A volte vedi un oggetto, e subito scatta in te una parola, o una situazione: è il gioco sorprendente della memoria, questa forza che ci nutre nel corso delle civiltà e, più terra terra, dà aria ai nostri pensieri quotidiani, nel bene come nelle tristia. Se ne trovano le tracce nei luoghi che frequentiamo, anche in vacanza, e scoprirli ci socchiude una finestra sulla realtà (che poi è storia…)
A me è capitato tra Fiera di Primiero e Transacqua. Sono quattro “segni “facili da leggere. Un cartiglio che recita “Bottega storica trentina” posto all’ingresso del bar preferito: memoria scritta di una lunga appartenenza, di un costume, di una comunità che viene da lontano e si esprime con sicurezza di pensiero e di orgoglio sociale.
Poi, nel centro di Fiera, una targhetta di forma ovale e lucente inchiodata sulla spalliera di una panchina nel centro della città ricorda che lì, davanti all’uscio di casa nei pressi della Pieve, sedeva un tempo l’amata “Zia Mady”, e i pronipoti la ricordano a noi passanti, iscrivendola così nella nostra memoria con queste parole: “Senza di Lei, questa è solo una panchina”. Non hanno messo una data, forse perché, si sa, la memoria del cuore non ha confini di tempo. Messaggio commovente che “fa” storia.
Ancora: al di là del torrente Cismon, a mezza collina, posato su un’edicola consacrata ad un bianco Gesù Crocifisso, c’è un vaso di vetro giallo, contenente una piantina ornamentale fresca, su cui sta scritto un maiuscolo “Grazie” contornato dalle firme di una scolaresca: devozione e riconoscenza. Nell’aria del mattino vaniva il gloglottìo di un ruscello chiamato Rivo Maggiore: memoria della terra.
Altri studenti, questa volta in passeggiata al Navoi, si divertivano a citare a memoria la prima terzina della Divina Commedia e noi, in sintonia sorridente, l’abbiamo completata con le ultime parole: “ché la diritta via era smarrita”.
Così la memoria, questa forza che sostiene il nostro essere umani, ha unito i forestieri e i cittadini di una piccola città in un muto dialogo e nella condivisione di valori sempre spendibili.
La pelle di zigrino
Statistica, proiezioni, futuro. Tre parole che, se osservate con la lente del presente, ci dicono che dobbiamo pensare in grande, cioè oltre la nostra individualità o, meglio, pensarci in questo momento storico come un popolo che dà numeri preoccupanti. E non è una metafora. E’ l’Istat che parla, l’Istituto italiano di statistica che ha disegnato il nostro futuro dal punto di vista del “censimento generale” che ci fotografa in questo preciso momento della nostra storia.
In altre parole, gli italiani stanno diminuendo in modo irrefrenabile come proprio la scienza statistica e le sue proiezioni dice con la freddezza matematica. Ci aspetta un domani di vecchi single, culle vuote, economia anfanante, immigrazioni necessarie…
Un popolo in declino è un evento storico drammatico, e non è nel lontano futuro ma adesso: il futuro è già cominciato. “Mi fa pensare a “La pelle di zigrino” dice il letterato che ricorda il romanzo fantastico di Balzac in cui il destino di un uomo è legato appunto a una pelle imbevuta di magia che rimpicciolisce inesorabilmente fino a scomparire nel Nulla e perciò trascina nella sua finitudine una persona che non ha scampo. Il Fato non perdona: e questa è letteratura.
Frammenti
(poesia)
Hai afferrato il vento
con le tue mani:
era fresco.
Hai letto Thomas Mann
Le storie di Giuseppe: biblico!
Hai numerato le stelle
ricordando
una aiuola in fiore.
Ieri abbiamo ascoltato
musica con Muti: fantastico.
Ti ho sentita pregare,
un lento mormorio:
ho meditato.
Si chiede cosa sia il tempo?
Forse il Tempo è la sua stessa misura.
Abbiamo bevuto vino bianco
di sera sul balcone:
era profumato.
L’ombra di questo secolo
è in transizione sui nostri cuori.
Abbiamo sognato insieme
nel letto nuziale:
felicità donata.
Anonimo ‘24