Anche questa settimana il Diario ci porta a riflettere su cosa vuol dire umanità? È forse lasciare annegare i profughi o filmare per divertimento incidenti mortali?
Un’ecatombe il naufragio nel Mar Ionio, decine di bambini annegati. Nessuno ha risposto all’allarme
Ignorate le telefonate disperate dell’imbarcazione in difficoltà. Si potevano salvare molti dei 700 naufraghi. Erano nei pressi della costa. Così la Grecia risolve la crisi dell’emigrazione. Ne moriranno sempre di più. Se ne sono salvati appena 94. Non importa il colore della pelle, erano creature come le nostre. Ormai è una guerra senza umanità e le vittime non pesano sulle coscienze, che i governi non hanno. La soluzione non è facile. Ci vorrebbero grandi statisti che purtroppo non abbiamo. Neppure uomini e donne su cui contare in questa povera Europa
Continuavano a filmare anche dopo avere travolto e distrutto la smart, ucciso un bambino di 5 anni
È un’umanità allo sbaraglio, senza più valori, se non guadagnare e apparire. A 20 anni un tempo si sognavano l’amore e la conquista del futuro, e si sognava a occhi aperti. Oggi basta una sniffata e un progetto senza ideali né sacrifici. Influencer e youtuber sono i Carneade di oggi. Siccome nessuno glielo impedisce, non sanno di essere criminali. È accaduto a Casalpalocco (Roma), ma succede ovunque. Pur essendo all’inizio della loro esperienza pare che guadagnassero già 200mila euro l’anno e non finiranno neppure in prigione.
Con tutto quello che succede in Italia e nel mondo le prime pagine dei quotidiani deprecano un bacio
Lo ha dato Damiano, il cantante dei Maneskin a una ragazza che non è la fidanzata in discoteca, dove, più che baciarsi, i frequentatori spesso cercano altro. Nella falsa ricerca di moralità e perbenismo, il fedifrago ammette la trasgressione ma sostiene che il rapporto con la sua ragazza stava per finire o era appena finito. Accanto all’ultima notizia a luci rosse c’è l’allagamento della valle del Dnipro per l’attentato terroristico alla diga e le minacce di guerra nucleare. E c’è chi si sorprende che gli italiani leggano di meno.
Nasce un sindacato dei miliardari vittime del razzismo negli stadi. Ma quegl’insulti non sono offensivi
È come dare del cornuto all’arbitro senza conoscere le virtù della moglie. È come imprecare governo ladro quando piove. Sono urla incivili di persone che sfogano la rabbia per la sconfitta. Razzismo è del politico o quando un autista delle linee pubbliche urbane non si ferma se in attesa c’è un povero emigrante di colore. Non è razzismo l’insulto a un campione. Anzi, è il riconoscimento della sua superiorità. Hanno diritto di lamentarsi i disoccupati, le donne violentate anche dalle istituzioni, i naufraghi che non vengono salvati.
Sembravano una scolaresca indisciplinata e ripetente le autorità al funerale di stato di Berlusconi
Nessuna compunzione né tristezza. Pacche sulle spalle, abbracci goliardici. Qualcuno sghignazzava tra molti di coloro che il padrone aveva beneficiato. Non sembrava l’addio al leader che ha trasformato tante mediocrità in personalità. Il lutto nazionale c’era, ma lontano dal Duomo, tra la gente semplice che lo ha amato, non tra chi gli dovrebbe gratitudine e rispetto, soprattutto adesso che non c’è più lui a incutergli soggezione. È in queste mani che andandosene ha lasciato l’Italia. Chissà se può fare qualcosa da lassù.
In Cina vietato tradire la moglie. Pena il licenziamento dal lavoro e per di più l’espulsione dal partito
La dittatura comunista è morigerata, non c’è libertà di amare. Ci sono spie anche nelle stanze da letto. Se la stessa legge si applicasse in Italia, ci sarebbe una disoccupazione di massa e i partiti sarebbero vuoti. La verità è venuta alla luce grazie a un paparazzo che in una domenica di sole ha fotografato una coppia molto elegante e finita su una popolare rivista di moda. Informati i legittimi coniugi sono subito scattati denuncia e provvedimento disciplinare. Non si sa se la relazione tra i due fedifraghi ormai disoccupati continui ancora.
Ce lo racconta Grazia Celoria. Giulia chiama la segreteria del liceo. È nata mia figlia, lascio la scuola
Compagne e prof cercano di dissuaderla. Peccato proprio quest’anno che sei di maturità. Ma lei non ce la fa a lasciare la bimba tutta la mattinata. Preferisce perdere l’anno. Squilla il telefono: è il preside. Torna, Giulia, porta con te tua figlia, la vogliamo conoscere. Quando entra in classe Giulia resta di stucco. Accanto al suo banco pannolini, biberon, termos e persino il bagnetto. Coccole degli insegnanti, dei compagni e dei bidelli. È l’Italia che vorremmo. Sembra una favola, ma è accaduto davvero al liceo artistico Nervi di Ravenna.