Oltre mezzo secolo di calcio tra campo e panchina. Eppure non intende smettere. A 68 anni vuole proseguire ad allenare perché dice “Allenare comporta sacrifici ma mi diverte”. Alberto Cavasin trevigiano di Fiera ha ancora voglia di dimostrare respirare il clima dello spogliatoio, la tensione prima di entrare nel rettangolo di gioco. Lui terzino destro, difensore dalla marcature asfissiante (oggi ruolo in pratica scomparso) che ha girato l’Italia da Nord a Sud, inizia la sua carriera a Silea in promozione un paesino all’epoca appena fuori Treviso. A credere in lui Leonida Coghetto (una delle voci di spicco di una delle prime radio private nate a livello nazionale Radio Treviso Alfa).
L’esordio di Cavasin con il suo Treviso
A 17 anni l’arrivo a Treviso, casa sua, in serie D. Vittoria del campionato con Massimo Giacomini in panchina . Trasferimento in Irpinia ad Avellino in serie B “l’anno più formativo della mia vita perché ho conosciuto un ambiente di professionisti e me ne andavo lontano da casa” racconta oggi l’ex difensore della Marca. Ritiri e contestazioni, salvezza centrata. I “lupi” irpini hanno un pubblico molto esigente, i tifosi sono attaccatissimi alla squadra. Si torna al Nord precisamente a Bergamo con l’Atalanta in serie A. Un anno meraviglioso indimenticabile per il giovane trevigiano che coinciderà con l’esordio nella massima serie allo stadio comunale di Torino contro la Juve. Quindi tre anni alla Spal, in cui si consolida come giocatore. Poi a Verona dove vince il campionato di serie B con gli scaligeri, in panchina c’è un altro grande del nostro calcio Osvaldo Bagnoli. Ritorno al Sul prima a Catanzaro, poi a Bari alla corte di Vincenzo Matarrese, con tre campionati vinti di fila dalla C alla A. Quel Bari nella stagione 1983/84 arrivò in semifinale di coppa Italia unica squadra finora di serie C eliminando la Juve di Platini e la Fiorentina di Passarella e Bertoni.
L’arrivo di Cavasin a Cesena
Maciste Bolchi lo stima tanto e lo porta in Romagna a Cesena: un altro campionato di serie B vinto poi in A con Albertino Bigon. In quel Cesena c’erano Sebastiano Rossi poi portiere dei record con il Milan, Agostino Di Bartolomei “Ago” scomparso tragicamente trent’anni fa e un giovanissimo Ruggiero Rizzitelli che più tardi vincerà lo scudetto in Bundesliga con il Trap. Finale di carriera vicino a casa, nella città del Santo a Padova. Circa 400 le presenze tra i professionisti. Lunga anche la carriera di allenatore con la conquista della Panchina d’oro grazie alla salvezza con il Lecce nel 2000.
Mister Cavasin, quale l’allenatore che nella tua lunga carriera le ha lasciato un segno?
“Bolchi mi stimava. Bagnoli un genio della panchina e persona meravigliosa. Bigon allenatore capace con una marcia in più era rampante. Si vedeva che aveva metodi diversi, disinvoltura nei rapporti e nella conduzione. Cacciagli bravo. Titta Rota era un monumento per me ma con tutti sono sempre andato d’accordo”
L’attaccante più difficile, il più “odioso” che ha marcato?
“Maradona l’ho marcato due volte. Era il più forte lo definisco immarcabile era fuori da ogni logica. Tanto che ne conservo come un cimelio la maglietta che ci siamo scambiati a fine partita. Poi ho marcato anche il grande Paolo Rossi e mai con me ha segnato eppure in area era fortissimo. Dopo Maradona metto Spillo Altobelli, agile, longilineo e forte di testa. Tanta roba. Vialli era veloce e potente. Zico il classico numero 10, non faceva duelli, ma assist perfetti e palla al piede entrava in area. Non dimentichiamo Platini, sia chiaro.
Il compagno di squadra che ricorda di più?
“Dario Sanguin ho condiviso molti ritiri con lui, come me veneto. Da tanto che non ci sentiamo”
Oggi c’è un Cavasin in giro?
“ I miei pregi erano di una marcatura molto attenta ma non un picchiatore. Finivo il campionato senza quasi mai una squalifica. Il mio uomo difficilmente faceva gol perché ero applicato e attento. Ero un giocatore tra A e B altrimenti sarei andato in nazionale. Andavo sempre sulla seconda punta poco sul centravanti, all’epoca il marcatore marcava e non giocava più di tanto la palla. Oggi vedo bravissimi giocatori ma in certe situazioni beccano gol clamorosi. Non puoi marcare Lautaro distante un metro, non devi farlo girare. Se è di spalle come fa a girarsi? Oggi vedo troppi uomini liberi in area. Non è questione di zona o uomo ci devono essere le marcature”.
Il più forte che hai avuto con te?
“Di Bartolomei mi ha stupito. E’ venuto in una squadra che non era per lui. E invece ci ha fatto fare un salto di qualità, lo ha voluto Bigon e con lui è cambiata la musica. All’inizio abbiamo faticato poi ci siamo salvati al nono posto. Lui ci ha dato una buona spinta. Edy Bivi a Bari e Catanzaro. Una punta veloce, tecnicamente un bomber un po’ Pippo Inzaghi una viperina in area col fiuto del gol. Poi Rizzitelli che andò a Roma e a Monaco di Baviera un bell’attaccante. Quindi Sebastiano Rossi con lui a 20 anni in porta non si passava. E la sua carriera lo dimostra”.
Cavasin, la vedremo quindi di nuovo in panchina?
“Sono pronto per allenare ancora senza frenesia sono ancora in pista se trovo la squadra vado. Allenare comporta sacrifici ma mi diverte. Potevo andare in Congo mi piacerebbe allenare in Africa perché ci sono potenziali interessanti, lì si può trasmettere ed insegnare. Se c’è una squadra di un certo livello e garanzie sono pronto alla sfida”
Buongiorno sig. Balconi
Oggi Cavasin , è in Italia oppure in Africa ad allenare?
Al momento è in Italia ma non sta allenando