Massimo Susic non ha difficoltà a dire quello che pensa, come non ne aveva quando giocava. Proprio 26 anni fa vinceva la prima Coppa Uefa della storia del Parma, giocando da titolare la finale di ritorno contro la Juventus a San Siro. Oggi allena i ragazzi del Pordenone, squadra con cui è pronto ad iniziare la sua terza stagione. Lavora con una società che tiene in forte considerazione il settore giovanile e guarda sempre avanti. Tra paragoni e aneddoti, Susic ci racconta come il calcio sia cambiato in questi anni.
Susic e l’Italia
“Tra le tante squadre quella che mi è piaciuta di più è stata proprio l’Italia. Giochiamo bene e mi piace il gruppo che è stato creato. La nostra Nazionale trova il gol sempre al momento giusto e sa difendere con lo spirito giusto, si vede che sono tutti uniti. A partire da Mancini e il suo staff, che meritano i complimenti per il lavoro fatto. Non scontato di questi tempi”.
Susic, perché dice questo?
“Perché le cose sono profondamente cambiate anche nel nostro calcio. Anni fa le squadre non potevano avere tanti stranieri nella propria rosa, i calciatori italiani più forti erano tutti titolari in Serie A. Che le cose siano cambiate, lo si capisce guardando anche la nostra Under 21: in pochi giocano nella massima categoria e quasi nessuno è titolare in una di quelle squadre. Non è facile fare il CT in queste condizioni. Per questo i complimenti non sono solo dovuti perché andiamo avanti in bellezza, ma anche perché Mancini ha il coraggio di puntare pure su giovani non sempre titolari. Una sola nota non bella: l’infortunio a Spinazzola, non ci voleva, se la diagnosi dovesse essere confermata potrebbe stare fuori qualche mese. E’ una perdita importante per questa Nazionale, lo si è visto quando Spinazzola ha imposto la sua classe e la sua vivacità”.
Qualcuno dice che l’Italia ha avuto vita facile fino alla gara col Belgio?
“Si tratta dei soliti criticoni. Vita facile? Per avere la risposta basta guardare a quello che è successo. Fuori l’Olanda, fuori la Germania, fuori la stessa Francia. Tutte le favorite hanno trovato ostacoli difficili sulla loro strada. E altre passano con fatica e solo ai rigori. Vi sembra un campionato facile? La verità è che l’Italia ha sempre imposto il suo gioco e questo ha fatto la differenza, anche contro il Belgio a dettare il gioco non sono stati i belgi numeri uno del rancking mondiale, ma gli azzurri, anzi i bianchi perché ieri giocavano in maglia bianca. In questi campionati, specie ora che uno passa o esce, nessuno ti regala niente. O sei forte o paghi”.
Susic, il calcio è cambiato molto, segue un allenatore o una squadra con un occhio di riguardo?
“Ad essere sincero, guardo prevalentemente il calcio dei settori giovanili e non ho una preferenza per le prime squadre. Seguo tutto, per quanto possibile, e cerco di aggiornarmi, aiutandomi anche con internet e guardando gli allenamenti che vengono proposti. Mi piace il lavoro svolto da alcuni club meno blasonati a livello giovanile come la Spal, squadra che ho incontrato e che mi ha stupito per la sua organizzazione. Senza dimenticare la Primavera dell’Empoli, fresca vincitrice dello scudetto”.
La sua generazione è stata piena di campioni, se la sente di fare un paragone con quelli di adesso?
“Ho avuto la fortuna di giocare con tanti campioni, sin dai miei primi tempi ad Udine con Edinho e Massimo Mauro e successivamente con Balbo e Sensini. Erano tutte persone semplicissime, campioni anche fuori dal campo. Penso a Zico, con il quale ho giocato solo qualche partitella tra Primavera e prima squadra, sufficienti però per farmi apprezzare l’uomo. Quanti giocatori così forti nel calcio di oggi si fermano con i ragazzini della Primavera? Lo stesso posso dire di Zola, per fare un altro nome. I calciatori erano forti un tempo e lo sono anche adesso, la differenza riguarda il fattore umano tra i fuoriclasse delle due generazioni. Prima vivevano tra la gente, una squadra di Serie A il sabato pomeriggio passeggiava per le strade della città in cui era in ritiro. Oggi invece sembrano blindati, quasi inarrivabili”.