“L’aria che si respira” è una metafora, diciamo un modo spiccio per definire una situazione: per esempio aiuta a fotografare i costumi di una società o l’indirizzo di una politica di governo ecc. Ma è oggi una frase che ci riguarda come popolo e come persone perché noi stiamo respirando un’aria malata, una invisibile ma concreta minaccia alla salute degli esseri viventi.La nostra attenzione alla realtà del mondo si è trasformata in allertarosso, come per l’ecologia, cioè per la crisi climatica.
Ci troviamo a vivere non solo dentro la Rete del Web, ma in quella potenzialmente micidialenella sua concretezza: una rete di fuocoe di materie tossiche checi assedia e cisgomenta.
Che cosa ci minaccia, in concreto? La scienza risponde così: i veleni chimici che le industrie, il traffico, gli impianti domestici di condizionamento sputano nell’atmosfera in tutto il pianeta. Purtroppo, la situazione odierna va corretta conun segno più da quando le guerre sono diventate anch’esse produttrici di forte inquinamento del suolo, dell’aria e delle acquee, per quanto i fronti siano lontani da qui, le conseguenze ci raggiungono subdolamente.
La violenza è grande: un motivo in più per aborrire i conflitti armati in tutte le loro brutali manifestazioni
L’Ucraina ci ha colpito molti anni prima di essere invasa dai russi: ricordate la fuga di radiazioni atomiche da Cernobyl?Controllavamo con angoscia le previsioni atmosferiche in tv… Oggi, oltre alla tragedia di Kiev, ci sono i bombardamenti aerei e missilisticisulla Palestina, in Libano e in Iran dove non solo sventrano le città e la terra e compiono massacri di umanità, ma tra i famigerati effetti collaterali della guerra, di qualsiasi guerra, “producono” le scorie di migliaia di deflagrazioni che si disperdono nella biosfera e i venti innocentisi caricano di quei veleni in sospensione e, come dicevo, li portano fino a noi, senza possibilità di scamparli.E pensare che ci impressionavano le innocue sabbie del Sahara.
L’aria che si respira non inquina soltanto uomini e terre ma, direbbe il saggio, si infiltra anche nelle nostre anime in forma di sottile angoscia.È la Minaccia senza nome.
Una domenica particolare
Oggi, domenica 17 novembre, si celebra, o almeno si raccomanda, la Giornata mondiale dei poveri. Attenzione alle parole: non è una giornata particolare dedicata alla povertà, che già sarebbe interessante: la scelta del nome, invece, è stata spostata dal concetto alle persone, dall’astrazione alla realtà visibile e vivente,perchéla povertà rivestita di carne e sangue è una presenza che ci sfiora, che ci guarda e ci interroga e, personalmente, mi aspetta ogni giorno dietro l’angolo sotto il portico dell’isolato in cui vivo…
Perfino i governanti, chiusi nel loro Palazzo, se la trovano davanti sotto forma di statistica, cioè dinumeri che non mentono: ipoveri italiani sono tanti, centinaia di migliaia, forse un milione, anche quelli che hanno un lavoro ma non riescono a“sbarcare il lunario” con la loro famiglia.
La Giornata sarà vissuta dalla nostra gente con animo diverso, essendo portatrice di un argomento che ci chiama alla solidarietà, alla giustizia sociale, alla convivenza fra diseguali ecc. In una parola, viene spontaneo questo pensiero: l’iniziativa dovrebbe trovare un’eco profonda in tutti noi, cioè nelle coscienze di chi non è prigioniero dell’indigenza. Ma sappiamo che certe coscienze sono refrattariealla fraternità e si crogiolano nelle loro ideologie ignorando che la condizione di povertà è come l’inferno: mancanza, privazione, disumanità…
La sensibilità religiosasi esprime benissimo nelle parole del Papa che riflettono il presente quando dice, sconsolato: “Quanti nuovi poveri produce questa politica fatta con le armi…”. Mai laici?,si chiederà qualcuno. Ricordo cheesiste anche una religiosità del cuore, che non pratica nessun rito o credo filosofico: c’è o non c’è.
Il saggio ci ricorda che il patrono d’Italia è un famosopovero, anzi un poverello chiamato Francesco d’Assisi.
Meditazione
(poesia)
Hanno aperto il vaso di Pandora
ma lo hanno trovato vuoto.
Hanno sventrato la Terra
ma non conteneva l’inferno.
Hanno lanciato sfide urlanti:
il nemico era un punching ball.
Hanno invocato l’Angelo nero
dell’apocalisse: assomiglia a T*.
Hanno ammazzato il passato
e piangono l’avvenire sterile.
Hanno avvelenato i depositi
del sapere: per quali futuri?
Anonimo ‘24