Chi è Jeeg Robot? Chiedete a un bambino di fine anni Settanta, saprà rispondere senza esitazione ma, prima vi dirà che “chi è?” non è la domanda esatta. Bisogna chiedersi “che cosa è Jeeg”.
Chi è Jeeg
Jeeg Robot è il protagonista di una serie di cartoni animati giapponesi (anime) in 46 episodi, tratta da un fumetto giapponese di Go Nagai , uno dei principali autori di manga. L’adattamento italiano è andato in onda per la prima volta su Canale 51/Rete A nell’aprile 1979 con il titolo Jeeg Robot d’acciaio.
La serie dei robot
La serie fa parte del genere robot, uno dei grandi filoni dell’animazione giapponese approdata in Italia a partire da fine anni Settanta. Jeeg è stato il primo “robottone” arrivato al pubblico dei bambini italiani, precedendo di pochi mesi il Grande Mazinga, diffuso su Canale 5 nel dicembre del 1979.
La trama e i simboli in Jeeg
Pur complesso come trama, come tutti gli anime giapponesi, anche Jeeg corrisponde allo schema delle serie analoghe: il giovane Hiroshi (come dimenticare la sua giacca sfrangiata e la sua moto?) per una serie di complicate vicende viene investito della responsabilità di difendere, in una guerra tra robot, il mondo da una minaccia esterna, in questo caso un antico popolo malvagio ibernato nella roccia e pronto a riemergere grazie alle iscrizioni conservate su una campana, rinvenuta dal padre di Hiroshi durante uno scavo archeologico.
L’animo umano e la sua etica
Come sempre, il giovane protagonista umano guida (fisicamente e metaforicamente) la testa del robot, che per il resto è un assemblaggio spettacolare di parti diverse che si combinano, al momento di andare in missione, a formare l’enorme corpo di un guerriero robotico antropomorfo.
La squadra di Jeeg
Per fare questo, e arrivare a salvare il mondo, il giovane affronta (in squadra con altri, tra loro la giovane Miwa, e potendo contare sulla saggezza antica lasciata in eredità dal padre Shiba paleoantropologo che ha riversato la sua mente in un computer) prove difficili e rischiose, che chiamano in causa il senso del sacrificio che rimanda all’etica dei samurai. Proprio alla fine sarà il professor Shiba in versione computerizzata a scagliarsi contro il Signore del Drago risvegliato da Himika morendo per permettere al figlio di trionfare.
Gli avversari
Gli avversari del regno Jamatai sono un omaggio alla tradizione nipponica. Si rifanno, infatti, alla reale stirpe protostorica denominata Yamatai. Guidati dalla regina Himika (ripresa dalla regina Himiko realmente esistita nella protostoria del Giappone) gli Haniwa si risvegliano dopo secoli di ibernazione. Guidati dalla regina e dai ministri Ikima, Amaso e Mimashi, uccidono il professor Shiba per conquistare il Mondo.
La trasformazione
Shiba però aveva appena fatto in tempo a trapiantare nel corpo di Hiroshi la campana di bronzo che li aveva risvegliati. La campana ridotta a ciondolo, insieme a guanti speciali permetteranno al figlio di diventare la testa pensante del Jeeg che si formerà unendosi ai componenti lanciati dalla navicella guidata da Miwa al grido di “Miwa lanciami i componenti”
Le battaglie in Jeeg
La guerra è una sequenza di esplosioni, ed è intrisa del rischio che il nemico disponga di armi definitive, con ogni probabilità retaggio del timore ancestrale del popolo giapponese che aveva vissuto da poco il trauma di Hiroshima e Nagasaki, ricordo che non impedì agli adulti italiani dell’epoca di preoccuparsi per l’intrinseca violenza del prodotto proposto ai loro bambini.
La conquista della maturità
Il valore della conquista, per il giovane Hiroshi, inizialmente ragazzino sportivo un po’ scapestrato vestito un po’ alla Elvis Presley, non è soltanto la salvezza del pianeta e dell’umanità, ma l’acquisizione della maturità e della saggezza dell’età adulta.
Il mistero della sigla: Pelù o non Pelù?
Per la sigla italiana del cartone venne usata la base della versione giapponese, sovrapponendo il minimoog perché la pista originale mono era qualitativamente scadente. A cantare il brano fu chiamato Roberto Fogu, in arte Fogus, e il disco vendette molto, ma non moltissimo. Nonostante la grande popolarità di Jeeg e di tutto il suo merchandising. Quanto a Piero Pelù, una delle più ingenue, persistenti (e oggi portatrici sane di tenerezza) leggende metropolitane pre-Internet voleva il cantante dei Litfiba quale vero interprete della sigla storica al posto del povero Fogus (volato in cielo nel ’95). Con tutto che Pelù nel ’79 aveva solo 17 anni. Ma siccome le cose succedono, a furia di menargli il torrone con questa storia, alla fine la sigla l’ha cantata anche lui, nel 2008. Leggende metropolitane che diventano realtà, a furia di toccare il diretto interessato.
Conclusioni
Jeeg si può considerare un prodotto del Giappone “di mezzo”. La serie si colloca alla metà degli anni ’70 e le ambientazioni e mode occidentali sono molto presenti. La tuta di Hiroshi, ispirata a quelle di Elvis, la minigonna di Miwa, le potenti moto. Detto così sembra facile. Ma dietro c’è la questione del “potere”. In Jeeg è una commistione di forza e buon senso (a differenza di Tetsuya che vive solo per combattere) e il “pensiero e azione” che permettono a Hiroshi di trasformarsi attraverso l’aiuto del Big Shooter che fa da tramite con la base. Una sorta di “fortezza della solitudine” nella quale è conservata la coscienza del padre. Per terminare con il Porfessor Dairi, padre putativo per Hiroshi.
Tante curiosità su Jeeg
Lo chiamavano Jeeg Robot. Però prima di Mainetti, di Santamaria e dello Zingaro. Molto prima. Serie giapponese classe ’75, Jeeg Robot d’Acciaio sbarca sulla TV italiana nel ’79, con le sue gambe salsicciotte a fantasia anguria, la moto indistruttibile di Hiroshi (giovane emulo di Elvis con i calzini fucsia) e i suoi mostri Haniwa da ridurre in coriandoli con una presa dell’orso e un doppio maglio perforante bucapetto. E il mondo, per tanti, tantissimi giovani italiani, non sarebbe più stato lo stesso. Il modo di guardare ai guanti gialli, neppure. Ecco alcune cose che forse non sapevate su Jeeg!
Lo zio del barone
Come tante altre serie anime, Jeeg Robot d’Acciaio (Kotetsu Jigu) nasce su commissione. La Takara, azienda nipponica del giocattolo che per vie traverse e lo zampino degli americani contribuirà anni dopo alla nascita dei Transformers, chiede a Go Nagai, il papà di Goldrake e dei Mazinga, di tirar fuori un’idea per un robot componibile. Perché l’azienda ha in cantiere dei nuovi pupazzetti della sua linea Microman in cui le parti si aggancino mediante delle sfere magnetiche. E là, ecco la storia dei “componenti” lanciati da Miwa a bordo del Big Shooter. Il concept e gli stampi di Jeeg verranno impiegati due anni dopo (1977) da Takara per dei giocattoli che in Italia avrebbero raccolto un enorme successo con il nome di Micronauti.
I ragazzini dei primi anni 80 che si scervellavano sulla somiglianza tra Jeeg e i vari Baron Karza, Force Commander, etc. (che avevano tanto di cavalli su cui agganciare il busto del robot, come faceva Jeeg Robot) venduti dal giocattolaio, non potevano immaginare che tutto provenisse dalle stesse fabbriche. Takara commissionò l’anno dopo un altro robot televisivo dalle caratteristiche simili per spingere le vendite dei suoi giocattoli calamitati. E ora sapete com’è nato anche Gackeen, il robot magnetico.
La vera regina nemica di Jeeg
Se per i Mazinga si era ispirato alle leggende micenee, per Jeeg Robot Go Nagai pescò a piene mani dalla storia remota del Giappone. Quella del periodo Yayoi, dal III secolo a.C. al III d.C., un’epoca in cui prosperò il potente Regno Yamatai, proprio quello che ritorna dal passato, riemergendo dalle rocce, in Jeeg. Quella cultura era molto legata agli oggetti in bronzo, in particolar modo alle campane usate durante i riti sacri, il che spiega quella miniaturizzata con grande praticità nel petto di Hiroshi.
La stessa regina Himika si rifà alla figura di una leggendaria regina sciamana realmente esistita, Himiko. Da notare le suggestive acconciature dei suoi sudditi. Sono le stesse, con quei bizzarri codini laterali, di quelle portate dai soldati della regina mostruosa nell’anime. E così tanti altri nomi e figure del cartone richiamano storia e antiche leggende giapponesi. Compresa l’astronave Yamatai, versione sci-fi di un mostro mitologico: Orochi, un drago a otto teste.
Cyborg al quadrato
Prima di accartocciarsi per formare la testa di Jeeg, Hiroshi Shiba – tramutato in un cyborg da suo padre, per salvargli la vita – assume l’aspetto di una sorta di demone cornuto. In tuta da ginnastica. Nel corso della serie, però, questa configurazione intermedia assunta dal ragazzo cambia. La seconda versione cyborg, con casco e pipistrello alla Batman sul petto, è una strizzata d’occhio ai tokusatsu, gli eroi dei telefilm giapponesi, che in quegli anni vanno fortissimo sulle TV dell’arcipelago nipponico.
La posa assunta durante la trasformazione da Hiroshi è invece una scopiazzatura bella e buona dei disegni del grande Burne Hogarth, fumettista e autore di celebri (e ricalcatissimi in tutto il pianeta, appunto) libri sull’anatomia artistica.
Morite tante volte, mostri di roccia!
Il film di Mainetti non è stata la prima pellicola ad arrivare nei cinema italiani con il nome di Jeeg. C’era stato infatti, già a fine ’79, La più grande vittoria di Jeeg Robot (aka Jeeg il robot d’acciaio contro i mostri di roccia!), un film di montaggio realizzato assemblando vari episodi della serie. Di scarso valore (è un’accozzaglia di scene di combattimento), soprattutto oggi che in DVD è disponibile la serie originale nella sua interezza, il film è stato riproposto più volte in home video, da ultimo in una versione DVD una decina di anni fa, con tanto di interviste ai doppiatori originali come extra.
Il pupillo, le pupille e gli strani cambiamenti del nuovo Jeeg
Nel 2007, un nuovo Jeeg fa la sua comparsa sulla TV giapponese. Kotetsushin Jeeg (da noi anche Shin Jeeg Robot d’acciaio) è una serie di 13 episodi trasmessa qualche anno fa anche in Italia, con tanto di linea di giocattoli ufficiali al seguito. La storia è ambientata 50 anni dopo l’originale, con una Miwa invecchiata, un nuovo protagonista e il ritorno di Hiroshi. Sembra un seguito, ma tante cose non collimano (dalla natura di Himika al Professor Shiba redivivo), rendendolo una sorta di sequel parallelo. O quello che è. Nel gran finale, torna in azione anche il vecchio Jeeg per dare una mano a quello nuovo.
Solo che qualcuno, per una qualche incomprensibile ragione, gli ha piazzato due pupille insignificanti negli occhi.
Jeeg violento
Jeeg Hiryuden è invece un reboot a fumetti di Jeeg, uscito in Giappone nel 2016. Una versione adulta e violenta, con un mix di arti marziali (Hiroshi pratica una sorta di kung fu) e complotti governativi. Ché i mostri di roccia, ormai, non sono più questo grande problema, c’è sicuramente di peggio. È firmata dal mangaka Shinobu Kaze e di prossima pubblicazione anche in Italia.
La storia (vera) della sigla di Jeeg Robot
Per la sigla italiana del cartone venne usata la base della versione giapponese, sovrapponendo il minimoog perché la pista originale mono era qualitativamente scadente.
Cosa si inventano per Jeeg
La CLS Records pubblicò infatti il 45 giri con la faccia di uno dei generali di Himika, Amaso, anziché quella di Jeeg. Semplicemente, non si aveva molta fiducia nella riuscita del disco. Mariano, proprietario della CLS, era convinto che la sigla di un cartone mandato in onda dalle rete private, anziché dalla RAI, non avesse molte chance. Nonchè non si conoscevano le fattezze di Jeeg e quella c’era come immagine disponibile. Esiste un’altra versione della sigla, cantata dai Superobots e uscita come lato B del disco Il Grande Mazinger, lanciato tempo prima da un’altra etichetta per soddisfare le richieste dei giovani spettatori.
Le curiosità di Jeeg
A chi poter lasciare le curiositò del grande Jeeg se non all’amivo Vecchio Nerd alias Thomas Scalera?. Ecco a voi le sue considerazioni.
Scusate se sono pignolo,ma all’inizio viene detto che Jeeg è il primo robottone a sbarcare in Italia(1979),cosa effettivamente vera, però bisogna ricordare di uno venuto prima di lui,e anche più famoso,ovvero ufo robot Goldrake(aprile 1978).😂😂😂