Sbarcati sull’isola dell’Amore, su un pontile arricchito di candele che segnavano il vialetto per entrare in hotel, sicuramente una carineria preparata per i soli ospiti presenti, ci ha colto di sorpresa sapere che il marinaio, il proprietario dell’hotel, il responsabile della cucina e l’addetto alle camere erano la medesima persona! Avete presente il film dove Eddie Murphy interpreta tutti o quasi i personaggi del film stesso? Ecco la situazione era esattamente la medesima. Altra sorpresa fu quella di capire che noi eravamo gli unici ospiti dell’hotel e che nell’isola eravamo gli unici presenti assieme al “tuttofare” ed ad un cagnolino bianco che ci seguiva ovunque.
L’oste dell’Isola dell’Amore
L’oste, chiamiamolo così aveva preparato due camere per noi al fine che potessimo scegliere soggiornare nella camera fronte mare o fronte delta, con vista sul Po e sul Delta, quanto meno così ce la descrisse, per noi era e rimaneva un luogo buio e misterioso. Propendemmo sul vista Delta, più che altro perché dalla parte del mare sarebbe sorto il sole. E, considerando la tipologia di oscuranti, ci saremmo ritrovati il sole disteso con noi sul letto all’alba.
Depositati i bagagli in camera non potemmo non andare fronte mare, la notte era meravigliosa, la temperatura stupenda, il panorama fronte a noi era impagabile.
Solo noi (l’oste era andato a dormire) il mare di fronte sul quale risplendeva e si specchiava la luna, il dolce rumore della risacca e l’incanto di stelle che componeva la via Lattea a farci compagnia.
E assai difficile che una situazione del genere non diventi romantica, con la voglia di stare vicini, vicini, come dicono frequentemente anche a Striscia la Notizia.
Vi sfido a trovare un posto cosi al mare, “vicino a casa” …… (mi rivolgo a voi Triveneti)
L’indomani mattina svegliati con tutta calma, abbiamo trovato altri spettacoli che ci attendevano. La prima meraviglia è stata quando abbiamo aperto il balcone della camera, ciò che la notte prima ritenevamo una landa buia tenebrosa e deserta in realtà era uno spettacolo della natura.
Al di là dell’isola verso ovest c’era un ramo del Delta che scorreva placido incontrandosi con il mare. Di fronte a noi una miscela di fiume e mare, piccole paludi, isolette di canneti e canali d’acqua salmastra. Ed a perdita d’occhio un incredibile varietà d’uccelli palustri che muovevano ancor più il panorama.
Tutto questo sembrava più un dipinto che un “semplice” orizzonte, tant’è che siamo rimasti abbracciati a guardare il panorama per un bel po’. Non dovevamo stupirci, ma ci siamo stupiti ugualmente, com’era logico, eravamo gli unici commensali e l’oste in formato cameriere ci stava attendendo per servirci la nostra colazione. Il “tavolino” preparato per noi (più che un tavolino una panca da sagra), era preparata in spiaggia fronte mare.
Visto di giorno il contesto complessivo in termini di location era ancor più appagante.
Il faro dell’Isola dell’Amore
Il faro come hotel non è particolarmente ricco e curato, nel suo complesso è abbastanza “basic” in termini qualitativi, sebbene fosse pulito cosa non del tutto scontata ma assolutamente importante, il rapporto qualità prezzo come struttura ricettiva non sarebbe perfettamente equilibrato, ciò non di meno, sebbene il costo hotel sia “altino” la bellezza e l’esclusività del posto rendono la spesa a mio avviso assolutamente consona.
Note sull’Isola dell’Amore
Nel 2007 è stata indicata da Legambiente come una delle 13 migliori spiagge italiane. È formata dallo “scanno”, cioè da una lingua di sabbia nella quale si formano delle dune che si muovono a causa delle maree e del vento. Oltre ai canneti che si formano nelle zone acquitrinose interne, sulle dune crescono alcune vegetazioni tipiche, come il Calichieto e l’Agripireto.
Alcune specie di uccelli trovano in quest’isola così particolare il loro habitat per nidificare, tra gli altri la beccaccia di mare, il fraticello e la rondine di mare. Si possono vedere anche alcune lontre, che si pensava fossero estinte in questa zona, ed alcune tartarughe marine.
La spiaggia dell’Isola dell’Amore
Post colazione, abbiamo visto arrivare con il primo traghetto utile il resto della ciurma che evidentemente avrebbe gestito il Faro in giornata, tre quattro persone che avrebbero aiutato il nostro oste a gestire la giornata.
Oltre una cinquantina di metri, dove la spiaggia è curata, ci siamo immersi nella natura, e ci siamo sentiti in men che non si dica come dei Robinson Crusoe alla scoperta dell’isola misteriosa.
Pur essendo vicinissimi alla foce del fiume, con mio stupore non abbiamo incontrato rifiuti, bensì un innumerevole quantità di tronchi levigati dalle acque, d’ogni guisa, lunghi, affusolati o massicci e qualcuno prima di noi, s’era divertito a creare dei capanni con questi arbusti, creando di fatto una piccola metropoli di capanne lungo mare, alcune ben salde ed altre crollate sotto il peso del tempo, del vento o banalmente dell’imperizia ingegneristica di chi li aveva progettati.
In questa metropoli arborea la facevano da padroni un’infinità di “cocal” (gabbiani) tutti intenti a passeggiare lungomare becchettando nella sabbia probabilmente alla ricerca di gustosi manicaretti.
Essere soli a passeggiare su questo lungomare incontaminato era di fatto un’emozione, nessuno a dritta, nessuno a manca, solo il rumore del mare a farci compagnia assieme al garrito dei gabbiani a farci da sottofondo. Non c’è bisogno di sognare di essere ai Caraibi, posti meravigliosi come questo sono “sotto casa”!
Dall’Isola dell’Amore alla Laguna
Abbiamo quindi percorso lo “scanno” fin dove la natura ce lo ha consentito, fino a dove il passo era serrato dall’intreccio di alberi tra terra e mare; a quel punto l’unica strada percorribile era all’interno, una strada che ci portava a trovare dell’altra acqua, un acqua non più mossa e cristallina come quella del mare che bagnava la spiaggia, ma un acqua più ferma e dai colori verdastri, quelli tipici di una laguna.
Non che il panorama fosse da meno, tutt’altro, ma era un’altra cosa. Se da una parte i padroni erano i gabbiani, da quest’altra facevano capolino la sgarza ciuffetto, l’airone rosso, la moretta tabaccata, il Cavaliere d’Italia e tanti altri abitanti pennuti e noi eravamo andati a disturbarli.
Tornati alla spiaggia abbiamo trovato un po’ di “civiltà” che aveva deciso di trascorrere la giornata in questo luogo fuori dal mondo, alcuni erano arrivati con il traghetto, pagando “l’obolo” di € 5 per l’andata ed il ritorno, alcuni erano arrivati direttamente con il loro natante.
Non si può non provare il ristorante del Faro
Il faro oltre all’hotel è conosciuto anche per il suo ristorante di pesce che ovviamente all’ora di pranzo abbiamo “battezzato” anche noi con un pantagruelico rombo al forno.
La giornata quindi è passata serena all’insegna del relax allo stato puro, in un ambiente ben distante dalla frenesia e dall’accalcamento delle spiagge.
Il nostro week endo però aveva in serbo per noi ancora molte sorprese
Nel tardo pomeriggio abbiamo levato le ancore da questa incantata isola fuori dal mondo, salutato il nostro oste e preso il traghetto per tornare in “terraferma”. Ripresa la nostra auto e salutata un’ultima volta l’Isola dell’Amore, abbiamo preso la strada per Ca’ Tiepolo, un paesino del Delta tra Taglio di Po e Tolle.
Lasciamo per un po’ l’Isola dell’Amore
Il programma dell’indomani prevedeva il famoso tour sulle due ruote alla scoperta del Delta in versione cicloturismo.
“La Zia Acida”, questo il nome del B&B che avevo prenotato, “incantato” dal nome della struttura e poi dalle buone recensioni.Mai scelta fu più azzeccata! A prescindere dalla figura della proprietaria, biker cortese e disponibile, la struttura era molto curata ed il rapporto qualità prezzo assolutamente performante.
Appuntamento culinario con un’altra coppia d’amici polesani che saputo il nostro arrivo in zona si sono adoperati per incontrarci e farci assaggiare una prelibatezza del posto, una prelibatezza di cui avevo letto, ma non avevo mai avuto l’occasione d’assaggiare…. Si trattava delle “Cozze di Scardovari”.
Ok, ora sotto con le cozze!
La Cozza di Scardovari possiede alcune peculiarità uniche dovute alla zona di produzione, che la distinguono radicalmente da prodotti similari, provenienti da altre zone e dagli allevamenti in mare aperto. Ad esempio, ha una parte commestibile maggiore e più morbida. Il disciplinare spiega: “l’indice di condizione, che misura lo stato di pienezza della parte edibile del mollusco rispetto all’intero organismo, deve essere maggiore di 25%”. Le sue carni sono meno salate e più dolci, grazie al basso contenuto in sodio (< 210 mg/100 gr) e sono “particolarmente morbide e fondenti con elevata palabilità”.
Il territorio di produzione della Cozza di Scardovari è decisamente limitato, infatti la zona di allevamento è la Sacca di Scardovari, nel comune di Porto Tolle, in provincia di Rovigo. Il termine “Sacca” individua l’insenatura marina formatasi per l’occlusione parziale di un braccio di mare, che rimane in comunicazione col mare aperto attraverso una “bocca” lagunare.
LINK dedicato alle Cozze di Scardovari: https://www.informacibo.it/cozza-di-scardovari-10-cose-da-sapere-su-questa-dop-cosi-speciale/
L’appuntamento per cena era alle 20.30 in un rinomato locale proprio nei pressi della Sacca di Scardovari, il Marina 70.
Non solo l’Isola dell’Amore ha un paesaggio mozzafiato
Sarà che quando vedo mare m’illumino d’immenso, ma anche solo nel percorrere la strada verso il nostro appuntamento “semo stai imagai” (siamo rimasti meravigliati) dalla bellezza del paesaggio. Questa “sacca” in realtà assomiglia ad un mare interno di cui non arrivi a vedere tutte le sponde, la strada costeggia su un terrapieno tutta questa costa e ti ritrovi da una parte una bellissima campagna curata e dall’altra avevamo uno spettacolo tutto per noi! I colori del tramonto che illuminavano l’orizzonte in un mix d’azzurro e rosa.
E proprio vero; in un viaggio la cosa più importante non è la meta, ma il viaggio stesso che ineludibilmente ti farà scoprire cose di cui ignoravi l’esistenza!
Arrivati alla nostra meta con qualche minuto d’anticipo, ci siamo “persi” nel rimirar l’orizzonte e nel mentre facevamo due passi ci siamo imbattuti in una targa che recitava così:
“Nel pomeriggio del 4 novembre 1966, in corrispondenza della chiavica posta in questo luogo, si creò una falla che invase con acqua di mare dapprima la valle Papadopoli, e successivamente, il 5 novembre, quasi completamente l’isola della Donzella, che rimase sommersa per circa quattro mesi. 1966-2016. 50 anni dall’alluvione dell’isola della Donzella”.
Un po’ di storia
Ero ben conscio del fatto che nel 1966 ci fosse stata un’alluvione nel Delta del Po, un evento funesto che causò morti e danni incalcolabili, ma non sapevo esattamente le cause che avevano portato a questo “cataclisma” e men che meno sapevo che esattamente tutto era partito nel posto in cui mi trovavo. Ho provato un brivido, nel sapere che ero in un luogo così carico di storia e sentimenti.
Poi abbiamo sentito le voci degli amici che erano arrivati dietro di noi ed una battuta ed il sorriso degli amici ci hanno riportato il sereno. “Ciò gera ora che rivasi a saudar i teroni del nord!” (era ora che arrivaste a salutare i “terroni” del nord!) dopo anni che me lo suggeriva finalmente eravamo arrivati a trovare “a casa” loro Claudio ed Alessia, amici con i quali ci si trovava molto più spesso in capitale (Venezia), per appuntamenti di lavoro e svago.
La nostra chiacchierata serale è stata tutta in “lingua Veneta”. Ma dato che non so scriverla e mi toccherebbe tradurla per i non pratici, vi sintetizzo il tutto il lingua foresta ovvero l’italiano!
Un dialogo quasi “paradossale”
Claudio è una macchietta ogni due parole è immancabile sorridere, ed anche quella sera fece da istrione e da guida turistica per le zone.
Claudio, rivolto a me: “Ciò ma ti xe fulminà! Ti vol farte un giro in bici co sta pansa? No xe mejo se te porto a pranso fora anca doman?
(Ma sei matto! Vuoi farti un giro in bicicletta pur essendo in sovrappeso? Non è meglio se domani ti porto a pranzo ?
Una volta fatto vedere il percorso ai nostri ospiti, ci hanno ragguagliato su cosa avremmo visto di particolare!
La spiaggia di Barricata, la strada dei Casoni, la Sacca di Scardovari, l’oasi di Cà Mello ed il ponte di barche.
Arrivederci Isola dell’Amore, adesso mi tocca la bicicletta
Tutto il percorso si sarebbe svolto in un panorama completamente pianeggiante, dove salite e discese sarebbero state sconosciute in un territorio che è tutto un’immensa pista ciclabile in cui la bicicletta è, ovviamente, lo strumento perfetto per comprenderne fino in fondo le sfumature e le caratteristiche.
Senza allenamento alcuno, con uno stato di forma alquanto alternativo e dopo l’ennesima ottima ed abbondante cena personalmente mi stavo allarmando. Ma la mia dolce metà mi ha ricordato quella che è diventata la mia frase d’accompagnamento in tutto ciò che faccio nella vita, ovvero :”Memento Audere Semper!” (Ricordati d’osare sempre), così colpendomi spudoratamente nel mio ego ha dipanato tutti i dubbi che mi stavano arrovellando.
Salutati gli amici locali dopo pantagruelica cena e gaudente bevuta il tutto d’ottima fattura il riposo era dovuto.
(III- Continua)