Quando morì Roberto Tramontin, ad appena 63 anni, l’omonimo squero di gondole, giunto alla quarta generazione, sembrava aver finito il suo corso secolare. Roberto, figlio di Nedis, e pronipote di Domenico Tramontin, il fondatore, non lasciava eredi in grado di continuare l’attività. Fondato nel 1884 agli Ognissanti, nello stupendo scorcio del Rio dell’Avogaria, lo squero era uno dei luoghi preferiti di Venezia, amato dai gondolieri, perché da quel cantiere uscivano le gondole più belle della laguna. Le “Ferrari” a remi di undici metri, come venivano definite dagli esperti della tradizione.
Tramontin; il sogno continua grazie a due mestrini
Sono stati due giovani artigiani, mestrina lei, di origine trentina lui, a garantire la continuità storica dello squero. Dopo un momentaneo periodo di abbandono, ecco il cantiere pullulare di gondole in costruzione oppure semplicemente da restaurare o manutenere.
Silvia Scaramuzza, 44 anni, già regatante, e Francesco Stenghel, 39 anni, eccoli impegnatissimi e sorridenti al lavoro
Silvia, dopo il liceo e originaria di Campalto, appena ventenne, sapeva già cosa voleva fare nella vita e diventa apprendista, giovanissima, al cantiere di Gianfranco Crea alla Giudecca. Francesco, pure lui uscito dal liceo e iscritto all’Università, ha subìto il fascino del lavoro artigiano. Un rapporto stretto con la città, che loro stessi non esitano a definire vitale. In pratica si sono innamorati del loro mestiere e della loro città. Lo si capisce da come accarezzano le gondole, da come guardano con espressione rigorosa una barca in cantiere, da come parlano, sporchi di pittura e di collanti, delle loro creature dalla tradizione millenaria.
Potevano trovare lavoro in un ufficio, all’estero, fare le guide turistiche, aprire un locale per gli spritz. E invece no. Silvia e Francesco sono felici al mattino di aprire il loro cantiere a Dorsoduro. Un mestiere faticoso, fatto, ahimè, anche di burocrazia, fatture da spedire e da ricevere, tasse e affitti da pagare, rapporti con le categorie artigiane.
La Tramontin vive ancora grazie al coraggio degli apprendisti
Vederli al lavoro, contenti e realizzati, è una gioia per le persone della generazione precedente. La mia. Quella che ha vissuto altri privilegi, ma che comprende romanticamente il loro impegno quotidiano. Vedere questi due giovani impegnati in un lavoro antico fa bene a Venezia. Cosa sarebbe la città senza i suoi artigiani?
Tramontin e la sfida dell’artigianato
E così quando vedo giovani apprendisti restaurare un terrazzo alla veneziana, aprire una bottega da falegnami, continuare una tradizione antica come quella del vetro a Murano, oppure fare i pescatori a Burano o continuare a coltivare gli orti nell’isola di Sant’Erasmo, quasi quasi mi commuovo.
Grazie a voi, ragazzi, la città e la laguna, continuano a mantenere un capitale, quello umano, che nessuna legge speciale potrà garantire.