Qui giace Raffaello: da lui, quando visse, la natura temette d’essere vinta, ora che egli è morto, teme di morire. Il suo corpo è sepolto al Pantheon di Roma, l’epitaffio è di quelli che lasciano senza fiato. Il grande artista è tumulato sotto l’edicola della Madonna del Sasso, detta così perché la Vergine poggia il piede sopra una pietra. Il 2020 ha contrassegnato le celebrazioni del pittore di Urbino. Cinquecento anni dalla morte, avvenuta un Venerdì Santo il 6 aprile 1520.
Raffaello e Roma
La città sembrò fermarsi nel dolore e da Roma la notizia si diffuse con incredibile rapidità in tutte le corti d’Europa. Aveva solo trentasette anni, vissuti in modo travolgente. Era bello, talentuoso, oltre che pittore, disegnatore straordinario, nonché architetto, suo l’ambizioso progetto di ricostruzione grafica della Roma antica, commissionato dal Pontefice, nasce l’idea di tutela dei beni culturali.
Ma come morì Raffaello?
Un giallo che potrebbe risolversi dopo Cinquecento anni. Giorgio Vasari racconta che la morte avvenne dopo due settimane di febbre ipotizzando come causa scatenante la malattia degli “eccessi amorosi” la sifilide, plausibile dato il suo successo con le donne. Si parla anche di congiura di palazzo, per la potenza dell’artista e i suoi troppi nemici, quindi avvelenamento. Oppure tifo, malaria?
La risposta al dilemma
L’enigma trova una risposta grazie all’equipe dell’Università di Milano – Bicocca, che ricostruendo il quadro clinico ha così sentenziato: polmonite. Malattia che non fu riconosciuta come tale dai medici dell’epoca che lo curarono con salassi, debilitando ulteriormente le sue già fragili difese. In tempi di Covid questa diagnosi suona come una premonizione, 1520 – 2020. La mostra che si apre alle Scuderie del Quirinale il 5 marzo con rigorose misure di sicurezza sanitaria e che subito dopo, alla luce degli eventi davvero drammatici che hanno sconvolto l’Italia e il mondo, chiude con tutta la bellezza dentro. Resta al buio, dormiente. Per mesi aperta solo al contatto virtuale, riapre nel giorno in cui avrebbe dovuto chiudere, quasi un percorso alla rovescia, un flash – back che gli stessi organizzatori avevano scelto per raccontare la vita del genio urbinate, da qui il titolo della mostra: Raffaello 1520 – 1483.
La chiusura
Mentre scrivo, 30 agosto, chiude veramente. Sono riuscita a vederla consapevole che avrei dovuto rinunciare alla mia passione, quella di non avere orari, di non prenotare, di scegliere all’ultimo minuto, senza programmi. In genere mi va sempre bene, niente code, poca gente nelle sale, vado alle mostre a pranzo o a cena. La gente è metodica e a quell’ora preferisce mangiare, io invece faccio colazione al Museo.
Le impossibilità
Questa volta non si poteva fare. Orario di visita fissato, termoscanner, gel per le mani, tappetino per la disinfezione delle scarpe. Ingressi contingentati a gruppi di dieci persone, 5 minuti per ogni sala. L’impossibilità di tornare indietro, adoro il flash – back e spesso esco dall’entrata per rivedere la mostra. Sono stata subito fermata come una ladra che vuole portarsi via un’opera. È giusto così. D’altra parte, “Il sogno del cavaliere (Ercole al bivio)”, un gioiellino della National Gallery di Londra, era senz’altro da rubare. Anche se ho visto molte volte le opere di Raffaello, dagli Uffizi, ai Musei Vaticani, l’evento era in ogni caso imperdibile, una grande esposizione europea con capolavori mai riuniti insieme fino ad oggi.
La mostra
Oltre 100 tra dipinti e disegni (molti della Regina Elisabetta). Importanti prestiti dall’Italia e dall’estero come il Louvre, la National Gallery, il Museo del Prado. Dal Louvre arriva lo straordinario Ritratto di Baldassarre Castiglione, umanista letterato diplomatico e militare, intellettuale finissimo, vicino ai grandi artisti, Raffaello in primis, una delle figure più rappresentative del Rinascimento italiano. Raffaello supera ben presto la fama del suo grande maestro Perugino, dell’amico Pinturicchio (di quest’ultimo ricordo la grande mostra vista a Perugia, con tappa a Spello, per il 550° anniversario dalla nascita, nel 2008).
Poco tempo
Solo 5 minuti per sala, troppo pochi per un pittore universale, ma questa è la nuova dimensione post – pandemia. Allora mi divido equamente tra le due misteriose signore che rispecchiano l’ideale di bellezza del maestro: Ritratto di donna detta La Velata degli Uffizi, e Ritratto di donna nei panni di Venere “Fornarina” di Palazzo Barberini a Roma. Sono la stessa persona?
Il Vasari
Vasari individua nella Velata, il grande amore di Raffaello: Margherita Luti, anche se l’abito sontuoso fa supporre si tratti una giovane nobildonna. In ogni caso la Fornarina accese le fantasie romantiche di intere generazioni, la passione senza fine del pittore per la bella trasteverina figlia di un fornaio. Meriterebbe cinque minuti di visita solo l’avambraccio sinistro della Fornarina, stretto da un bracciale blu e oro che in lettere capitali reca la scritta “RAPHAEL VRBINAS”, firma dell’artista e vincolo amoroso.
La polemica su Raffaello
Per togliere ogni accenno di sdolcinatura al racconto andiamo alla polemica scoppiata a pochi giorni dall’inaugurazione. Ho pensato: che bello una notizia che mi distoglie dal coronavirus! Le dimissioni in blocco del comitato scientifico delle Gallerie degli Uffizi al grido: “fermate il Ritratto di Leone X” nella lista delle opere inamovibili del Museo (un’opera è considerata inamovibile se fragile oppure fortemente identitaria). Il direttore degli Uffizi Eike Schmidt ha prontamente risposto che l’evento epocale non poteva fare a meno del Leone X, capolavoro tra l’altro in ottima salute dopo il recente restauro.
Una curiosità
Così è stato, per la gioia di tutti noi visitatori. Non poteva mancare il Papa che tanto amava l’opera di Raffaello, così vicino a lui per affinità elettive. Del resto, la tavola è nata per viaggiare, lo stesso Leone X l’aveva commissionata all’artista per inviarla a Firenze perché impossibilitato a presenziare al matrimonio del nipote Lorenzo duca di Urbino con una nobildonna parente del re di Francia. A proposito, da questa unione nacque Caterina de Medici.
Elisabetta. Grazie per l’articolo. Poi dice il vero. Una delle più brave nelle interviste !!!