Il professor Mario Monti, famoso intellettuale che i lettori ricorderanno anche come presidente del Consiglio in un periodo delicato del nostro Paese, intervistato in tv, ha rispolverato una parola che, ha ammesso, “può suonare desueta”, e cioè serietà. Proprio così: la vita ci chiede serietà.
Che ce ne sia bisogno di questi tempi, credo lo pensiamo in molti, specialmente quando la cialtronaggine di certi personaggi (nostri rappresentanti, sia chiaro) sembra essere la dote dominante dell’attività politica. Comunque, il professore non ha voluto parlare della sfera pubblica – che conosce benissimo – bensì di quella privata, e ci ha guardato in faccia come si conviene a un fustigatore dei costumi.
Certe parole ci accompagnano nel tempo, e non sempre ne comprendiamo il senso e il valore. Per esempio, da bambino, chi ha vissuto in campagna ricorderà la frase dei nonni che annunciavano un fatto grave con queste parole: “l’è on affar(e) serio”. La serietà, insomma, aveva il significato di peso sociale, addirittura di pericolo. Fare il serio era impegnativo.
A scuola, qualcosa si capiva: si partiva dall’onestà del comportamento, che significava pulizia morale, rispetto delle persone e dei loro beni, e indicava azioni corrette, cioè il dover essere seri a cominciare da sé stessi e, naturalmente, vivendo in società. Maturando, abbiamo capito che serietà corrisponde a coscienza del bene.
C ‘è da chiedersi quanto di quel patrimonio di saggezza, di cultura popolare e di civismo in fondo, che la parola recuperata contiene, viene tramesso oggi via social.
La vita in un’oasi d’acqua
Ci sono, nella città di pietra e acqua qual è Venezia, tante “gemme verdi e d’arte” e il loro nome è giardini. Molti sono nascosti, incastonati da mura gelose, altri sono vissuti e verdeggiano in plein air e sono stati studiati e raccontati da poeti e scrittori, come si conviene ad un patrimonio storico-culturale e ambientale.
Oggi ne parla un libro che viene da lontano, diciamo pure da remoto, e precisamente dal 1927, data della sua prima pubblicazione da Zanichelli, cioè quasi un secolo fa. Il titolo è Giardini di Venezia e lo ri-pubblica l’editore bolognese Pendragon che ha una propria linea green editoriale.
Ormai introvabile, questa edizione è un recupero culturale che va segnalato, in un’epoca in cui la coscienza ecologica faticosamente cerca di permeare la società del benessere.
L’autore
L’autore, Gino Damerini (1881-1967) è stato un giornalista importante (fra l’altro fondò La Gazzetta di Venezia e fu criticoteatrale al Gazzettino) e scrittore prolifico con particolare riguardo alla civiltà lagunare. Questo suo lavoro oggi resuscitato dal letargo (i libri non muoiono mai veramente nemmeno sul rogo) è per metà un “viaggio nel verde” di Venezia e per metà un percorso divulgativo attraverso i luoghi artistici della città di cui l’autore è stato “amante fedele”.
Lo stile narrativo è ancor oggi gradevole per leggerezza e ironia: in effetti, Damerini non risparmiò qualche strale bonariamente polemico per cui troviamo da una parte le “predicazioni demagogiche” di certi amministratori presi “dal palpito della vita cittadina e commerciale” in espansione, e dall’altra “la brutale megalomania napoleonica” ecc. ecc. Il suo racconto storico è intarsiato da molti testi letterari di autori italiani e stranieri, a volte così retorici da far scrivere all’autore che usano una “prosa incaramellata”…
Della storia dei giardini pubblici e privati, autentiche isole fiorite e bene collettivo veneziano “che ha bisogno di essere riscoperto” hanno parlato autorevolmente, lunedì scorso alla Libreria Coop di Mestre, la presidente del Wigwam Club Giardini storici Venezia, Mariagrazia Dammicco, che ha annunciato anche l’imminente avvio del Festival dei giardini intitolato “Venezia è un’oasi”; la docente di Architettura del paesaggio allo Iuav, Mariapia Cunico; il musicista Oreste Sabadin ha alternato la lettura di pagine da Giardini di Venezia con brani di sua invenzione eseguiti al clarinetto.
Una presentazione che, partendo da diversi punti di vista e da un libro rimasto a lungo “in sonno”, ha attualizzato lo straordinario valore intrinseco e sociale dei giardini “raggiungibili e visitabili” nella Città galleggiante.
P. S.
E i giardinieri? C’è una curiosità da segnalare: a Urbania, nelle Marche, all’Istituto tecnico di agraria sono stati licenziati i primi “giardinieri d’arte” al termine di un percorso di specializzazione che li destina alla cura e alla salvaguardia dei giardini storici, visti come veri e propri “monumenti viventi” che, fra l’altro, sono “il doppio dei musei italiani”. È nata una figura professionale nuova per un bene popolare antico.
Tormentoni
(poesia)
1.
Questo che tu chiami disagio
altri lo sentono come paura
o semplice timore del dopo
2.
In certi vuoti della mente
c’è qualcosa, dici, che batte:
forse è l’eco del tuo cuore
3.
Un’ombra ti segue, insistente
e pettegola nel suo mormorio:
lasciala stare, male non fare…
4.
“Interrogate gli altrui silenzi”
propone lo scienziato: ma tu
tu che cosa sai dei tuoi…
5.
Ci sono tante parole in noi
che potrebbero nutrire
un mondo intero di muti
6.
“Libera la bestia che dorme
nella tua coscienza!” Ma se
poi azzanna me per primo?
Anonimo ‘24