioni militari comuni tra i due paesi per tentare l’amicizia tra colleghi. Nottetempo un ufficiale azero uccise decapitandolo un pari grado armeno. Fu processato e condannato. Poco dopo l’Assemblea. Parlamentare di Strasburgo legiferò che i detenuti potessero scontare la pena nelle carceri del proprio paese per essere vicini ai familiari e agevolare la riabilitazione.
Quando l’assassini azero fu trasferito a Baku, anziché accolto dalla polizia locale e trasferito in un carcere locale, fu accolto con la banda musicale come eroe tornato in patria da una missione di guerra. Da quel giorno, io che allora ne facevo parte, capii che le istituzioni europee sono inutili contro il rancore e l’astio tribale che divide paesi di tradizioni e fede diverse. E anzi, minacciano la stabilità del continente se sono compiacenti con i paesi dissidenti. È stata sciolta dai separatisti la Repubblica del Nagorno Karabakh e il controllo del paese passa all’Azerbaijan.
E nessuno interviene, legalizzando col silenzio l’occupazione di un paese autonomo abitato da popolazione mista, azera e armena. Rimane un focolaio pericoloso che può riaccendersi in ogni momento. Altro focolaio sta per accendersi in Slovacchia, dove, dopo la caduta del governo di destra, dai sondaggi sembra che alle imminenti elezioni sia in vantaggio un personaggio, Fico, che non ritiene Putin aggressore dell’Ucraina. Per di più Fico, fino a 5 anni fa Premier slovacco, dovette dimettersi in seguito all’assassinio del giornalista Jàn Kuciak e della sua compagna Martina Kusnirova, che erano in procinto di pubblicare alcuni articoli sui rapporti tra la ‘ndrangheta calabrese e membri del governo guidato, appunto, da Fico. Sembra che l’Unione europea non abbia capito che più paesi si aggregano all’’istituzione più difficile sarà gestirli e andarci d’accordo.
Un Ponte, l’Africa che ha bisogno di aiuto e nessun litigio con l’Europa. E’ possibile?
Questi sarebbero interventi e soluzioni ammirevoli in politica estera per la nostra Premier, le visite alla Casa Bianca o altrove, dove siamo invitati solo se serve l’appoggio dell’Italia su iniziative che interessano gli Stati Uniti o la Cina o l’India, mai la pace. Per risolvere il problema dell’emigrazione non è prudente litigare con l’Europa. Nè serve un Ponte. Si deve far capire a tutti i capi di stato e di governo, non solo a Macron, a cominciare dai nostri amici ungheresi e polacchi, che l’Africa ha bisogno d’aiuto. E dobbiamo darglielo perché è colpa nostra se oggi sono nelle condizioni di dovere emigrare. Li abbiamo colonizzati per due secoli e ancora oggi c’è chi li sfrutta beneficiando delle loro risorse naturali anziché risolvergli il problema della fame, da cui dipendono poi le guerre. Per non parlare delle Crociate che volevano cacciarli dalle terre sante, che erano loro.
Quando gli restituimmo la sovranità ne tracciammo crudelmente i confini in modo che le tribù non possano vivere in pace perché atavicamente rivali. Ringraziamo il Padreterno che per ora arrivano alle nostre coste inermi e pietosi in cerca di asilo. Bonificare l’Africa non è solo una doverosa riparazione, ma un saggia opera di risarcimento che ci eviterà problemi maggiori di quelli che stiamo vivendo. Gli ignoranti danno la colpa agli scafisti, gli stupidi alle ONG tedesche. La responsabilità è della storia. Noi che abbiamo talvolta l’intenzione di riscriverla, ora ne abbiamo l’occasione. Non per cancellarla, ma per ricostruire ciò che distruggemmo, sperando che ci perdonino, anche se la dignità non possiamo restituirgliela. Finché l’Africa è in guerra nessuna forza può arginare né interrompere l’esodo dei popoli verso la libertà e l’opulenza.