Siamo bersagliati dai “consigli per gli acquisti”, rievocati recentemente in tv, e quotidianamente ci vengono incontro raccomandazioni e incitazioni spesso non richieste. Fra le tante, mi ha colpito però un invito slegato dalla borsa della spesa, che spiccava in un contesto che ho dimenticato, e diceva semplicemente: “Volate alto!”.
Come fosse facile…
La frase, ricordiamo per inciso, fa coppia con “Pensare in grande” e ci spinge fuori dagli schemi consolidati e usurati. Comunque, da qualsiasi parte venga, non ci obbliga a coltivare l’orticello privato, a consumare ingordamente i beni materiali e morali: in effetti, quell’invito non è nemmeno una Pubblicità Progresso. In confidenza, volare alto si può, senza dover arrivare ad altezze vertiginose, basta “staccare l’ombra da terra” (Del Giudice).
Nella realtà, quaggiù, i nostri pensieri sono spesso pesanti e oscuri, e strisciano in basso, quasi volessero prendere forza dal contatto con la terra, come in un celebre mito. In effetti, le cose della vita hanno un loro magnetismo che ci trattiene e ci invischia: si vive ora per ora, giorno per giorno, mentre sullo sfondo, dov’è l’orizzonte della Storia, tuonano le guerre e le infamie contro l’umanità.
Ed è proprio oltre quell’orizzonte che ci viene suggerito di spiegare il metaforico volo. Non ci è chiesto di sfuggire alla realtà, ma di acquisire una visione per così dire aerea della nostra situazione. Va detto, però, che dobbiamo lasciare qualcosa per alleggerire il volo. Per esempio, i pesanti idoli del quotidiano dai quali dipendiamo, e che ciascuno tiene con sé, libero di scriverne l’elenco.
Per stringere il tutto in una frase, dice il saggio: si può, anzi si deve entrare nello spazio della speranza che non ha limiti: è il volo più alto.
Un effetto della siccità
Quasi senza accorgercene, dall’anno scorso siamo prigionieri di un fenomeno aggressivo, grave per dimensioni geografiche e minaccioso per la salute di tutti i viventi. È la siccità, una calamità, un disastro ambientale annunciato da inascoltati profeti, con una sua geografia che fa catena con la pandemia di Covid ancora viva, con la guerra in Ucraina, con l’assalto dei migranti alle nostre coste e con i precari equilibri internazionali sui quali incombe addirittura l’ombra atomica.
Siamo animali facili all’illusione e bravissimi nell’ingannare noi stessi, e infatti viviamo “come se”: come se i fiumi e i laghi non fossero quasi totalmente asciutti; come se le riserve sotterranee, cioè le falde acquifere, non fossero in vistoso calo, come se le riserve dei nostri comuni non fossero un problema immediato, come se certi governi regionali non fossero costretti a chiedere acqua “in prestito” ai vicini che ne hanno in abbondanza. Intanto l’acqua scarseggia, la terra e noi abbiamo la stessa sete…
Fra gli effetti della siccità, a livello personale, ce n’è uno abbastanza sorprendente: abbiamo voglia di pioggia! Proprio così: ci infastidiva, fino a ieri, ci limitava negli spostamenti, e poi quei temporaloni così invadenti…
Ma adesso ne sentiamo la mancanza, ascoltiamo avidamente le previsioni del tempo, osserviamo il cielo e contiamo le nuvole sperando di vederne di gravide d’acqua, mentre qualcuno che ha fede si mette a pregare: tornano le rogazioni della religiosità popolare?
Abbiamo quasi nostalgia delle pozzanghere in cui si specchiavano i cieli “dopo la tempesta”. Il fatto è che l’acqua ci chiama. Un liceale aggiornato in letteratura penserà a Dante che si ferma sulla riva del Lete, il fiume dalle obliose acque in cui le anime che vi si immergono “ripuliscono” la memoria prima di lasciare il Purgatorio. E forse, quel ragazzo/a penserà alla pioggia desiderata come ad un poetico lavacro delle nostre anime. La pioggia come una medicina?
Il sasso e la spada
A volte, un pensiero altrui ci tocca come una pacca sulle spalle, e richiama la nostra attenzione, secco e pregnante. A me succede spesso quando leggo gli scrittori che ho incontrato non solo sui libri. Penso ad autori visionari, come l’Orwell di 1984 e alla narrativa di anticipazione,o alla fantapolitica.
In questo periodo drammatico per noi umani e per il nostro mondo, la realtà sembra correre all’ombra della fantasia. Per esempio, ciò che Orwell aveva profetizzato è brutale realtà in Iran dove impazza la diabolica “Polizia morale”. Che fare? Contro le perversioni del pensiero unico siamo chiamati a resistere.
A questo proposito, Dacia Maraini ha parlato di strategia, non generica, ma sperimentata: quella del piccolo Davide contro il gigante Golia. Davide, “ricordiamolo, non ha impugnato una spada più tagliente, ma ha scagliato una pietra che ha colpito in testa” il colosso. “È lì, proprio nella testa,” commenta la scrittrice, “che cambiano e si organizzano i pensieri. E i pensieri, le parole, il sentimento di giustizia calpestata sono le armi più efficaci quando la forza bruta pretende di dominare e controllare.“ Abbiamo anche noi quel sasso in mano.
Con gli aquiloni
(poesia)
Era il tempo degli aquiloni:
uno per ciascuno di noi
sulla riva del fiume e di casa.
Le volande avevano saggiato
il cielo chiaro e ventoso
della primavera e adesso
orgogliose danzavano insieme.
Quest’aquilone che tu vedi
è antico e fragilissimo e bello
e ancora vibra forte, e sussurra
nella luce delle alte sfere.
Il filo gli trasmette lassù l’ansia
di me, del bambino che fui,
gran sognatore di arditi voli.
È il mio, e vola in controvento,
creato nel tempo andato
con carta di giornale, ora sente
l’alto richiamo dell’orizzonte.
Mi dà continui strattoni
come un puledro di prateria
avido di libertà e certezze.
Ma io non lascio il filo
che ci lega.
Anonimo 2023 y
Grazie Ivo per aver ricordato con così belle parole l’importanza di tutelare l’acqua “anche se” continuiamo a far finta che il problema non esista…