Come ho scritto più volte, le case italiane sono troppo vecchie e, per renderle conformi alle prescrizioni in materia di consumi energetici dettate dalla Direttiva Europea “Case Green”, si rende necessario intervenire entro il 2030, anno limite per la messa a norma. Secondo una recente indagine di ANCE (Associazione Nazionale Costruttori Edili), oltre 9 milioni di edifici residenziali, sui 12 analizzati, non riuscirebbero a rispettare regole.
E come se già questo non fosse già abbastanza, stando a un rapporto dell’ENEA, si stima che circa il 75% degli immobili presenti sul territorio italiano sia stato realizzato prima della Legge 10/1991, quella che regola i consumi dell’energia negli edifici. Secondo la Direttiva “Case Green”, quindi, tutti questi edifici dovranno essere efficientati entro il 2030, per rispettare i canoni energetici ed essere così a norma con il dettato europeo.
Le case green secondo l’Europa per il 2030
La Direttiva “Case Green” stabilisce varie date entro le quali è obbligatorio raggiungere alcuni obiettivi:
- 1° gennaio 2030: tutti gli edifici residenziali dovranno passare alla classe energetica E;
- entro il 2033: tutti gli edifici residenziali dovranno essere in classe D;
- entro il 2040: tutti gli immobili dovranno essere in classe D;
- entro il 2050: tutti gli edifici dovranno essere a emissione zero.
Oltre a un taglio netto dei consumi, dovrà essere migliorato l’efficientamento energetico delle abitazioni, mettendo mano agli impianti, ai serramenti e agli isolamenti, per raggiungere l’obiettivo finale, cioè emissioni di CO2 pari a 0 entro il 2050.
Conseguenze e sanzioni se non si è in regola nel 2030
La Direttiva “Case Green” va a impattare negativamente sul mercato immobiliare italiano, provocando un forte deprezzamento degli edifici con classi energetiche più basse, ma non solo: il mercato immobiliare italiano è caratterizzato dalla presenza di molti edifici di proprietà privata, il che significa che è ancora più difficile migliorarne le condizioni energetiche.
Un’altra conseguenza è quella legata alle sanzioni previste a carico dei proprietari di edifici non a norma, decise ovviamente dai singoli stati e, ultimo ma non per ultimo, questi edifici saranno non vendibili e non affittabili o, almeno, così sembra che si stia decidendo.
Purtroppo, siamo in un momento storico molto difficile, di fronte a un bivio: da una parte, il disastro ecologico derivante (anche, ma non solo) dall’innalzamento della CO2; dall’altra parte l’obbligo di fare scelte economicamente molto difficili da realizzare come quella di efficientare l’intero patrimonio edilizio entro i prossimi 10 anni a spese dei proprietari. Quindi, cosa possiamo fare? Innanzitutto, sperare in aiuti statali come quelli dei bonus edilizi (magari in forma migliorata e strutturale) e soprattutto, chi può permetterselo, iniziare a imboccare quanto prima la strada dell’efficienza energetica.
Il calcolo della prestazione energetica degli edifici
Ma come funzionerà il nuovo metodo di calcolo della prestazione energetica degli edifici? La metodologia di calcolo che sarà adottata a livello nazionale o regionale, dovrà rispettare quanto previsto nell’Allegato I della Direttiva, che aggiunge vari aspetti finora trascurati; ad esempio, l’effetto «isola di calore urbano», il tipo di impianto di riscaldamento e condizionamento, l’impiego di energia da fonti rinnovabili, i sistemi di automazione e controllo dell’edificio, il recupero del calore dall’aria esausta o dalle acque reflue, le soluzioni intelligenti, gli elementi passivi di riscaldamento e raffrescamento, i sistemi di ombreggiamento, la qualità dell’ambiente interno, un’adeguata illuminazione naturale e le caratteristiche architettoniche dell’edificio.
In più, si dovrà tener conto, oltre alle caratteristiche termiche dell’edificio e alle componenti degli impianti di riscaldamento e di produzione di acqua calda per uso domestico, quelli di condizionamento, di ventilazione naturale e meccanica e di illuminazione), anche di:
- capacità di produzione e stoccaggio di energia rinnovabile;
- progettazione, posizione e orientamento dell’edificio, compreso il clima esterno;
- sistemi solari passivi e sistemi di protezione solare;
- domotica, sistemi di automazione e controllo per monitorare, controllare e ottimizzare la prestazione energetica dell’edificio.
Attenzione massima, inoltre, all’architettura bioclimatica; si dovrà tenere conto anche delle influenze positive dei seguenti fattori:
- esposizione al sole, illuminazione naturale, sistemi solari attivi e altri impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili;
- sistemi di cogenerazione dell’elettricità;
- sistemi di teleriscaldamento e teleraffrescamento urbano o collettivo;
- sistemi di stoccaggio dell’energia elettrica e termica;
La direttiva Case Green obbliga gli Stati membri ad aggiornare l’attestato di prestazione energetica per renderlo conforme al modello di Legge e c’è tempo fino al 29 maggio 2026.
Le nuove classi energetiche dell’Ape e gli edifici Zeb per il 2030
Cambiano le classi di prestazione energetica; in Italia, attualmente vanno dalla A4 alla G. Via le classi A1, A2, A3, A4: rimarranno solo le classi dalla A – che corrisponde agli edifici a emissioni zero – alla G – per gli edifici con le prestazioni peggiori del parco immobiliare nazionale. Gli Stati membri hanno però la possibilità di definire un’ulteriore classe, la A+ per quegli edifici la cui soglia massima per il consumo energetico è inferiore di almeno il 20% rispetto agli edifici ad emissioni zero e che generano più energia rinnovabile di quanto necessaria al suo funzionamento. Anziché la classe A, per identificare gli edifici a emissioni zero, si userà la classe A0, se è stata così decisa dallo Stato membro entro il 29 maggio 2026.
Gli Stati membri che hanno ridefinito le loro classi di prestazione energetica tra il 1° gennaio 2019 e il 28 maggio 2024, possono posticipare la ridefinizione delle loro classi di prestazione energetica fino al 31 dicembre 2029. Grande attenzione viene posta alle raccomandazioni per il miglioramento della prestazione energetica ora comprensive anche della riduzione delle emissioni di gas a effetto serra e il miglioramento della qualità degli ambienti interni dell’edificio. Possono inoltre fornire una stima dei tempi di ritorno o del rapporto costi-benefici rispetto al ciclo di vita economico, informazioni sugli incentivi finanziari disponibili, e altro.
Grande novità introdotta dalla direttiva è la possibilità di omettere le raccomandazioni, qualora l’immobile raggiunga già almeno la classe A e nel caso lo Stato abbia previsto che, contestualmente all’attestato di prestazione energetica, sia redatto il passaporto di ristrutturazione. In questo caso, il passaporto sostituisce le raccomandazioni. Le tendenze future sull’efficienza energetica, collocano l’Italia al 22° posto tra i 27 Paesi della Unione.