Stiamo discutendo su chi deve posizionare le mini-barriere di vetro per non fare entrare l’acqua alta dentro la Basilica di San Marco. Chi deve intervenire? (è sempre una questione di chi paga…). La Curia patriarcale? (in fondo è un sagrato…), il Comune, il Consorzio Venezia Nuova, l’Autorità per la laguna di Venezia, la Regione, il Provveditorato Interregionale alle Opere Pubbliche per il Veneto, Trentino A.A. Friuli Venezia Giulia? Boh. Il tutto mentre nella piccola riva del Ponte della Paglia, alcuni operai costruiscono un micro-micro Mose per evitare l’alta marea alla biglietteria di Palazzo Ducale. A 82 cm dal medio mare, Piazza San Marco, per la gioia dei turisti e dei venditori di stivali (un po’ meno per gli esercenti degli storici caffè…) va in ammollo.
Forse il micro-micro-micro Mose sarà utile più per i pic-nic dei turisti con panini.
Urge riflessione storica sul Mose
Nel 1988 (36 anni fa…) fu inaugurato all’Arsenale il primo cassone di sbarramento, con grande risonanza mediatica. Nel 1993, il Consiglio superiore dei Lavori pubblici, decise (ministro Francesco Merloni, governo Carlo Azeglio Ciampi…) che il Mose era opera decisiva, punto e basta. Non ci fu un appalto internazionale, solo perché dovevano essere solo imprese italiane (Fiat in testa…) a salvare Venezia. Piccola cattiveria: gli olandesi, super esperti in materia, sarebbero costati molto, ma molto meno. Sorvoliamo.
Perché una doverosa riflessione?
Perché, fra tre anni, nel 2027, Comune di Venezia, Città metropolitana e Regione Veneto, dovranno prendersi carico delle spese di gestione dell’opera, ovvero del Modulo sperimentale elettromeccanico, biblicamente Mose.
Oggi, ogni alzata costa 210.000 euro, ma secondo l’Autorità portuale, dopo nove ore di chiusura, siamo già a mezzo milione di costi aggiuntivi. Le navi devono pur andare a Porto Marghera a scaricare. In fondo Venezia è una città portuale, nonostante chi afferma, ambientalmente parlando, il contrario.
Il Mose dopo 21 anni
Sono passati oltre 21 anni (esattamente 14 maggio 2003), da quando il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, il presidente della Regione Veneto, Giancarlo Galan, il sindaco di Venezia, Paolo Costa, tagliarono pomposamente il nastro per la prima pietra del Mose, al Lido di Venezia. Ora, parlando sempre di date, secondo l’Ingv, l’Istituto di geofisica e vulcanologia, nel 2150, (ovvero domani l’altro…) tutta la città dei Dogi, sarà ridotta a una vasca di pesci rossi, ovvero sotto acqua per via delle fusioni delle calotte polari. Venezia sprofonda, altro dato scientifico certo, di 7 millimetri ogni 12 mesi. Fate pure voi i conti.
Ogni anno, quindi, la matematica non è un’opinione, Venezia a occhio nudo sprofonda. Basta fare un confronto con le fotografie di mezzo secolo fa. Prima la maggior parte delle rive erano asciutte e candide, oggi sono scivolose e color verde, piene di alghe. Fate voi.
Tra un secolo saremo praticamente un acquario.
L’entrata in funzione del Mose
Mi fa un po’ riflettere che da quando è entrato sperimentalmente in funzione il Mose nel 2020, abbia già subìto 22 versioni di protocollo. All’inizio doveva entrare in funzione a 1.30 di marea, oggi a 1.10, poi, ma si vedrà…
Con 110 centimetri di marea, San Marco è sotto acqua, così mezza Rialto, rio di Cannaregio e un sesto della città.
Ora le 78 paratoie mobili, sembrano diventate mobilissime. Si parla di sollevamenti asincroni. Ovvero, di chiusura alternata di una delle tre bocche di porto, a seconda dei venti di scirocco o di bora. Così si attenuerà la marea. Pare.
Un paragone coi Murazzi
E pensare che per fare i Murazzi, la più grande opera europea di protezione ambientale del ‘700, eseguita dall’inzegner chioggiotto Bernardino Zendrini, ci vollero 38 anni di lavori. Per i mezzi dell’epoca (dal 1744 al 1782) un vero record. Ma la città e la laguna era salva, almeno per i tre secoli a venire. Lo Zendrini di cambiamenti climatici, all’epoca, non se ne intendeva.
Ora, con il Mose sono passati 51 anni dalla prima legge speciale per Venezia (1973), 44 anni dal primo Progettone del ministro Nicolazzi, con la convenzione firmata dal prof. Augusto Ghetti e altri professionisti. Esattamente 40 anni, (siamo nel 1984) con l’approvazione della seconda legge speciale che assicurava i finanziamenti statali (mai rispettati però…), siamo a 21 anni dalla partenza dei lavori (2003) , e oggi assistiamo ancora alle fasi sperimentali.
Ma Venezia, come sosteneva la legge speciale n.171/73, è ancora un problema di “preminente interesse nazionale”?
Ce lo chiediamo trepidanti.
La storia recente del Mose è abbastanza triste
Nel 2014, giusto dieci anni fa, con la scandalo Mose, finirono in galera 35 persone e circa cento furono gli indagati (di destra, di sinistra e di centro…). In busta paga del Consorzio Venezia Nuova c’era un esercito, tra politici, tecnici e tira-piedi. Il presidente Giovanni Mazzacurati si gira ancora nella tomba.
L’opera è costata finora circa 6 miliardi. Miliardo più miliardo meno. Solo quest’anno (3 ottobre 2024) è stato testato definitivamente il Mose con qualche pecca. La conca di navigazione del 2002, costruita per il transito delle navi prevista a Malamocco, era andata distrutta subito dopo l’inaugurazione. Non aveva calcolato che le navi passeggeri ora superano i 300 metri. Per cui era nata obsoleta. Costò circa 400 milioni. Calcolati approssimativamente anche i danni per l’insabbiamento delle conche (in fondo i fondali sono sabbiosi…) e la corrosione e le giunture degli sbarramenti d’acciaio (dopo qualche anno andrebbero sostituiti…e costano un botto).
Il prossimo anno (2025) l’Autorità per la laguna, che ha sostituto l’ex Magistrato alle acque, dovrebbe garantire l’operatività permanente, ma Porto e istituzioni locali (Venezia e Chioggia) chiedono maggiori intese comuni. Oggi, 9 ore di stop con le dighe mobili, provocano un costo superiore al mezzo milione…e Venezia e Chioggia non hanno ancora accantonato gli stivali in centro.
E se De Michelis avesse avuto ragione?
Sembra una maledizione. Quando l’odiatissimo ministro veneziano Gianni De Michelis, mezzo secolo fa, propose la divisione della laguna con una diga di sbarramento a sud, per salvare Venezia e la portualitá, si gridò allo scandalo. E venne deriso. Morì deriso.
E se dopo 6 miliardi spesi e molte incertezze attuali, l’”avanzo da balera” come lo definì Enzo Biagi per la sua passione per le discoteche, avesse avuto ragione?