“Ricordo quando mi spiegava che in Svezia i bambini di 5-6 anni quando entrano in campo occupano già uno spazio che porteranno avanti nella loro eventuale carriera. Di solito in Italia quasi tutti vorrebbero fare gli attaccanti per la gioia di segnare”. Celeste Pin da San Martino Colle Umberto, le bellissime colline della Marca Trevigiana, ricorda quando nell’estate del 1987 in ritiro con la Fiorentina, vide arrivare un nuovo allenatore. Dopo il sergente di ferro Eugenio Bersellini fu la volta di Sven Goran Eriksson, tecnico svedese morto nei giorni scorsi. Il “rettore di Torsby”, così come veniva chiamato l’allenatore appena scomparso, anche in riferimento alla sua preparazione e alla sua cultura, arrivava da una esperienza nella Capitale sponda giallorossa con un curriculum di tutto rispetto: scudetto sfiorato, anzi buttato via in casa contro un Lecce già retrocesso e la conquista della Coppa Italia.
Ritiro a Castel del Piano. Pin provi a raccontarci quel signore elegante con quell’aria un po’ distaccata.
“La famiglia Pontello lo vedeva come un tecnico in grado di mettere in pratica un calcio moderno, lui aveva la zona nel Dna. Arrivò a Firenze ed il suo secondo era Sergio Santarini, campione che fu di grande aiuto. Era una persona diversa visto che avevo avuto fino a quel momento tutti tecnici italiani come appunto Bersellini, Ilario Castagner, Aldo Agroppi, Picchio De Sisti, Gustavo Giagnoni, Ferruccio Valcareggi e Renzo Ulivieri. Per me fu il primo straniero”.
Quale fu l’impatto? A proposito, corrisponde al vero il fatto che con Roberto Baggio ci fu qualche difficoltà?
“Molta curiosità e fascino. Faticava un po’ con la lingua italiana. Non ho mai visto incomprensioni con il Divin Codino. E’ però vero che Il primo anno c’erano Ramon Diaz e appunto Roby, ed Eriksson sosteneva che loro due non potevano coesistere perché entrambi non erano portati a rientrare. Lui voleva una punta e una mezza punta che sapesse rientrare”.
Pin, l’anno dopo la musica cambiò…
“Diaz andò all’Inter e con Aldo Serena formò una coppia da 34 gol!. Con l’arrivo del compianto Stefano Borgonovo e Baggio si formò la B2 e i risultati arrivarono. Quindi Dunga come mediano, Salvadori dal Milan in prestito, Cucchi (anche lui morto prematuramente) come mezzala e Fuser esterno: 4 4 1 1. La difesa era ben coperta. Quell’anno centrammo la zona Uefa con tanto di spareggio e vittoria contro la Roma con gol dell’ex …un certo Roberto Pruzzo di professione bomber”
Pin, il carattere del mister svedese?
“Bravissima persona. Aveva un modo di approcciare sempre uguale sia nelle vittorie, pareggio o sconfitta. Faceva entrare un giocatore nuovo, ma non modificava il suo credo. Un esteta del calcio, in grado di proporre un calcio moderno fatto di corsa, zona, pressing e fuorigioco”.
In spogliatoio come si comportava?
“Faceva le sue riunioni come tutti, sempre con tono pacato mai alzava la voce. A me diceva che i tifosi della Viola mi stimavano. Mi chiedeva dei consigli per capire l’umore della tifoseria viola. Lui era molto sereno. La tifoseria a volte in Italia è spietata specie dopo una sconfitta. Neppure un difensore di alto livello come Glenn Hysen, anche lui svedese, capiva le contestazioni dopo una sconfitta, per loro erano inconcepibili”.
Pin, come lo collocheresti nella tua classifica personale?
“Ogni allenatore fa storia a se’ ognuno ha il suo carattere. Sven era un equilibrato”.
Oggi Pin allena i bambini della scuola calcio Club Sportivo di Firenze classe 2010 affiliati alla Fiorentina.