www.enordest.it aveva anticipato tutti: il 18 febbraio Maurizio Crovato aveva lanciato l’allarme sul futuro immediato di Palazzo Labia, lo storico palazzo veneziano sede della Rai del Veneto. La società che gestisce le vendite per conto della Rai vuole incassare dalla storica sede lagunare almeno 60 milioni di euro. Sarebbe già garantito l’ingresso di un fondo di investimento. Non si tratta dell’unica alienazione, la Rai dismette in blocco molti gioielli di famiglia: oltre a Venezia, la sede milanese di Corso Sempione e le sedi di Firenze e Genova, tutte situate nel centro delle città. Naturalmente con gli immobili spariscono anche le redazioni della Rai che lasceranno il cuore delle città, a incominciare da quella veneziana.
I problemi legati a Palazzo Labia
Problemi di bilancio, si risponde senza emozione. La Rai deve risolvere i buchi del deficit e questa resta una delle vie praticabili più sicure. Ma c’è subito un problema: Palazzo Labia non potrà mai diventare un albergo extralusso, né potrà essere trasformato in chissà quale modo. I vincoli della Soprintendenza sono straordinari e invalicabili. Dei quattro piani, i due nobili non possono essere toccati e non soltanto perché possiedono capolavori artistici, veri e propri gioielli mondiali: ci sono gli affreschi di Tiepolo sul ciclo di “Antonio e Cleopatra”, gli ultimi fatti dal grande artista veneto prima di lasciare Venezia. Chi compra dovrebbe accontentarsi del piano terra, del terzo piano e del mezzanino, dove oggi ci sono le redazioni e gli studi della sede Rai di Venezia. Troppo poco per un’operazione dal costo altissimo.
Un palazzo storico
Si tratta di uno dei palazzi più integri dell’intera città, situato in una delle posizioni più spettacolari e fortunate: incastrato tra Rio Cannaregio e il Canal Grande, porta di terra in campo San Geremia, a tre minuti a piedi dalla stazione ferroviaria di Santa Lucia. Un insieme di 7500 metri quadrati con una storia avventurosa alle spalle. I Labia erano una famiglia di origine spagnola, entrarono nell’aristocrazia veneziana finanziando con ingenti somme la Guerra di Candia. Il palazzo barocco, sorto tra il ‘600 e il ‘700, fu famoso per feste ricchissime e dispendiose. Si raccontava perfino che al culmine della festa si gettassero le posate d’argento e d’oro nel Canale. E si disse anche che i Labia avevano teso sotto l’acqua una rete fittissima che raccoglieva tutto.
È rimasta la leggenda, ma i Labia hanno dilapidato il patrimonio e prima della fine dell’Ottocento hanno passato la mano al principe viennese Lobkowicz che se ne libera qualche decennio dopo cedendolo alla Fondazione Israelitica che lo affitta prima ai Testolini che lo trasformano in falegnameria per mobili d’arte e allestiscono l’esposizione sotto gli affreschi del Tiepolo, poi a una società che rivende tessuti preziosi. Fino al 1948 quando arriva l’eccentrico miliardario mezzo messicano e mezzo francese Charles de Bestegui che organizza nel palazzo le più stravaganti e ricche feste che Venezia ricordi, a incominciare da quella del 1951 entrata nella leggenda del jet-set internazionale, con divi di ogni settore, dal cinema alla moda, dall’arte alla letteratura. Bestegui fu praticamente espulso da Venezia poco propensa in quegli anni a comportamenti stravaganti e vendette il palazzo nel 1964 alla Rai che cercava sede.
Palazzo Labia e la Rai
Il resto è storia recente. La Rai davanti a costi altissimi, aveva già cercato la vendita nel 2008 ma non arrivarono offerte adeguate. Ci fu a suo tempo una proposta del Comune di Venezia, l’allora sindaco Orsoni nel 2013 avanzò la proposta di trasferire la sede Rai al Tronchetto e di acquistare il palazzo trasformandolo in un museo della città capace di autosostenersi potendo garantire almeno centomila visitatori all’anno. Garantiva una sede di rappresentanza alla Rai nel palazzo e ne assicurava la presenza a Venezia. Non se ne fece niente perché Orsoni con la sua giunta furono travolti dallo scandalo del Mose.
Per Palazzo Labia interviene anche Luca Zaia
Ora si ritorna sul mercato. La notizia della vendita ha messo in moto una risposta molto forte con reazioni politiche a livello regionale e nazionale, anche con interrogazioni in Parlamento. Il Presidente della Regione Luca Zaia ha detto che vendere Palazzo Labia “sarebbe come vendere il Colosseo”, aggiungendo che perdere la sede Rai in una città internazionale come Venezia è una vera e propria follia.
Il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano accennando a un’interrogazione del pd veneto Martella che chiedeva al ministero di esercitare la prelazione in caso di vendita, si è dichiarato disposto a intervenire in tal senso: “la vocazione naturale e culturale del palazzo è aprire la bellezza al mondo”.
Insomma, i no alla vendita sono tanti e di peso
Ma si tratta di acquisire l’immobile gettando sulla bilancia una cifra di rilievo. Un museo in quella posizione sarebbe ideale: tra la stazione, il Canal Grande, Cannaregio, il Ghetto; con approdi privati, saloni straordinari, spazi dove esporre anche quei capolavori che i musei veneziani nascondono da decenni. Ce ne sarebbe per fare non uno ma molti musei unici al mondo. Spesso è un problema di volontà.
Sarebbe una sconfitta
Una cosa è sicura: perdere il Palazzo e la sede Rai sarebbe una sconfitta per Venezia, sarebbe la consegna di una specificità a un turismo onnivoro e ingordo che rischia di non distinguere più l’arte dalla bigiotteria, il vero dal falso. Zaia non ha tutti i torti a citare il Colosseo. Vengono in mente Totò e Nino Taranto che in “Totò truffa” vendevano la Fontana di Trevi all’italo americano che aveva un po’ di dollari ma non cultura. E’ vero i Labia per far vedere quanto erano ricchi gettavano le posate d’oro nel rio, ma poi le raccoglievano e le rimettevano nella cassapanca. Servivano per la volta successiva. A un certo punto hanno dovuto vendere anche le posate.