“Sono Diletta e sono tante cose. Tanti colori e forme. Vivo a Vicenza e nel sangue ho Udine, Bassano del Grappa, Napoli e Catanzaro. Una laurea in lingue, un diploma come cuoco, dieci anni a Roma, 15 anni nell’abbigliamento. E un Jack Russell, Otto, sempre accanto”. Queste le parole con cui Diletta Colosimo si presenta al mondo nel suo sito. Diletta dal 2020 dedica le sue giornate alle sue amate Pianelle Furlana che, come lei, sono anch’esse tante cose. Per chi non lo sapesse, le friulane – o furlane – chiamate anche scarpets o papusse a Venezia, sono scarpe antichissime. Sono sogni, colori, emozioni, viaggi. Erano le scarpe della domenica, le scarpe che accompagnavano la sposa all’altare nelle campagne friulane dell’800. Stiamo parlando di una calzatura che oggi viene rivista e riscoperta, senza dimenticare le sue radici lontane. Radici a cui Diletta rimane legata: tanti colori e materiali per accontentare ogni gusto di donne vicine e lontane. Una scarpa che è riuscita non solo a riemergere e reinventarsi ma Pianella Furlana arriva fino in Africa e riesce così ad arricchirsi di nuovi significati”.
Diletta, come nasce la tua Pianella?
“Come mi piace ricordare, nel sangue e nel cuore ho molte città e quindi tante anime diverse che dialogano tra loro e questo si riflette nelle scarpe che creo: ci sono influenze e tradizioni dentro di me e Pianella Furlana è una scarpa che ha fatto parte della mia vita da sempre. Poche persone le usavano, le più eleganti tra l’altro. Nel mio caso tutto è cominciato nel 2020 durante il lock down, un periodo che ha messo a dura prova l’Italia e il mondo intero, da lì insieme ad una amica di Londra ho cominciato a sognare…mi sono detta: “Provo!”. Da lì non mi sono più fermata. Ho cominciato a fare delle ricerche e a contattare degli artigiani in Friuli. Ammetto, mi sono messa fin da subito in discussione, affrontando limiti e difficoltà. All’inizio pensavo che avrei potuto dedicarmi al mercato estero e diffondere e valorizzare lo stile italiano che questa scarpa è in grado di trasmettere nel mondo. Ma si sa, la vita ha programmi che noi a volte non possiamo prevedere ed è stato proprio il mercato italiano a rispondere ed accogliere le mie creazioni in primis. Da allora ho cominciato a inventare e rivisitare. Ho esplorato colori ma soprattutto materiali differenti. Le Pianelle hanno davvero una poesia intrinseca, ora riesco a produrle in spugna, diventando così una scarpa perfetta per l’estate senza nulla togliere alla tradizione e quest’anno ho creato altre forme, gioco sullo scollo del piede e sui dettagli che la rendono unica. Quest’anno si è aggiunta anche la versione in juta e in fibre naturali, anche in canapa. Ho cercato di rivisitare la storica forma di questa intramontabile scarpa capace di ammaliare ancora. Parola d’ordine nel processo creativo: allegria. Questo è quello che vorrei trasmettere con i miei prodotti”.
Cosa ti contraddistingue?
“Mi piace ricordare l’amore che ci metto e che vedo arriva davvero all’acquirente finale: per ogni confezione scrivo un biglietto a mano e personalizzato aggiungendo delle caramelle in palette…i piccoli gesti e attenzioni alla fine ripagano sempre. Come diceva Marilyn Monroe: “non voglio fare soldi, voglio solo essere meravigliosa”.
Diletta, la Pianella in tre parole?
“Direi “cuore” appunto, “nuvola” perché è morbida e ovviamente “allegria”. Si deve sentire l’amore che c’è dentro”.
Parlando di limiti da oltrepassare, ci racconti di come Pianella Furlana è arrivata in Africa e si fa strumento di aiuto e solidarietà…
“Tutto nasce così a gennaio 202. Mi piace creare sinergia tra le persone e questa mia amica Adele in quel momento si trovava in Kenya. Non ho resistito e le ho chiesto se poteva procurarmi dei tessuti. Lei mi rispose: “Dile, perché non compriamo dei tessuti e creiamo delle Pianelle che possano contribuire concretamente alla vita qui…”. Non me lo sono fatta ripetere due volte. Così è nata la Capsule Collection Africa . Volevo i colori emozionanti dell’Africa, ma dovevo anche tenere conto del tessuto in modo che fosse resistente tanto da sopportare non solo la lavorazione ma anche garantire la qualità del prodotto. Anche perché sono tessuti stampati a mano con il metodo ”handblock” quindi si tratta di prodotti unici. E così è nata la collezione Africa: teli mare da 250 gr e ovviamente le Pianelle Furlane. Ma da lì ci siamo accorti di voler fare di più: l’approvvigionamento dell’acqua in questi luoghi è un problema concreto e reale. Da lì quindi l’idea di devolvere il ricavato della Capsule Collection Africa per costruire un pozzo nel villaggio di Mambrui. Fin da subito voglio specificare che per questo progetto non mi è possibile parlare al singolare: Adele e Giuseppe (che io chiamo scherzosamente “Giuseppi”) sono l’anima di questo progetto. Siamo in contatto costante e in questo momento Giuseppe vive a Mambrui ed è il responsabile della costruzione. Grazie a più teste e cuori siamo quindi riusciti ad avvicinare due mondi che altrimenti sarebbero rimasti lontani”.
Diletta, quando si concluderanno i lavori?
“Ad oggi il pozzo è in costruzione e con la primavera contiamo di completare i lavori e quindi garantire l’acqua agli abitanti. Vorrei scrivere su ogni mattone il nome delle persone che hanno contribuito a tutto questo. Sono le persone che muovono, spingono, inventano, sognano e così Mambrui ora fa parte di me. É un villaggio che si trova a circa dieci chilometri a nord di Malindi, alla foce del Sabaki-Galana, si parla swahili. Stiamo parlando di un villaggio di circa 1.500 abitanti, per lo più donne e bambini. Qui la popolazione ha molto da camminare per procurarsi l’acqua.
Mi piace anche specificare che la beneficenza in tal senso non deve essere “inflazionata”: in un momento storico come quello che stiamo vivendo nel quale profondi conflitti minacciano la pace nel mondo, si può incorrere nel rischio di mettere in secondo piano problemi che da molto tempo affliggono popolazioni lontane. Per usare le parole di Adele: “Questi luoghi hanno un impatto emotivo forte, impetuoso, intenso, come solo l’Africa può essere”. Io continuerò come ho sempre fatto: pace e solidarietà vanno portate avanti e nel mio piccolo – è proprio il caso di dirlo – lo farò un passo alla volta”.