I legami storici tra la montanara Feltre e la lagunare Venezia sono sempre stati stretti e proficui. L’antica via romana Claudia Augusta univa simbolicamente le due città, vicine per traffici commerciali e non solo. Nord sud, sud nord. Dalla laguna, nelle giornate di “stravedimento”, ovvero di grande luminosità, si ammirano le vette feltrine. Per complemento, dalle Alpi nelle giornate limpide, si vede il luccichio dello specchio lagunare. Non stupisce quindi più di tanto se la Galleria d’arte moderna Carlo Rizzarda, possegga un patrimonio di vetri di Murano, da fare invidia allo stesso museo del vetro veneziano.
I vetri: un legame antico
Un legame antico creato dall’acqua del Piave, che scorre a Feltre e arriva fino in Canal Grande. Non è un caso che la festa principale, che unisce folclore e storia, Feltre, la dedichi all’anno 1404 quando dichiarò fedeltà alla Serenissima. Gli artigiani feltrini erano maestri insuperabili nell’arte del ferro e dei tessuti (il termine feltro ci dice qualcosa) e Venezia, quando si parlava di mercanzie nobili, non era seconda a nessuna realtà portuale e mercantile.
I vetri di Murano al Nizzarda
Non è affatto una coincidenza se 800 pezzi rari del vetro di Murano, si trovino alla Galleria Carlo Nizzarda.
Nizzarda era un grande artista feltrino del ferro ai tempi del liberty che fece fortuna a Milano. Dopo la sua prematura scomparsa nel 1931, ad appena 48 anni, in un incidente stradale, il rinascimentale palazzo Bovio Villabruna Cumano, venne trasformato nel 1938 in museo civico. Chiuso temporaneamente negli anni Settanta venne riaperto al pubblico nel 2001. Dal 2018 grazie alla Fondazione Carla Nasci e Ferruccio Franzoia, il museo si è arricchito di una collezione del vetro straordinaria che vale la pena di essere raccontata.
La storia
L’architetto Franzoia era stato allievo di Carlo Scarpa, l’artista veneziano oggi riconosciuto come uno dei più grandi maestri del Novecento. Carla Nasci, feltrina doc, era la figlia del generale degli alpini della Tridentina, Gabriele, eroe della catastrofica campagna di Russia, costata la vita a 90 mila soldati italiani. Il generale Nasci si trovò a difendere l’indifendibile nella Sacca del Don, a Nikolajewka in Ucraina nel 1943. Tornato in Italia, sfuggito ai nazisti, si unì alla lotta partigiana. Fu medaglia d’argento al valore militare. Morì a Venezia nel 1947 mentre stava per esse nominato comandante generale della Guardia di Finanza. Ecco di nuovo il legame che unisce l’alpina Feltre con la lagunare Venezia. Anche la nipote del generale Nasci, Cristina, già ricercatrice del CNR a Venezia, è tornata a Feltre.
Fu così che Carla e Ferruccio si innamorano dei vetri veneziani
La coincidenza volle che Carlo Scarpa, allergico ai regimi, dal 1925, si chiuse in “un lungo esilio nelle fucine alchemiche del vetro”, come ricorda lo storico Marino Barovier. Carlo Scarpa diventa direttore artistico della vetreria Giacomo Cappellin e Paolo Venini “Vetri soffiati muranesi”. Emarginato dai colleghi architetti e vittima di incomprensioni professionali (gli venne addirittura contestata la professione di architetto in quanto laureato “solo” all’Accademia di belle arti a Venezia). L’incompreso Carlo Scarpa crea una rivoluzionaria fusione tra arte e artigianato a Murano. Per la prima volta il maestro del vetro, l’operaio soffiatore, si univa in simbiosi con l’artista, quello che aveva studiato. Scarpa lo chiamava “el mestier”. Artigiano e artista non c’è differenza. Scarpa collaborò a stretto contatto di gomito (e vi ricordo il caldo infernale di una fornace), con Toso Fei e Arturo Biasutto detto “Boboli”.
Lo studio di vetri e bollicine
Carlo Scarpa lasciata la ditta Cappellin, fallita nel 1931, strinse la collaborazione con i Venini fino al 1947. Il binomio “indiavolato” tra arte pratica e accademica, produsse effetti straordinari. Studiarono assieme vetri a bollicine, sommersi, mezza filigrana, murine romane, soffiati trasparenti, lattimi corrosi, a puntini e a strisce. L’elenco creativo é lunghissimo, ma vale la pena di essere citato. Vetri a cerchi, a spirale, variegati, zigrinati, bicolori ad incalmo, rigati e tessuti, incamiciati detti cinesi, laccati rossi e neri, granulari, iridati, velati e incisi, battuti, a fasce applicate. La creatività del gruppo di lavoro, ricorda Marino Barovier non aveva limiti alla fantasia.
E i risultati, oggi che è passato quasi un secolo, sono passati alla storia
Nella sala 13 della Galleria Rizzarda, il primo periodo creativo del vetro (1921-1925), poi la fase scarpiana con il direttore Vittorio Zecchin (1925-31) infine quella della vetreria Venini (1932-47).
Un grazie di cuore ai feltrini-veneziani Carla Nasci e Ferruccio Franzoia e alla loro donazione. Se nell’acqua del Piave, grazie ai vetri di Murano, si riflette l’arte pura muranese che appartiene alla storia del mondo, il merito è anche loro.