«La difficoltà di reperimento del personale in ambito turistico è ormai una certezza: vanno potenziate le attività con scuole e centri di formazione professionale e Its». Sono le parole del presidente nazionale di Confapi Turismo e Confapi Jesolo, Roberto Dal Cin, a commento degli ultimi dati dell’Osservatorio di Veneto Lavoro “Tartufi/60”, dedicato alla domanda di lavoro stagionale nelle aree turistiche del Veneto. Il mercato del settore negli ultimi anni ha vissuto una significativa crescita sia delle assunzioni che dei posti di lavoro ma continua a caratterizzarsi per un elevato ricorso al lavoro stagionale.Dato un contesto di crescente selettività e scarsità dell’offerta, il fabbisogno rischia sempre più spesso di rimanere insoddisfatto con una difficoltà di reperimento che tocca quasi la metà delle entrate previste dalle imprese.
Le parole del presidente di Confapi turismo
«Per continuare a rimanere competitivi – spiega Roberto Dal Cin, presidente nazionale di Confapi Turismo e presidente di Confapi Jesolo – dobbiamo mettere in campo tutte le strategie necessarie per attrarre lavoratori, fornendo loro, prima di tutto, una risposta in termini di allungamento occupazionale. Ogni anno si trovano sempre meno lavoratori. Il comparto va rilanciato prima di tutto con un potenziamento delle attività con gli Istituti Scolastici, Centri di Formazione Professionale e ITS, formando i lavoratori ‘del domani’. Quindi con i corsi di formazione, anche a favore del personale straniero e gli over 30, e con maggiori strutture che ospitino manodopera proveniente da località distanti dai luoghi di villeggiatura».
L’analisi dell’osservatorio
Secondo quanto emerso dall’Osservatorio, i lavoratori che nel corso del 2023 sono stati assunti con contratto a tempo determinato nelle principali aree turistiche del Veneto sono stati complessivamente 66 mila. La maggior parte dei quali concentrati sulla Costa veneta (23 mila). O nelle città d’arte di Padova, Treviso, Venezia, Verona e Vicenza (22 mila), e sul Lago di Garda (13 mila).
Confapi turismo e la stagionalità
Coerentemente con il fatto che il lavoro stagionale spesso si presta ad essere un impiego accessorio per giovani studenti oppure funzionale a percorsi di ingro diesso o transizione nel mercato del lavoro, ben il 50% circa dei lavoratori interessati da un rapporto di lavoro stagionale in ambito turistico ha un’età inferiore ai 35 anni. Circa la metà dei lavoratori risulta inquadrato con la qualifica di cameriere o di personale non qualificato. Quale addetti alle pulizie, facchini e custodi (21,6%), ma anche in questo caso con alcune rilevanti specificità territoriali. Gli stranieri rappresentano il 30% del totale. Ma la loro distribuzione nelle varie aree turistiche è abbastanza disomogenea. Si passa dal 16% dell’Altopiano di Asiago al 34% delle città d’arte.
«La partita più grande da cui non si si può più prescindere – conclude Dal Cin – è quella dell’allungamento della stagionalità. Favorendo nelle nostre città l’accesso di maggiori turisti e al contempo aumentando la richiesta di personale. L’accorciamento delle stagioni rappresenta un freno per i lavoratori, che si ritrovano un’occupazione troppo riduttiva, orientandosi così verso altre destinazioni o scelte professionali. Tutti temi, questi ultimi, che presidiamo costantemente ai tavoli aperti con il Ministero del Turismo per trovare soluzioni efficaci».
Le distanze
Se il 40,7% dei lavoratori con contratti a tempo determinato risiede nello stesso comune in cui lavora. negli ultimi dieci anni è aumentata sempre di più anche la quota di lavoratori che per arrivare devono percorrere anche più di 50 km dal luogo di lavoro. In particolare, dai comuni vicini, ovvero posti a una distanza inferiore ai 20 km, arriva il 18,3% dei lavoratori. Un’ulteriore quota arriva dai comuni tra i 20 e i 50 km (13,8%). E il 23,7% proviene invece da comuni posti a una distanza superiore ai 50 km.