Ci succede come da bambini, quando ci prendeva la paura di perderci nel Bosco raccontato dalla nonna: un bosco pieno d’ombre dense e vive che sarebbe diventato, più tardi, la jungla nera nei romanzi del grande Salgari e, più avanti ancora, la Foresta di Sherwood cioè il regno di Robin Hood. Qualcuno ha scritto che smarrirsi nel Bosco dell’infanzia era l’equivalente del distacco dal corpo della madre (il cordone ombelicale tagliato da una strega?)
Diciamo, però, che quel primitivo sentimento di dolorosa solitudine non solo ci opprimeva, ma aveva anche una sua forte attrazione. Il Bosco, nella nostra educazione alla vita, era anche il buio della Notte, che era cupa e magica: noi bambini vagavamo per qualche minuto in uno spazio vuoto dove la nostra voce rimbombava. E c’era sempre, nei racconti di paesaggi fiabeschi, un sentiero sicuro che ci avrebbe portato fuori da quel labirinto vischioso, ma era difficile, una volta smarrito, riuscire a ritrovarlo. Per fortuna, esistevano le fate e altre creature benevole, e qualcuna abitava… in famiglia.
Nelle nostre crisi di spavento infantile ci avvolgeva una specie di velo freddo, quasi il preludio di una vertigine: questa parola era ignota all’infanzia ma è nostra, degli adulti, e ancora ci prende, per quanto possiamo considerarci scafati e vaccinati.
Detto sottovoce, ad esorcizzare quelle angosce infantili sarebbe venuto… Halloween, una merce esotica, d’importazione nella nostra terra, dove non mancavano i fantasmi, ma oggi il gioco è diventato di largo consumo, industriale.
Invece allora si usciva da quella paura perché ce ne liberava il sorriso della nonna-fata, narratrice esperta di storie e di fiabe (distinguendo le une dalle altre) e c’era sempre il calore sicuro del suo abbraccio. Ma oggi? I nostri bambini nascondono le loro prime paure nella teatralità della maschera apotropaica che indossano e li protegge. E noi adulti? Chi viene in nostro soccorso, chi ci porta fuori dal cerchio magico e malefico della nostra jungla tenebrosa popolato da segreti e creature malefiche in agguato? Chi ci fa ritrovare il sentiero che abbiamo percorso e conduce fuori e ci libera?
Le paure degli adulti sono altra cosa, e in realtà si addensano in una sola, unica e gigantesca PAURA che non ha un nome conosciuto e ci assedia. Forse l’effetto è sempre quello: bruciamo le nostre certezze, dubitiamo della ragione e qualcuno forse aspetta un angelo o una fata che magicamente volino fino a noi, e ci liberino dal Male… Purtroppo, la verità è questa: la Realtà è il nostro Bosco.
Dove nascono gli sciacalli
Sulle rovine provocate dal cataclisma di Valencia diluviata nella settimana scorsa sono arrivati i saccheggiatori prima dei soccorsi: sembra incredibile, ma il fenomeno è antico, e si raccontano episodi cruenti, di ladri sciacalli colti in flagrante dopo un terremoto apocalittico e fucilati sul posto, come a Messina e Reggio Calabria nel 1908.
I media più moderni sono costretti a raccontare esempi di inciviltà, anzi di disumanità che un tempo si potevano forse attribuire a una società piena di sacche di povertà e miseria che potevano favorire il saccheggio. Non è così: lo sciacallismo dei barbari predatori si replica anche nella società affluent: oggi, infatti, dobbiamo constatare, amaramente, che i predatori di case sventrate, i violatori della nostra intimità familiare, gli sciacalli di ogni apocalisse d’acqua o di fuoco sorgono come funghi velenosi dopo la tempesta.
Le grandi tragedie risvegliano piccoli ma feroci appetiti. Domanda non ingenua: siamo all’Homo homini lupus? Eppure siamo andati sulla Luna, un giorno.
Sia benedetta la luce
(poesia)
Sia benedetta la luce
dell’errore, la piccola distrazione
che ti porta le braccia nelle ortiche,
il cuore che ti dura come la fiamma
di un cerino.
Sì, è così breve
e dura la vita, ma è anche il garbo
del mio gatto sul balcone,
il rumore dell’acqua nel lavandino.
Non è il poco o il molto
la soluzione, e neppure il qui
o l’altrove,
è quella grazia che ti distrae
da te stesso, quel gesto
in cui chiedi scusa per un torto.
Sia benedetta la fila dei minuti
che passo in tua compagnia
e poi sia benedetto il resto,
il niente, il nulla, il tempo morto.
Franco Arminio
Da Studi sull’amore, Einaudi 2023
Mi piace la riflessione di Franco Arminio che , però, non condivido pienamente. Gli vorrei chiedere perché scrive ” È così breve e dura la vita ” e non aggiunge quanto sia difficile viverla questa vita e come si possa continuare a vedere la luce , se non con una Fede profondissima . Conosco persone che stanno tribolando su letti d’ospedale , pieni di piaghe , su letti eufemisticamente chiamati antidecubito e che invece sono duri e legnosi, con figli che DEVONO andare a lavorare e si sentono dire che non c’è posto e il malato verrà rispedito a casa ,con il catetere infilato!!! Quanta Fede dobbiamo avere per vedere ancora “LA LUCE “……
La paura di perdere la strada del ritorno la conosco bene – dai miei sogni. Però quasi sempre la perdo ASSIEME a mio marito – facciamo parte, nel sogno, di un gruppo di persone che sono pronte e se ne vanno, mentre noi dobbiamo ancora terminare di raccogliere le nostre cose e metterle in valigia … e dopo non ci orizzontiamo più… che ansia !!
Ho paura di aver perso il sentiero nel bosco .
Cosa fare per ritornare alla strada maestra ?
Viene a proposito la ricorrenza importata dall’ America , con le zucche incise a macabra fattura…..
E , per sfatare la la paura , mangiamo il dolcetto. Dio non ci lascia soli!!!