La vita, le opere e l’amore di Sylvia Plath e Ted Hughes, i due poeti protagonisti di una storia drammatica e sconvolgente, non finiscono mai di ispirare non solo studiosi di letteratura e critici, ma anche narratori. Ultimamente sono usciti ben tre romanzi a loro dedicati, due che assumono la voce e il punto di vista di Sylvia (Antonella Grandicelli, Sylvia Plath. Le api sono tutte donne, Milano, Morellini editore, 2022 e Elin Cullhed, Euforia. Un romanzo su Sylvia Plath, Milano, Mondadori, 2022), uno che invece fa parlare Ted (Connie Palmen, Tu l’hai detto, Milano, Iperborea, 2018).
Sylia e Ted una vita da romanzo
E di romanzesco c’è moltissimo nei sette anni che questi due intellettuali trascorsero insieme, tra Inghilterra, Stati Uniti, Spagna e Francia. Sette anni intensi, brucianti di passione, di studi, di scrittura e di ricerca del successo letterario.
L’inizio
Tutto iniziò la sera del 25 febbraio 1956, a una festa a Cambridge, Sylvia, giovane poetessa americana in visita in Gran Bretagna con una borsa di studio Fullbright, c’era andata proprio per cercare di incontrare e di conoscere l’autore di quei versi che l’avevano folgorata, letti su una rivista qualche giorno prima, la “St. Botolph’s Review”. Lei, bionda, bella, spregiudicata e avida di esperienze non solo letterarie, si sentì immediatamente attratta da quel giovane alto, bello, dall’aspetto bohemienne e dai vestiti stazzonati e non troppo puliti, stella nascente della poesia inglese.
La scintilla tra Sylvia e Ted
Si appartarono ben presto dalla confusione della festa, lui la baciò sulla bocca, parlarono per tutta la notte continuando a baciarsi finché lei lo morse, quasi famelica, sulla guancia. Un morso che stillò qualche goccia di sangue e che lasciò il segno per qualche giorno. Nacque così, con un gesto violento, l’amore travolgente e maledetto tra Sylvia Plath e Ted Hughes, consumato, ma si dovrebbe dire bruciato, in pochi anni e finito tragicamente. Un amore che nelle aspettative soprattutto di lei, doveva essere perfetto: l’amore tra due poeti, che avrebbero condiviso tutto in una relazione fusionale, fatta di passioni e interessi comuni.
Un amore travolgente che cela un mistero
Sylvia è brillante e dotata, ha di fronte a sé un luminoso futuro letterario, così come il suo innamorato, che sposerà pochi mesi dopo. Ma Ted non sa, almeno inizialmente, quanto dolore, quali incubi e abissi si celino dietro allo smagliante sorriso americano e all’apparente vitalità di lei. Un rapporto con la madre estremamente conflittuale, un legame mai sciolto col padre morto quando lei era bambina.
Sylvia racconterà tutto in un romanzo
Poi un suicidio sventato per puro caso qualche anno prima, un aborto, una violenza sessuale, cure psichiatriche che ne seguirono, come poi Sylvia narrerà nel suo romanzo La campana di vetro. Tutto ciò sublimato da un fortissimo desiderio di eccellere, di soddisfare le aspettative che molti hanno riversato su di lei e che lei stessa nutre fino allo spasimo.
Perché Sylvia è importante
Leggere in sequenza i tre romanzi che ripercorrono la loro storia, conclusasi tragicamente con il suicidio di Sylvia, l’11 febbraio 1963 dopo la separazione causata dal tradimento di Ted con Assia Wevill – una splendida donna ebrea, traduttrice e pubblicitaria – è un’esperienza totalizzante e fortemente emotiva.
Sylvia narrata da Antonella Grandicelli
Antonella Grandicelli (Sylvia Plath. Le api sono tutte donne) sceglie una scrittura dalle tinte forti, dura e violenta, che dà sfogo alle ossessioni di Sylvia, all’alternarsi estenuante tra momenti euforici e vitalissimi e altri di depressione paralizzante e mortifera.
Alla scoperta di Sylvia
L’autrice riesce in modo molto efficace a rendere l’ansia da prestazione che ha consumato Plath per tutta la vita e l’ha tenuta prigioniera nel desiderio di riempire le aspettative di molti (madre e benefattori, ma soprattutto di se stessa), la sua natura possessiva e gelosa, i suoi eccessi di collera distruttiva ma anche i momenti di esaltazione gioiosa, i progetti letterari, la sua dedizione al genio poetico di Ted, il desiderio di maternità realizzato mettendo al mondo prima Frieda (1960), poi Nicholas (1962).
La narrazione in questo romanzo inizia proprio nel momento più tragico “Mi chiamo Sylvia e ho la testa nel forno” e procede in modo molto originale all’indietro, raccontando i fatti e i pensieri procedendo in senso cronologico inverso, come se la protagonista rivedesse la sua vita nel momento in cui ha deciso di concluderla ripercorrendo a ritroso tutto ciò che l’ha portata a quel punto.
Un secondo romanzo su Sylvia
Elin Cullhed, in Euforia. Un romanzo su Sylvia Plath, si concentra sull’ultimo anno della vita di Sylvia Plath, restituendoci il suo talento poetico nel momento di massima espansione e furia creativa che le darà fama postuma con la pubblicazione di Ariel (1965, a cura del marito).
Il romanzo mette in luce la disperata frustrazione che le derivava dalle incombenze di moglie separata e madre di due bambini piccoli, la difficoltà che incontrava nel farsi spazio nel mondo letterario, la stanchezza di cercare di far fronte alla quotidianità che toglieva tempo prezioso alla scrittura e alla poesia. L’illusione di trovare un luogo tranquillo dove poter lavorare senza distrazioni, che portò all’acquisto di una vecchia canonica nel Devon (1961), si infrange presto.
La nascita dei figli
Prima della nascita dei bambini Sylvia e Ted condividevano tutto; ora il marito si ritira sempre più spesso nel suo studio e lei si sente abbandonata, fagocitata dai figli che le chiedono attenzione e cure. L’ispirazione è come congelata, non trova parole, mentre Ted raccoglie premi, consensi, successo.
I fantasmi di Sylvia
Dopo l’abbandono di Ted, il ritorno a Londra, sconfitta nel suo progetto di vita, sola e stanca, Sylvia si ritroverà più che mai preda dei suoi vecchi e mai superati fantasmi che la porteranno al suicidio, facendola diventare un’icona del femminismo.
Il grido raccontato da Connie Palmen
Il suo atto estremo sarà interpretato come un grido lanciato contro la società patriarcale che costringe le donne a un eterno conflitto tra vita domestica e creatività artistica e realizzazione personale. Ma la realtà, come sempre, era più complessa di così e leggendo Il romanzo di Connie Palmen (Tu l’hai detto) che dà la parola a Ted, il puzzle si compone di maggiori tasselli evidenziando la pulsione di morte che accompagnò sua moglie per tutta la vita e che è ben evidente nella sua poesia.
La testimonianza di Ted
Qui Hughes finalmente – dopo anni di silenzio e annichilimento seguiti alla tragica morte della moglie, di cui venne accusato da parenti e amici e anche dalla pubblica opinione – rende la sua testimonianza, raccontando con toni accorati la sua versione dei fatti, lasciandosi andare all’amore per Sylvia, amore che non l’ha mai abbandonato, ammettendo i suoi errori di valutazione, ricordando i suoi tentativi di proteggerla dalle ossessioni che la tormentavano, ma anche da se stessa.
Il terzo romanzo su Sylvia e Ted
Cerca di superare e contrastare l’agiografia che è seguita alla sua morte e che l’ha condannato a vivere con un senso di colpa pesantissimo, gonfio di dolore. L’autrice si è di certo ispirata alla biografia di Anne Stevenson, Vita di Sylvia Plath (Milano, Serra e Riva editori, 1990), che riporta molti episodi violenti di Sylvia contro il marito anche prima del tradimento e della separazione: eccessi d’ira e scenate in pubblico, come anche falò di manoscritti in giardino che distrussero buona parte delle opere che Ted stava componendo.
Il segreto di Ted
Non è possibile e nemmeno giusto entrare nelle complesse dinamiche di una coppia, tanto meno di un amore malato come quello che unì Sylvia Plath e Ted Hughes. Ciò che aveva da dire lui lo covò per molti anni, fino alla pubblicazione di quel complesso e sofferto “canzoniere in morte”, se così si può definire, rappresentato da Birthday Letters, libro pubblicato nel 1998 nel quale il poeta stabilisce finalmente un pubblico dialogo con il suo grande e tormentato amore.
Scriverà nella poesia The Rabbit Catcher: “Eri rinchiusa, boccheggiante, in una camera dove io non potevo trovarti, o anche solo sentirti, e tanto meno capirti”, esplicitando quell’incomunicabilità che la passione non poteva sanare né superare.
Gli autori
Antonella Grandicelli. Nata a Genova, nel 2016 esordisce con il romanzo noir Le ali dell’angelo (Robin Edizioni), mentre nel 2021 esce per Fratelli Frilli Editori Il respiro dell’alba. Un caso per Vassallo e Martines. Ha scritto racconti per varie antologie tra cui Genovesi per sempre (Edizioni della Sera, 2019), Tutti i sapori del noir (Fratelli Frilli Editori, 2019), I luoghi del noir (Fratelli Frilli Editori, 2020), Natale a Genova (Neos Edizioni, 2019 e 2020), La Liguria sorride (Lo Studiolo, 2020). È co-founder insieme ad Arianna Destito del blog culturale TheMeltinPop.com.
Connie Palmen (1955) è una nota scrittrice olandese. Ha avuto uno straordinario successo di critica e vendite con il suo primo libro, Le leggi (Feltrinelli, 1993) a cui sono seguiti numerosi romanzi e raccolte di saggi tradotti in venti lingue. Con Tu l’hai detto ha vinto il prestigioso Premio Libris nel 2016.
Elin Cullhed (1983) è un’autrice svedese che ha debuttato, con grande successo, nel 2016 con il romanzo YA The Gods. Euforia è il suo primo romanzo per adulti e, fin dalla pubblicazione nel marzo 2021, è diventato uno dei romanzi più acclamati dalla critica. Cullhed ha maturato una vera e propria ossessione per la vita e l’opera di Sylvia Plath quando si è trovata in una posizione simile a quella di Sylvia: madre di bambini piccoli, moglie di uno scrittore come lei, in lotta per trovare spazio e tempo per il proprio lavoro. Nel novembre del 2021 Euforia ha ottenuto il più importante e prestigioso riconoscimento letterario svedese, il Premio August, ed è in corso di traduzione in diciannove lingue.
Antonella Grandicelli, Sylvia Plath. Le api sono tutte donne, Milano, Morellini editore, 2022.
Elin Cullhed, Euforia. Un romanzo su Sylvia Plath, Milano, Mondadori, 2022
Connie Palmen, Tu l’hai detto, Milano, Iperborea, 2018
Grazie ad Annalisa Bruni e a È NordEst per l’interesse mostrato per il mio lavoro.
È stato un piacere leggere il suo romanzo.