Con la morte di Alfredo Cerruti lascia la vita terrena l’ultimo componente degli Squallor che ora si sono ricomposti in cielo. Sarebbe divertente vedere Cerruti e i suoi amici (Totò Savio, Daniele Pace e Giancarlo Bigazzi, tutti prematuramente scomparsi) intrattenere gli ospiti del paradiso i santi, gli angeli e i cherubini, con le loro canzoni fortemente anticlericali e sempre “politicamente scorrette”.
Alfredo e gli amici
Ma un pezzo di paradiso la banda di amici se lo merita per davvero perché – pochissimi lo sanno – gran parte degli enormi incassi degli Squallor furono devoluti per un orfanotrofio di Napoli e per altre iniziative benefiche, tutte organizzate nel più stretto anonimato. Vendettero milioni di copie i dischi degli Squallor, senza contare il fiorentissimo mercato delle cassette pirata molto in voga negli anni ’70 e ’80, e sbancarono il botteghino i loro due film: “Arrapaho” e “Uccelli d’Italia”. Un successo nato in modo inaspettato ed iniziato quasi per caso, perché all’inizio i fondatori del gruppo volevano solo divertirsi un po’. Invece, già dal primo singolo, “38 luglio”, il pubblico fu attratto dalla novità e così venne fuori una ricchissima produzione di LP abbinati a titoli volgarissimi: Troia, Vacca, Palle, Tromba e Scoraggiando, solo per citarne alcuni.
Alfredo e gli Squallor
Chiaramente gli Squallor facevano storcere il naso a un certo tipo di pubblico. Gli Squallor furono uno schiaffo in pieno volto a un certo tipo d’Italia ed aprirono la strada al cosiddetto rock demenziale che poi troverà dei validissimi interpreti negli Skiantos e in Elio e le Storie Tese. Definire gli Squallor volgari, però, non è giusto. Gli Squallor erano così volutamente volgari da non esserlo. Erano divertenti, dissacranti, folli e geniali. Si presero delle libertà che fino ad allora nessuno aveva osato prendersi ed è giusto attribuirgliene, ora, la maternità. Deridere, ad esempio, un certo tipo di Chiesa era allora quasi impensabile e loro lo fecero. Ed è anche giusto riconoscere agli Squallor che il successo nacque tutto sul passaparola perché non apparirono mai in pubblico per promuovere un loro disco e non fecero mai pubblicità.
La bravura
Gli Squallor, poi, erano tutti artisti di altissimo livello, oltre a Cerruti, Giancarlo Bigazzi si può considerare, insieme a Mogol, il più grande paroliere italiano, Totò Savio un artista straordinario (autore di “Cuore Matto” e “Maledetta Primavera”) e Daniele Pace che morì troppo giovane ma fece il tempo a lasciare il segno con successi come autore di “Sarà perché di Amo” dei Ricchi e Poveri, di “Sono bugiarda” della Caselli, “Io per lei”, “Qianto è nella lei” e della hit della Bertè “E la luna bussò”.
Alfredo non solo gli Squallor
Tornando ad Alfredo Cerruti non possiamo limitare la sua attività artistica solo agli Squallor. Cerruti era, anche se qualcuno storcerà il naso davanti a questa definizione, un genio. Era un genio pigro, pigrissimo, perché forse avrebbe potuto fare e comporre ben altro. Ma quello che ci ha lasciato, nella storia della musica e dello spettacolo, è evidentissimo. Cerruti era il classico discografico degli anni ’70, quello che scovava i talenti, li proteggeva e li consigliava, facendoli esplodere. Senza Cerruti non avremmo avuto i Pooh, Cochi e Renato, Loredana Bertè e Gigliola Cinquetti, ma potremmo citarne molti altri e tutti famosi.
Fu direttore artistico delle case discografiche che governavano il mercato: CBS, CGD e Ricordi. Era anche un infaticabile latin lover, famosa la sua lunga relazione con Mina. Ironia della sorte, suo figlio, anch’esso produttore discografico, ha avuto una storia con un’altra cantante famosa: Laura Pausini.
Poliedrico
Alfredo Cerruti nella sua poliedrica vita artistica fu anche autore di innovativi e seguitissimi programmi televisivi come “Indietro Tutta”, dove interpretava anche il leggendario professor Pisapia, e varie edizioni di “Domenica In”.
Ci piace, soprattutto, ricordare la voce di Alfredo Cerruti, la sua vera arma con le donne, utilizzata come voce narrante nelle canzoni degli Squallor e voce fuori campo nei programmi di Renzo Arbore e nelle pubblicità.
Una voce dalla quale era anche piacevole farsi mandare a quel paese, come ripeteva spesso nelle sue canzoni.