Continue e drammatiche si seguono le notizie di morti ed infortuni gravi sul lavoro. L’intera Italia e pressoché tutti i settori produttivi vi sono coinvolti, in una inarrestabile rincorsa verso il peggio. Dibattiti continui ed accorati appelli di coscienziosi esperti non riescono a produrre risultati concreti sul fronte della prevenzione, in una realtà lavorativa apparentemente frastornata dagli avvenimenti. Non si può morire di lavoro. La risposta della politica non risulta avere inciso sul numero dei decessi ed aver indicato un percorso concreto d’uscita da questa diffusa e grave difficoltà che lavoratori e imprese incontrano quotidianamente.
Risulta forse necessario intraprendere un percorso di riflessione diverso, ponendo al centro non tanto gli episodi drammatici, che come tali vengono percepiti in una sfera di eccezionalità, bensì la possibile e ricorrente difficoltà che ciascuno può incontrare nella quotidianità del proprio lavoro, le lesività minori, le piccole costrizioni fisiche e psicologiche che tutti vivono ogni giorno, e che si considerano quasi normali ed inevitabili e si vivono nella propria intimità.
Morire di lavoro: le cause
Nel corso dell’attività lavorativa, che si sta allungando seppure con modalità intermittenti ed in ambienti di lavoro diversi, si possono sviluppare le malattie croniche non trasmissibili, ossia tutti quelle patologie di grande rilievo che possono compromettere seriamente la salute della persona, ben al di là del suo percorso lavorativo.
Malattie cardiovascolari, respiratorie croniche, disturbi cerebrovascolari, disturbi muscoloscheletrici e tumori, hanno spesso origine durante l’età lavorativa e sono alla base delle malattie croniche che affliggono una quota crescente della popolazione; questo è uno degli elementi segnalati recentemente dal vademecum della regione Lazio, costruito sul modello del Workplace Health Pronotion (WHP), il riferimento internazionale del Piano Nazionale della Prevenzione 2020-2025 del Ministero del Lavoro.
L’analisi dell’OMS
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), che abbiamo imparato a conoscere nel corso della pandemia, ha costruito un sistema di tutela al cui rispetto chiama gli stati membri, che devono implementarlo attraverso la creazione di ambienti di lavoro che incoraggino e facilitino l’adozione di stili di vita salutari da parte dei lavoratori, con lo scopo di prevenire le malattie cronico degenerative e favorire l’invecchiamento attivo e in buona salute.
Tema rilevantissimo in una realtà, come quella italiana, nella quale l’invecchiamento della popolazione cresce inarrestabile, trascinando con sé non solo un crescente numero di pensionati, o come si è recentemente definito, di diversamente attivi, ma elevando di molto l’età media dei lavoratori, con conseguenze dirette sulla stessa organizzazione del lavoro.
L’adeguamento dei tempi, dei carichi e degli strumenti di lavoro al lavoratore anziano è, ormai da tempo, un tema centrale nelle politiche della Commissione Europea, peraltro non ancora recepito nella sua rilevanza nella nostra realtà produttiva, che continua a funzionare secondo logiche novecentesche che si limitano a legare la mansione alle attività, senza operare alcuna distinzione in base all’età o alle caratteristiche del lavoratore.
Alla base la sicurezza per non morire di lavoro: il protocollo laziale
La sicurezza sul lavoro, nelle sue forme più moderne ed avanzate, tende a comprendere l’intera sfera della persona nella sua partecipazione all’ambiente di lavoro e non solo alle mansioni, elaborando cioè un insieme di elementi complessivi che hanno riguardo alla figura del lavoratore come individuo globale, nelle sue espressioni corporali, psicologiche e fisiologiche complete, cercando di mettere insieme armoniosamente tutte le diverse sfere di quella elaborata e complessa macchina che è la figura umana, in una delle sue più importanti e durevoli attività, quella del lavoro.
L’esempio del Lazio
Il vademecum laziale, approvato il 12 gennaio scorso, ed intitolato indicazioni per la gestione della promozione della salute nei luoghi di lavoro, si inserisce nelle indicazioni del ricordato piano nazionale della prevenzione promuovendo la collaborazione di tutti i soggetti aziendali, come previsto dalla Convenzione di Lussemburgo del 1997 che dichiara la necessità di uno sforzo congiunto di datori di lavoro, lavoratori e società per migliorare la salute e il benessere dei lavoratori.
Il documento della regione Lazio, tende a questo obiettivo attraverso un’adesione volontaria delle organizzazioni datoriali e sindacali, che favorisca i cambiamenti necessari anche attraverso il coinvolgimento del mondo della scuola, in particolare degli studenti delle secondarie di secondo grado, che rappresentano il setting favorevole dove diffondere la cultura della salute e della sicurezza, per i lavoratori di domani.
I vantaggi
L’adesione a questo protocollo potrà comportare diversi vantaggi per le aziende partecipanti, oltre a quelli ovviamente direttamente legati al miglioramento delle condizioni di salute, e di vita lavorativa, degli operatori coinvolti; uno di questo sarà quello di influire sulla idoneità alla mansione specifica del lavoratore, questione estremamente importante se si pensa alla numerosità dei casi di assoluta indifferenza alle caratteristiche della persona che quotidianamente si verificano nei luoghi di lavoro. Quante volte si assiste a lavoratori anziani o fisicamente inadatti a certi tipi di lavoro che si trascinano faticosamente, con difficoltà fisiche e con costrizioni psicologiche al quotidiano sforzo che la mansione gli richiede?
Producendo fatiche, ed affaticamenti intimi, che moltiplicano a dismisura i sempre più frequenti casi di stress da lavoro correlato, fortemente radicato nell’inadeguatezza del lavoratore alla mansione o, secondo uno schema di tutela, della mansione al lavoratore.
Morire di lavoro e benefici fiscali
Una leva forte all’adesione al Vademecum da parte delle imprese arriva però dalla possibilità di accedere ai benefici fiscali legati alla riduzione delle tariffe del premio Inail, attraverso uno sconto definito oscillazione per prevenzione OT/23, oltre all’inserimento in un elenco regionale delle aziende che potranno costituire una rete per la promozione della salute sui luoghi di lavoro.
Vantaggio indiretto è quello della diminuzione delle assenze per malattia, che viene definito tecnicamente come ROI (return on investiment), ossia il rapporto tra l’utile netto generato dall’attività rispetto al capitale investito per avviarla e mantenerla; un parametro finanziario che tiene conto delle assenze per malattia, delle richieste di trasferimento di sede e di mansione, della richiesta di visite straordinarie e di altre variabili legate al malessere del lavoratore.
La presenza di un luogo di lavoro adeguato alla persona e working friendly è insomma diventato oramai anche un elemento di valutazione della resa economica dell’impresa, oltre che un esigenza inte
Il caso Veneto
Nella nostra regione l’attività del Piano Regionale Prevenzione del Veneto ha portato, tra i vari documenti, alla formulazione della guida stress correlato al lavoro: informativa rivolta ai datori di lavoro e alle figure aziendali della prevenzione, del dicembre 2023, nella quale, ricordando come la valutazione del rischio psicosociale sia necessario rivederla ogni due anni, pone l’accento anche su fattori del tutto esterni all’impresa, quali gli strascichi della pandemia, gli incalzanti eventi bellici e i cambiamenti climatici, che oltre che alimentare l’insicurezza sociale e incrementare le disugualianze in termini di salute, possono aver determinato delle ripercussioni su molte realtà aziendali anche con effetti sulle salute e sicurezza dei lavoratori.
La ricerca della Uil
La realtà veneta è stata recentemente analizzata da uno studio della Uil, presentato dal Segretario Nazionale della Uil Pier Paolo Bombardieri, che ha ricordato come i dati degli infortuni in Veneto siano in deciso calo, sia in termini assoluti che in termini relativi rispetto alle ore di lavoro effettuate.
La diminuzione sul numero degli infortuni che ha conosciuto la nostra regione è del 8,58% a fronte di un 2,82% nazionale e ad un aumento, anche se contenuto, nelle altre regioni del nord.
Diminuisce anche il numero dei decessi, con una percentuale del 15%, in questo caso peggiore del dato nazionale che vede una diminuzione del 27%, ed un aumento del dato relativo alle malattie professionali, con un incremento del 36% rispetto ad una media nazionale del 32%.
La ricerca della Uil, basata sui dati Inail e Istat, evidenzia come questi dati contrastanti possano essere analizzati; ossia valutando l’aumento dell’orario di lavoro ed il fatto che tante malattie che un tempo erano normali e che non venivano denunciate, adesso vengono inquadrate in malattie professionali, come afferma il segretario generale veneto della Uil, Roberto Toigo.
Un ambiente confacente per lavorare e non morire di lavoro
Si pone così il tema della caduta del diaframma tra ambiente e luogo di lavoro e vita quotidiana dei cittadini e dei lavoratori, tema cruciale per capire come la sicurezza del lavoro non sia solo questione di caschetti e di scarpe con la punta rinforzata ma di piena dignità della persona e della sua partecipazione alla vita quotidiana ed alla società.
Tema che impatta certamente in misura minore ed incomparabile con i gravissimi e ricorrenti problemi di sicurezza fisica, con i pesantissimi ritardi nella predisposizione e nella gestione dei rischi aziendali purtroppo ancora frequenti e diffusi, con i gravi pericoli di morte e di pesanti lesioni che molti lavoratori corrono quotidianamente nei cantieri e nelle attività produttive sparse per il Paese. Nessun paragone e nessuna graduatoria può essere azzardata e considerata, data l’assoluta ed innegabile priorità che deve essere data all’incolumità fisica, alla vita e ad un benessere fisico accettabile dei lavoratori interessati da questi gravi fatti.
Ma è anche attraverso la quotidianeità delle misure, la normalità acquisita dei comportamenti, l’interiorizzata accettabilità dei sacrifici legati alla tutela ed alla sicurezza, che si percorre la strada di un lavoro responsabilmente sicuro ed in esso della consapevolezza della necessità dell’apporto di tutti, primo passo per un mondo del lavoro davvero sicuro e tutelante.
Mattarella
Come non smette di ricordare il Presidente Mattarella, instancabile pungolo all’impegno di politica ed economia in questo campo, ancora insufficientemente presidiato.
Nel ricordare il senso della nostra Carta Costituzionale, il Presidente sprona tutti e ciascuno a farsi parte attiva nell’affermare, attraverso il lavoro, la propria cittadinanza nella consapevolezza di vivere il lavoro in sintonia ed armonia con il proprio tempo.