Produttori di malto, coltivatori di orzo e luppolo e maestri birrai di tutta la Penisola uniti nel nome di un marchio: quello della birra “Artigianale da filiera agricola italiana”. A metterli insieme il Consorzio Birra Italiana, presieduto da Teo Musso, pioniere della birra artigianale nel nostro Paese, e Coldiretti. Missione dichiarata: avere sempre più ingredienti made in Italy nel boccale.
Dalla birra estera al marchio italiano
Se attualmente attualmente una birra su tre consumata in Italia viene importata dall’estero e oltre il 60% del malto utilizzato per la produzione italiana viene importato da paesi quali Francia e Germania, l’obiettivo è arrivare nel giro di poco tempo a una produzione tutta italiana con filiere controllate e di alta qualità per un prodotto sempre più apprezzato a livello nazionale e internazionale.
La nascita del consorzio per il marchio
Anche per questo è nato il Consorzio, creato nel marzo 2019 da cinque soci fondatori: Teo Musso di Baladin, pioniere della birra artigianale italiana, Marco Farchioni del birrificio Mastri Birrai Umbri, Giorgio Maso del birrificio dell’Altavia, Vito Pagnotta del birrificio agricolo Serro Croce e Giovanni Toffoli della Malteria Agroalimentare Sud volevano lavorare a tutela non solo della lavorazione artigianale, ma anche per garantire l’origine delle materie prime, dal luppolo all’orzo.
Quali sono i requisiti per ottenere il marchio?
Quali sono i requisiti per ottenere il nuovo marchio? “Il marchio – dice Teo Musso – andrà sulle birre artigianali, quindi non filtrate non pastorizzate, che dimostrano di avere almeno il del 51 per cento di prodotti da filiera agricola italiana”. “L’obiettivo – spiega – è di avere sempre più disponibilità e fruibilità di materie prime italiane, affinché anche i birrifici non agricoli abbiamo lo stimolo e la voglia di usare sempre più prodotti made in Italy. E di raccontare il territorio, la terra. Per questo stiamo lavorando per supportare i coltivatori di luppolo, perché anche il comparto luppolo italiano, adesso ancora molto di nicchia, possa avere un grande sviluppo”.
Luppolo e birra in Italia
In effetti al momento si registrano solo 60 ettari coltivati a luppolo in Italia, sparpagliati in una circa una cinquantina di coltivazioni, per lo più in Emilia-Romagna, Piemonte, Lazio e Trentino, ma in questa direzione si stanno facendo buoni passi avanti.
L’obiettivo di Musso per la birra
Musso Anche per quanto riguarda l’orzo il Consorzio si è prefissato una meta importante: “Abbiamo già messo in campo una varietà di distico da genetica italiana – spiega Musso – e possiamo immaginare che nel 2021 lo avremo a disposizione. Perché vorremmo orzo non solo coltivato in italia, ma da genetica italiana. Vorremmo che passasse un messaggio importante: che la birra è prodotto della terra, un prodotto agricolo. Difficile da pensare, visto che in Italia è sempre stata un prodotto industriale”.
Come sogna il futuro della birra?
“Sogno – risponde – che racconti la biodiversità che il nostro Paese può offrire. Sogno che un giorno si possa parlare di terroir come si fa per il vino”.
Il marchio mira quindi a garantire e tracciare la prevalenza di materia prima da filiera agricola italiana. Ponendo attenzione sulla remunerazione etica della filiera e di tutti i suoi attori. Il disciplinare, che nasce in collaborazione con Coldiretti, prevede appunto la “prevalenza di materia prima italiana nella produzione di birra. Realizzata da birrifici italiani indipendenti, con produzione annua inferiore ai 200.000 ettolitri, non filtrata e non pastorizzata”.
Entra in gioco la Coldiretti
Inoltre, come sottolinea il presidente di Coldiretti Ettore Prandini “gli accordi di filiera saranno strumenti fondamentali per difendere la produzione. Garantire un utilizzo sostenibile del territorio, valorizzare la distintività, assicurare la giusta distribuzione del valore. Rafforzare l’identità del sistema Paese e conquistare nuove quote di mercato in Italia e all’estero”.