Voleva spostare la Stazione Ferroviaria da Cannaregio alla Marittima, per rendere più agevole la vita ai veneziani, mentre alla Marittima i turisti avrebbero “benefiaciato” solo della circolazione acquea esterna, senza compromettere con il moto ondoso la fragilità del Canal Grande, riservato solo a residenti, gondole e barche a remi. Fu giudicato, anni ‘80, un progetto alquanto bizzarro. Ma non si fermava qui l’architetto Franco Bortoluzzi (1938-2018), già capo del dipartimento Urbanistica del Comune di Venezia. Era un vulcano di idee e di progetti e soprattutto voleva una Venezia, diversa, pronta a combattere contro i suoi mali. Non solo moto ondoso ma spopolamento, invasione turistica, b&b invadenti, immobilismo.
Bortoluzzi e Piazzale Roma
Progettò anche un piano per Piazzale Roma, dal 1932 “soluzione viaria provvisoria” per Venezia, a dirla con le parole di Eugenio Miozzi, il più grande innovatore del ‘900. Il terminal automobilistico – secondo uno degli ultimi progetti di Bortoluzzi – doveva essere sviluppato su due piani. Al primo i pullman e i taxi per i turisti, al piano terra autobus e auto per i veneziani. Il sindaco di allora, Mario Rigo, lo definiva “il primo castoro tra i castori”, tanto era il suo attaccamento alle “rive” veneziane.
Franco Bortoluzzi era qualcosa di più
Nel 2001, appena pensionato dal Comune come dirigente, presentò “gratuitamente” un piano attuativo ed esecutivo, per costruire a Venezia, 4 mila nuovi appartamenti in social housing capaci di accogliere 11 mila nuovi residenti. Il suo sogno era di riportare i terrafermieri mestrini, ma anche veneti, in centro storico. In tutte le grandi città del mondo si progetta di allontanare il traffico automobilistico e di ritornare alla pedonalitá, Venezia è la più antica città del futuro, sosteneva per amore dei paradossi. Il piano venne presentato alla Scuola Grande di San Teodoro nel 2010. Ma né l’amministrazione Costa, né Orsoni lo presero in considerazione. Nel 2017 consegnò il piano anche al sindaco Brugnaro. Ne fui scomodo testimone. L’anno dopo, Franco Bortoluzzi, moriva, lasciando il suo sogno infranto.
Voleva “tappare” con una architettura popolare, ma valida esteticamente, i buchi ancora liberi in città
Parliamo dell’area ex Enel a Cannaregio nord, a Sacca San Girolamo, in Marittima, a San Basilio, nell’ex area Italgas a Santa Marta, a Sacca Fisola e alle sacche muranesi, Serenella e S.Mattio. Divertente il progetto per centinaia di villette al Tronchetto, lato nord. Garage privato e posto barca assicurato. Oggi quel progetto é stato sostituito con un mega-albergo da 700 camere. Bortoluzzi aveva anche ipotizzato una bretella alla fine del Ponte della Libertà che collegasse direttamente l’isola del Tronchetto, con una circolazione viaria che dalla Marittima arrivasse al Garage San Marco.
Tre furono le sue principali opere realizzate che lo pongono tra i principali architetti veneziani del ‘900
L’ex ospizio San Marco a Sacca San Girolamo in rio di Cannaregio che venne elogiato nella rivista Architettura da Renzo Piano e Aldo Rossi, scusate se è poco. Le case popolari a Secco Marina, sestiere di Castello, e infine il recupero dell’isola della Certosa. Fu una battaglia vincente con il titubante sindaco Massimo Cacciari, ma alla fine il “castoro tra i castori” la ebbe vinta. La Certosa venne recuperata alla città. Oggi è un fondamentale polo culturale e nautico.
Io e Bortoluzzi
Infine un aneddoto che ci vide protagonisti. Anno 1979, mese di novembre, nebbia fitta. Franco Bortoluzzi che beneficiava di stima incondizionata da parte del sindaco socialista Mario Rigo, si fa consegnare le chiavi dell’ex Macello a San Giobbe. Un complesso storico creato dagli architetti Giuseppe Salvadori e Giovanbattista Meduna nel 1848. Il nuovo ponte ferroviario aveva modificato e ribaltato gli assi economici e strategici della città. Gli architetti ottocenteschi pensarono ad una soluzione estetica importante fronte laguna nord per una concentrazione industriale che prevedeva oltre alla macellazione del bestiame per motivi igienici (prima a Rialto, tra il campo delle Beccarie e lo Stallon…) anche l’industria della cera, della pece per le barche e perfino dei fiammiferi (i celebri e innovativi “fulminanti”). Pure il successivo e adiacente molino dei grani Passuello, rientrava in questo progetto.
Occupante
Ebbene Franco Bortoluzzi, socio fondatore della Associazione Settemari (1977) assieme al Gruppo Remiero Tre Archi, occupano abusivamente tutti gli spazi abbandonati da un ventennio ( il nuovo macello infatti era stato spostato a Mestre). Lo riempiono di barche tradizionali a remi, con il contributo non solo morale del Circolo soci della Cassa di risparmio di Venezia. Ce n’era abbastanza per l’arrivo di carabinieri e polizia. E invece, miracolo creato dagli entusiasmi della prima Vogalonga del 1975, l’ex Macello diventa il polo delle attività remiere, con regate e conferenze. Una socialità insperata nella “vecchia” Venezia. Tra gli occupanti della prima ora: Alfredo Borsato e il fratello pittore Renato, il cantante folk Umberto Da Preda, il fotografo del Gazzettino Galliano Lucchini, gli artigiani terrazzai Gianni e Bruno Griggio.
L’Expo
Nel 1988 Franco Bortoluzzi lanciò per primo l’idea di una Expo internazionale a Venezia, poi fatta propria dal ministro Gianni De Michelis. Si mise di mezzo la politica, è andata come è andata.
Il futuro non è fatto di rimpianti. La città di Siviglia, un quarto di secolo dopo, ci ringrazia ancora.