Ci sono nel mondo molti vaccini contro COVID-19, la tremenda pandemia causata dal nuovo coronavirus SARS-CoV-2, di varia natura e formulazione, alcuni già autorizzati all’uso nell’uomo, molti altri in fase di sperimentazione clinica. Nel nostro Paese disponiamo attualmente di tre vaccini contro COVID-19, e per un quarto, si aspettano a giorni le decisioni in merito all’uso. Sono tutt’e quattro vaccini “genici” (gli unici tecnologicamente fattibili così velocemente come lo sono stati, in un solo anno), costituiti cioè da sequenze del gene virale che codifica la proteina Spike (S) , il componente del virus che gli consente di infettarci e contro il quale i vaccini fanno produrre nel nostro organismo gli anticorpi e le cellule di memoria immunitaria che ci proteggono. In due di essi, Pfizer BionTech e Moderna, la sequenza codificante S è direttamente l’RNA virale, negli altri due (AstraZeneca e della Janssens,, J&J) il codice è quello di un corrispondente DNA dentro ad un innocuo adenovirus che funge da vettore (vaccini vettoriali)
La domanda
La domanda che molti si pongono è quali siano le differenze fra questi vaccini, in particolare fra i due ad RNA ed i due vettoriali. In questo breve articolo proverò a rispondere a questa domanda, riferendomi ai due parametri essenziali che caratterizzano ogni vaccino, cioè sicurezza ed efficacia, una volta stabilita la buona qualità delle diverse formulazioni del prodotto e del processo di produzione. Infine chiarirò il concetto di effettività che in ultima analisi definisce il successo della campagna di vaccinazione.
Sicurezza (primum non nocere)
E’ il primo e critico parametro: il vaccino viene dato a persone sane per evitare una malattia, quindi per definizione, non deve arrecare danno, deve essere cioè sicuro. Le sperimentazioni pre-cliniche e cliniche, in particolare quella di fase 3 nell’uomo, hanno prospettato un profilo di sicurezza accettabile per tutt’e quattro i vaccini, che hanno mostrato effetti collaterali, generalmente di lieve entità e prontamente reversibili, compresi rari casi di anafilassi. Non ci sono stati decessi e nessuno dei pochi eventi richiedenti l’ospedalizzazione è stato causato dal vaccino. Tuttavia, i vaccini sono stati autorizzati in via emergenziale, che di fatto significa che la sperimentazione non è conclusa, continua nella fase 4 di farmacovigilanza nella quale vengono registrati gli eventi inaspettati dei soggetti vaccinati prima di una definitiva approvazione del vaccino, Siamo adesso in questa fase, i vaccini sono somministrati a milioni di persone ed una sospensione, come abbiamo visto, non sarebbe una novità. Anche una bocciatura è possibile, come pare sia successo per il vaccino AstraZeneca in Danimarca (Amleto ci ha insegnato che lì succedono cose strane!).
Ricordo in proposito la bocciatura ed il ritiro dal commercio del primo vaccino contro la diarrea infantile provocata dai rotavirus a causa di una grave patologia intestinale, un evento collaterale non osservato nelle fasi di sperimentazione clinica. Infatti, quando si passa dalla sperimentazione con poche migliaia di soggetti all’uso massivo nelle popolazioni emergono eventi rari o rarissimi che insorgono su centomila o milioni di soggetti.
Mentre nessun caso di particolare gravità o frequenza inaspettata è stato finora rilevato per i due vaccini ad RNA, questo è avvenuto con la trombosi trombocitopenica per il vaccino AstraZeneca, ed ha portato, proprio in questi giorni, alla sospensione di un vaccino, quello di J&J, che molto aspettavamo soprattutto perché protegge con una sola dose (per gli altri tre ne sono necessarie due). Si tratta della formazione di coaguli del sangue a livello cerebrale od intestinale , in presenza di bassi livelli di piastrine, fino alla coagulazione intravasale disseminata ed al decesso. Gli studi per capirne il meccanismo sono in corso ma si pensa il fenomeno sia dovuto ad una reazione autoimmunitaria anti-piastrine, caratteristica di donne fra i 30 ed i 60 anni, in risposta alla prima inoculazione del vaccino.
Questo evento e la sua frequenza sono tali da far definire questi due vaccini, al contrario di quelli ad RNA, non sicuri?
Allo stato dei fatti, la risposta è decisamente un NO : i vaccini restano assolutamente sicuri per:
1) la rarità dell’evento (uno su centomila come trombosi e meno di uno su un milione di dosi vaccinali come decesso);
2) per la sua limitazione ad una certa categoria di soggetti
3) perché una volta diagnosticato esistono trattamenti terapeutici (iniezione di immunoglobuline umane ed anticoagulanti per via orale) per evitare il decesso. Effetti collaterali gravi e decessi, con frequenza anche più alta, si sono verificati in passato con vaccini straordinariamente efficaci e sicuri, tanto da far quasi scomparire una malattia quale la poliomielite ed addirittura eradicare dalla popolazione umana l’agente del vaiolo. Infine, l’evento grave della vaccinazione va sempre comparato all’evento malattia : l’incidenza delle trombosi nei vaccinati è centinaia di volte più basso della stessa trombosi nei malati di COVID-19 ed i decessi circa duemila volte meno frequenti di quelli causati da COVID-19. Dobbiamo però saperne di più e vige il giusto principio di precauzione , che si applica anche perché abbiamo altri vaccini, per cui nella maggior parte dei Paesi il vaccino AstraZeneca ha restrizioni d’uso (in Italia sono escluse le donne sotto i 60 anni) e lo stesso potrebbe accadere per il vaccino J&J dopo che gli Enti regolatori l’avranno , come probabile, riammesso all’ uso. In conclusione, i vaccini vettoriali sono sicuri quanto i vaccini ad RNA ma possono avere restrizioni d’uso a causa di un evento collaterale in una categoria di soggetti e solo alla prima dose.
Efficacia
Una apparente differenza fra i due vaccini ad RNA e quelli vettoriali, è quella dell’efficacia , cioèquel valore di protezione dalla malattia determinato nella fase 3 della sperimentazione clinica. Quella dei vaccini a RNA è del 90 – 95% mentre quella dei vaccini vettoriali epidemica del 65 -80%. Mentre colpisce, e direi fosse largamente inaspettato, che vaccini come quelli ad RNA costruiti con tecnologia mai sperimentata nell’uomo siano entrambi al top della scala di efficacia dei migliori vaccini umani (in pochissimi possono vantare il 90% , forse solo quelli del morbillo e della difterite), dobbiamo chiederci cosa significhino esattamente queste percentuali e che valore reale dare alle differenze. fra i diversi vaccini. Per prima cosa, si tratta di una stima probabilistica : una efficacia dell’80% significa semplicemente che su 100 persone vaccinate 80 hanno una probabilità molto alta (usualmente fissata al 95%) di non prendere la malattia, in un intervallo di credibilità statistica, Sarebbe sbagliato pensare che il vaccino con il 95% di efficacia sia per questo solo parametro più protettivo nel mondo reale di quello con il 90% od anche meno.
Un esempio può chiarire il concetto. Nel trial di fase 3 del vaccino Pfizer-Biontech sono stati vaccinati poco più di 21000 soggetti ( ed altrettanto controlli non vaccinati) , 162 dei non vaccinati e 8 dei vaccinati si sono ammalati di COVID 19 , con una efficacia media del 95.1% ma in un intervallo di credibilità che va dal 90.3 al 97.6 %. Prendiamo adesso l’ultima sperimentazione del vaccino AstraZeneca : con poco più di 11000 vaccinati, l’efficacia è risultata del 70.4% con un intervallo di credibilità statistica molto ampio (dal 54.8 al 80.6%),. Chiaramente c’è differenza ma la massima possibile efficacia del vaccino AstraZeneca non è lontana dalla minima possibile efficacia del Pfizer-Biontech. Più importante è che l’efficacia è molto influenzata da tipo, modalità d’uso (ad esempio, una o due dosi), tempi e luoghi della sperimentazione. Solo come esempio, la sperimentazione della Pfizer-Biontech è stata fatta negli Stati Uniti , in un periodo in cui il ceppo virale circolante era quello classico della prima ondata epidemica, con la mutazione D614G mentre i due vaccini vettoriali includono soggetti testati più recentemente, in paesi come il Sud Africa ed il Brasile in cui già circolavano varianti di SARS-CoV-2 , in particolare quella sudafricana con la mutazione E484K contro cui ora è noto che i vaccini possono subire perdite di efficacia.
Effettività
Sicurezza ed efficacia di un vaccino sono condizioni necessarie ma non sufficienti a decretare il successo della vaccinazione , la sua effettività nel mondo reale, Ci sono vari altri parametri immunologici , epidemiologici e di natura pratica, che sono determinanti. Cominciamo dagli ultimi, dai costi e dalla logistica. Qui ci sono notevoli differenze fra i vaccini vettoriali e quelli ad RNA, i primi sono meno costosi e più stabili alle normali temperature della catena de freddo, conservabili per lungo tempo in semplice refrigerazione, i secondi hanno invece richiesta di temperature basse, fino a meno 80*C per quello della Pfizer BionTech. ‘E difficile pensare che i vaccini ad RNA possano essere usati nei Paesi poveri dove già la catena del freddo a 4°C è un grosso problema. Fra i parametri immunologici ed epidemiologici, decisiva è la “durata” dell’immunità che spesso viene indicata dal livello di anticorpi neutralizzanti ma che in realtà dipende da molte altre risposte, in particolare quelle dei linfociti di memoria B e T, di cui non sappiamo ancora molto. Un vaccino con una efficacia del 90% ma la cui immunità dura solo 6-8 mesi è meno “effettivo” per il controllo della malattia di un vaccino con efficacia al 75% ma immunità che dura per vari anni. Una protezione che dura meno di un anno obbligherebbe a fare richiami vaccinali sulla cui sicurezza ci sono notevoli dubbi per i vaccini genici, in particolare per quelli vettoriali.
Anche l’immunità di gregge ne è fortemente influenzata. Questa dipende da una relazione matematica fra il fattore basale di riproduzione dell’infezione R0 , cioè il numero medio di persone che possono essere contagiate da un soggetto infetto, e la copertura vaccinale, cioè la percentuale di popolazione vaccinata. Per esempio, se R0 è quasi 20 come per il morbillo e la pertosse, più del 95% delle persone devono essere vaccinate per avere l’immunità di gregge. Per l’infezione da SARS-CoV-2 R0 è stimato essere poco meno di 3, ed è sufficiente vaccinare un numero assai più basso attorno al 70%. Qui però interviene un serio problema , quello delle varianti del virus, in particolare di quella inglese ora dominante anche da noi, che ha un R0 di circa il 50% più alto del nostro primo virus e quindi una maggiore contagiosità: come conseguenza, più dell’80 % dei soggetti dovranno essere vaccinati. Infine, è ancora sotto discussione la capacità dei vaccini di prevenire l’infezione, non solo la malattia : i dati su questo sono finora positivi, ma non definitivi, per tutti i vaccini che stiamo usando.
In conclusione, non possiamo ancora definire con certezza come stanno qui le cose coi nostri vaccini perché sono passati solo pochi mesi dall’uso, I dati disponibili suggeriscono l’ esistenza di magari anche piccole differenze, sia nella durata dell’immunità che nella capacità di mantenere l’efficacia vaccinale a fronte delle varianti, ma si tratta di una situazione in divenire e abbiamo bisogno di saperne di più. Ho riassunto in una Tabella somiglianze e differenze fra i vaccini, che si ritengono realistiche con i limiti che ho qui indicato. Nuovi vaccini sono in arrivo, sia vettoriali (il vaccino russo, con due vettori distinti per prima e seconda dose : avrà gli stessi problemi degli altri due vettoriali di cui sopra?) che ad RNA (il tedesco CureVac) o con virus uccisi, come quello della Sinovac cinese (bassa efficacia) e l’americano Novavax, di particolare interesse perché fatto con la tecnica classica delle proteine ricombinanti come, ad esempio, il vaccino anti-epatite. La complessità e le differenze fra questi e gli altri vaccini arricchiranno le possibilità vaccinali e potranno anche differenziarne l’offerta a seconda le caratteristiche ed i bisogni dei soggetti da vaccinare.