Il Piano Strategico Industriale 2022-2026, prevede che si attuino piani d’investimento per oltre 2 miliardi di Euro da realizzare entro il 2026 e quasi 3,5 miliardi di Euro per interventi da iniziare, perlomeno, entro la stessa data; tutto questo, con lo scopo di riqualificare circa 5 milioni di metri quadrati di edifici che, oggi, sono dismessi o comunque non utilizzati.
A grandi linee, questo piano d’interventi prevede di trasformare piccoli e grandi complessi immobiliari oggi in disuso, in poli della giustizia, uffici pubblici, residenze universitarie, scuole, centri di ricerca, il tutto con il fine di restituire alla Pubblica Amministrazione, ai territori e ai cittadini una grande quantità di edifici e aree riqualificate, in un’ottica di rigenerazione urbana e sostenibilità economica, sociale e ambientale.
La nuova visione del riqualificare
La nuova visione per la gestione degli edifici pubblici in un’ottica di sostenibilità economica, sociale e ambientale e non solo di funzionalità e utilità, prevede che l’Agenzia del Demanio si impegni in via straordinaria per cambiare il modo in cui gli edifici pubblici vengono utilizzati e, almeno fin a oggi, poco valorizzati. Nel suo primo Rapporto Annuale del 2023, l’Agenzia presenta una visione innovativa di gestione degli edifici pubblici e un ambizioso Piano Strategico Industriale per il periodo 2022-2026.
Riqualificare lo spazio pubblico
Il piano prevede la possibilità di mettere in atto (e portare a compimento!) una serie di progetti grazie a investimenti economici di grande rilievo; sono messi a disposizione dell’Agenzia del Demanio i primi 2,1 miliardi di Euro finalizzati alla realizzazione di interventi di riqualificazione immobiliare da completare entro il 2026, oltre a 3,4 miliardi di Euro per tutta una serie di ulteriori interventi da avviare entro la stessa data e questi investimenti, come già detto, si tradurranno nella riqualificazione di circa 5 milioni di metri quadrati di spazio pubblico.
Questo progetto che, ricordandoci sempre che siamo in Italia non possiamo non definire quantomeno audace, parte da tre pilastri fondamentali: centralità dell’utenza, sostenibilità e innovazione e digitalizzazione. L’Agenzia sta lavorando per aumentare il valore del patrimonio immobiliare pubblico, ridurre la spesa per lo Stato, generare effetti positivi sullo sviluppo del Paese e restituire alla collettività spazi migliori e più funzionali, includendo l’obiettivo di rendere gli edifici pubblici autonomi dal punto di vista energetico, più sicuri strutturalmente e resilienti ai cambiamenti climatici.
La carta d’identità digitale dell’immobile
La novità più interessante, che finalmente prevede un vero e proprio salto di paradigma nella concezione degli immobili che costituiscono il patrimonio pubblico, è anche un punto cardine dell’intero piano: la trasformazione digitale.
Qualità e completezza dei dati, digitalizzazione dei processi manutentivi e di controllo del ciclo di vita degli edifici rigenerati, e interoperabilità delle piattaforme digitali sono tutti elementi essenziali e indispensabili perché il progetto possa avere il successo atteso (e sperato!).
Inoltre, la creazione di una Piattaforma Integrata del Demanio e la Carta d’Identità digitale dell’Immobile miglioreranno, una volta completati e messi a regime, la gestione e la valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico.
Per sostenere questa trasformazione, l’Agenzia del Demanio ha istituito due nuove Direzioni Centrali: la Direzione per la Trasformazione Digitale e la Struttura per la Progettazione. Queste entità sono impegnate nello sviluppo e nell’efficienza nell’individuazione e programmazione degli investimenti e forniscono supporto tecnico alle Amministrazioni centrali e agli Enti territoriali. Ora, c’è da sperare che la decentralizzazione dei processi decisionali e attuativi delegati a queste due nuove entità burocratico-amministrative, la Direzione e la Struttura, non porti al solito “ingessamento” tipicamente italiano che, alla fine di un periodo di grandi aspettative disilluse e di munificente spreco di denaro pubblico, si traduca in un nulla di fatto.
Rigenerare l’immobile pubblico
Oltre alla nuova Direzione e alla nuova Struttura, è stato creato anche un laboratorio per l’innovazione chiamato “Officina per la Rigenerazione dell’Immobile Pubblico”.
Questo laboratorio funziona coinvolgendo e facendo collaborare varie realtà molto importanti quali università, enti di ricerca e centri di competenza per la sicurezza e la resilienza degli edifici pubblici. All’interno dei processi lavorativi del laboratorio si utilizzano vari modelli che hanno lo scopo di predire i necessari parametri ambientali che possano, una volta applicati, garantire il fatto che gli edifici risultino quanto più possibile efficienti dal punto di vista del consumo energetico e del rispetto dell’ambiente.
La pianificazione
Un altro aspetto cruciale è la pianificazione a livello territoriale, che considera i fabbisogni delle pubbliche amministrazioni e cerca soluzioni per razionalizzare gli spazi in uso.
Questo approccio a riqualificare mira a ottimizzare l’utilizzo degli edifici pubblici nel contesto urbano, anche grazie ai “Piani Città”, un’iniziativa avviata a Maggio 2023, che cerca di reinterpretare e riusare quanto già costruito per restituire al territorio grandi aree inutilizzate.
Il primo di questi piani, che prevede un investimento di poco inferiore ai 2,5 miliardi di Euro, così è scritto sul sito del Ministero dell’Interno, “. . . è dedicato alle periferie delle Città Metropolitane e prevede una pianificazione urbanistica partecipata, con l’obiettivo di trasformare territori vulnerabili in città smart e sostenibili, limitando il consumo di suolo edificabile. Nelle aree metropolitane si potranno realizzare sinergie di pianificazione tra il comune “principale” e i comuni limitrofi più piccoli, con l’obiettivo di ricucire tessuto urbano ed extra-urbano, colmando deficit infrastrutturali e di mobilità.
Riqualificare con la co-progettazione
Gli interventi potranno avvalersi della co-progettazione con il Terzo settore e la partecipazione di investimenti privati nella misura fino al 30%. Obiettivo primario è recuperare spazi urbani e aree già esistenti allo scopo di migliorare la qualità della vita, promuovendo processi di partecipazione sociale e imprenditoriale. I progetti dovranno restituire alle comunità un’identità attraverso la promozione di attività sociali, culturali ed economiche, con particolare attenzione agli aspetti ambientali. L’investimento prevede la predisposizione di programmi urbanistici di rigenerazione urbana partecipati, finalizzati al miglioramento di ampie aree urbane degradate, alla rigenerazione, alla rivitalizzazione economica, con particolare attenzione alla creazione di nuovi servizi alla persona e al miglioramento dell’accessibilità e dell’intermodalità delle infrastrutture, anche allo scopo di trasformare territori metropolitani vulnerabili in territori efficienti, sostenibili e produttivi aumentando, ove possibile, il loro valore”.
Bene, dunque, finalmente possiamo dire: “allacciamo le cinture, si parte”!