Ci vuol poco, ormai, per capire la situazione: l’onda dei migranti è un tornado, un fronte turbolento che avanza e divide – mentre le unisce violentemente – due opposte fazioni: una che vuole resistere all’urto invasivo, l’altra decisa ad assorbire in sé “il fenomeno” che qualcuno ha definito “fronte antropologico” e non se ne vede la fine.
L’arrivo tumultuoso di migliaia di disperati non dovrebbe sorprendere più di tanto: sono anni che gruppi etnici schiacciati dalla fame o da poteri illiberali o dall’ambiente avvelenato si mettono in marcia e attraversano il mare Mediterraneo cercando di toccare terra e futuro in Europa: solo i ciechi non li vedono. Oggi è diventata molto attiva, in parallelo, la via di terra, cioè il “sentiero balcanico” che coinvolge Trieste.
Ci sono state previsioni precise, allarmi sociali, inchieste, e continue polemiche politico-ideologiche, come quelle che fervevano nelle scorse settimane a proposito della “accoglienza diffusa” che coinvolge direttamente gli italiani e dell’aumento di profughi minorenni isolati dalle famiglie che possono finire in braccio a qualche “lega di birbanti” (G. Leopardi).
Niente sorpresa o meraviglia: siamo stati informati per tempo, con vari mezzi di comunicazione. Fra cui tanti libri
Nei giorni in cui più stridente era lo scontro a livello politico, ho ripreso in mano un denso libretto (cm 18×10,5) pubblicato nel 2016 con un titolo che oggi suona quasi beffardo: Libertà di emigrare, editore Einaudi, autori gli studiosi Valerio Calzolaio e Telmo Pievani.
Il grande fiume della vita, come possiamo chiamare le migrazioni storiche dei popoli, viene raccontato con un linguaggio chiaro e preciso, scientifico e narrante, depurato dai troppi tecnicismi propri dell’argomento, e ci accompagna nell’attualità (le migrazioni forzate…) con proiezioni che vanno fino… al 2050.
Il libretto si chiude con queste parole: “Non è certo con la facile rincorsa al consenso di breve periodo né con le emozioni estemporanee che si potrà affrontare una realtà umana che sta evolvendo da due milioni di anni. La virtù necessaria in questa impresa (cioè gestire l’imponente fenomeno migratorio) è anche una delle più scarse al momento: la lungimiranza. Verso il passato e verso il futuro”.
Parole scritte sei anni fa, ma sembrano di ieri mattina.
Le api come concittadine
“Le api hanno bisogno di noi” dice una nipote che vive in paese, “così ho deciso di aiutarle come posso”. E, da persona sensibile qual è, sia ai problemi umani che a quelli ambientali, la nostra C. ha deciso di acquistare per il proprio giardino una serie di piante mellifere: così i preziosi insetti avranno abbondante materia per i loro voli. Alcuni fiori hanno bei nomi latini: Echinacea purpurea, Agastacme foenicum e poi c’è la Menta messicana aromatica ecc. C’è un mondo, attento e generoso dietro questi nomi che è come l’ossigeno nell’aria.
Ormai si sa: le api nel loro piccolo compiono miracoli, il primo dei quali è resistere alla grande minaccia che l’Uomo inquinatore continua a far gravare sulla loro esistenza avvelenando la nostra Terra: siamo terrestri… La loro importanza per l’umanità non è solo quella di donarci il miele e gli altri “prodotti dell’arnia” per i quali meritano la nostra gratitudine. C‘è molto di più: queste minuscole creature, cioè questo popolo di insetti sociali diffuso in tutto il mondo, esercita una azione di alta ecologia: l’impollinazione (rimando alla voce nell’enciclopedia).
C’è da aggiungere che, proprio in questi giorni, a Trento, il Muse, cioè il Museo delle Scienze ideato da Renzo Piano, ospita una mostra intitolata Le città a misura d’ape (fino al 15 ottobre) che ha un sottotitolo programmatico: “Alla ricerca di possibili equilibri”. Il tema è sviluppato attraverso immagini create da Luca Mazzocchi e Nicola Orempuller. La convivenza fra animali sociali è probabilmente il massimo dell’equilibrio: in fondo, le città sono dei condomini su larga scala, e lì abita la diversità.
Da uno spot all’altro
Non so se l’abitudine ci abbia intontito, ma è un fatto che in televisione la pubblicità non è più quella di una volta, è stata rivoluzionata. I giornalisti interrompono il programma in corso per annunciare con naturalezza: ”Andiamo in pubblicità”. Addirittura ci avvertono che lo spot dura 30 secondi o 2 minuti. Il messaggio commerciale non ti arriva più addosso all’improvviso ma fa parte integrante delle notizie, dei commenti e “fa scena”. Hanno liberato il mostro? No, è solo evoluzione. Certo ne è passato di tempo dal teatrino di Carosello, quando si proiettavano scenette adatte ai più piccoli fra noi utenti ma strizzavano l’occhio alle loro mamme. La tecnica era come lo zuccherino di Mary Poppins che consente alla pillola-spot di andar giù più facilmente.
Oggi, questo linguaggio della comunicazione universale ha invaso tutti gli spazi, sia quelli geografici sia quelli dei media. Nulla sfugge alla pubblicità, scriveva nel 2005 Filippo Gentiloni, “neppure i contesti più sacri, meno adatti a un dentifricio, a una macchina, a un profumo.” E commentava amaramente: “Nei media anche le notizie e i programmi più tragici sono incastonati in un quadro pubblicitario” (Il silenzio della parola, Claudiana editrice).
No comment.
Citazione d’autore
La comunità di destino della specie umana di fronte a problemi vitali e mortali comuni richiede una politica dell’umanità: questa si dovrebbe fondare sul concetto di Terra-Patria, che porta in sé la coscienza del destino comune, dell’identità comune, dell’origine terrestre comune dell’umanità. La Terra-Patria, lungi dal negare le patrie singolari, le dovrebbe integrare in una grande patria comune.”
Edgar Morin
La via, Raffaello Cortina editore 2012
I “pensieri virali” di oggi – mi sono arrivati proprio di domenica, compleanno del mio figlioccio! – abbracciono due argomenti estremi, il troppo e il poco, le invasioni delle persone in emergenza e la sparizione, poco alla volta, delle api, picolissimo e importantissimo mondo della fauna. Con il suo solito equilibro, con la solita tranquilla chiarezza, lo scrittore evidenzia i fatti con semplicità e naturalezza, togliendo scoop e catastrofismi. La lettura dei suoi pensieri dà, anche stavolta, tranquillità, serenità – grazie, Ivo!
Grazie Ivo per aver ricordato le api, senza il loro prezioso lavoro noi non avremmo cibo…
Le stiamo uccidendo con i pesticidi che fanno male anche a noi…se scegliamo di magiare biologico facciamo qualcosa di concreto per tutelare la nostra salute e la loro.