Francesca Comencini (terza delle quattro figlie di Luigi, uno dei padri della commedia all’italiana), come la sorella maggiore Cristina ha seguito le orme paterne dedicandosi alla regia cinematografica. Nelle nostre sale, dopo essere stato presentato fuori concorso a Venezia, possiamo vedere l’ultimo suo lavoro intitolato “Il tempo che ci vuole”. Diciamo subito che si tratta di un film molto coraggioso, un’autobiografia che parte dalla sua infanzia scolastica per passare al suo esordio dietro la macchina da presa, targato 1984 (aveva solo 23 anni) fino alla sua collaborazione con il padre per il remake del film “Marcellino, pane e vino” girato nel 1991. Il finale l’ho lasciamo come sempre agli spettatori.
Il tempo che ci vuole tra padre e figlia
In questo arco di storia tra padre e figlia non c’è un minimo accenno alla madre, la moglie di Luigi Comencini, la signora Giulia Grifeo di Partanna, e nemmeno alle sorelle Paola, Cristina ed Eleonora. La storia procede volutamente con un lungo “dialogo” tra i due, quasi una simbiosi dove gli altri appartenenti alla famiglia (nella realtà era molto unita) non esistono quasi a voler ricordare solo ed esclusivamente il loro rapporto, la loro relazione padre/figlia. Tant’è che anche l’appartamento dove vivono è una sorta di astrazione dal mondo attorno, ci sono solo loro due. I ricordi di Francesca con suo padre Luigi.
Il coraggio di Francesca che dopo un bellissimo prologo dedicato al periodo in cui Luigi Comencini girava il famosissimo “Pinocchio” televisivo (1972, le riprese erano del 1971) e lei frequentava la scuola elementare. La va a prendere a scuola e un giorno chiede alla maestra, prendendo in mano un cane bassotto perfettamente colorato eseguito con il pongo o con il das che si usava molto all’epoca. “L’ha fatto tutto da sola la mia bambina?”
La maestra risponde che l’ha fatto tutto Francesca. Tornano a casa a bordo dell’Alfa Romeo 1750 molto in voga in quel periodo e il padre non è molto convinto della risposta della maestra. La stessa Francesca a distanza di anni gli rivelerà che non l’aveva fatto da sola e quel dubbio del padre la ragazza se lo porterà dentro per gli anni a venire creandole una forte insicurezza nei confronti di un papà molto buono, gentile, ma dotato di grande fama e successo.
Il tempo che ci vuole nonostante i dubbi
Crescendo i dubbi aumenteranno, nonostante la presenza costante del padre, una presenza che però diventa molto ingombrante in certi momenti, soprattutto quando il padre si trova a girare dietro la macchina da presa. Il tempo scorre e Francesca entrerà in una brutta zona d’ombra dove si avvicinerà alla droga e inizierà un tragitto attraversato dall’eroina (tra l’altro già narrato nel film “Pianoforte” dove raccontava di una coppia di giovani tossicodipendenti con lui morto suicida). Il padre scoprirà Francesca chiusa in bagno con una siringa sul pavimento e da quel momento deciderà di seguirla come un’ombra, portandola inizialmente con sè a Parigi per un lungo periodo di vacanza. All’uscita dal funerale del suo ragazzo, Luigi guarderà negli occhi Francesca e le dirà: “Ora andiamo a Parigi”. Lei incredula e imbarazzata gli chiede: “Ma quanto tempo staremo” e lui risponde: “Il tempo che ci vuole!”.
Il tempo che ci vuole prima di tutto
Un ricordo struggente e bellissimo allo stesso tempo, dove il rapporto padre/figlia cancella tutti dalla loro vita. Esistono solo loro due ed è molto toccante quando racconta della bontà e dell’eleganza del padre nei confronti dei bambini e della gente. C’è una battuta in questo che vale tutto il film. Durante le riprese di “Pinocchio” l’aiuto regista di Comencini alza la voce ed in inizia a trattare male degli anziani che erano affacciati alle finestre per vedere le scene dicendogli di rientrare con tono minaccioso. Comencini interviene sgridando il suo collaboratore: “Prima la gente, la vita dopo viene il cinema!”
Regia: Francesca Comencini. Cast: Fabrizio Gifuni, Romana Maggiora Vergano, Gianfranco Gallo, Anna Mangiocavallo. Produzione: Italia/Francia. Anno: 2024. Genere: biografico. Durata: 1h50 minuti
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