Vederlo lavorare nel suo laboratorio nei pressi di Palazzo Da Mula a Murano è già una esperienza. Sapere poi che quell’artista chino sulle lastre di vetro colorate su graffito d’oro, è anche musicista, scrittore, maestro del vetro. La cosa si fa interessante. Marco Toso Borella, 61 anni, si auto-definisce, però, solo un semplice artista multitasking. In realtà, nella sua natìa Murano, dove vive e lavora, appartiene ad una storica famiglia di vetrai iscritta all’albo fin dal ‘600. Per la Serenissima i maestri vetrai erano quasi assimilati ai patrizi. Negli Stati Uniti lo hanno proclamato “The renaissance man”, o “Leonardo di Venezia” lui più semplicemente, si proclama “artista veneziano a 360 gradi”, ovvero pittore di metafisica, scrittore, musicista e divulgatore storico”. È stato lui stesso, cantante classico e gospel con i maestri Franco Salvadori, Michele Peguri, Luca Pitteri, Paolo Camozzo, Andrea D’Alpaos, a dirigere la Big Vocal Orchestra, con 250 elementi, forse la più numerosa compagine vocalist europea.
Un biglietto da visita così, può già bastare
Ma controllando la sua bibliografia si scopre che Marco Toso Borella, già nel 2001 illustra con l’indimenticabile scrittore e storico del fumetto, Piero Zanotto, “Le aventure de Pinochio a Venexia in venexian”. Poi l’anno successivo, nel 2002, illustra con Silvano Tagliapietra “Muranesi nel Settecento”. Nel 2003 pubblica il romanzo ucronico (controllate nel dizionario cosa significa): “Venezia Impossibile 1989, il Serenissimo Principe fa sapere che…”, da cui è tratto un film presentato alla Mostra del Cinema di Venezia.
Del 2020 sono invece due altri scritti: “Fasezero, la verità su Venezia in Nove Capitoli” e “Come salvare (davvero) il vetro di Murano”. Ma non è finita qui: racconta la biografia di Antonio Maschio, il gondoliere di Dante”, la storia di un pope letterato che conosceva a memoria la Divina Commedia. Per concludere con “Padroni e pedine (scacchi a chi?), un libro ironico scritto per i tipi di Supernova editore e da cui ha tratto una pièce teatrale.
Nel duomo-basilica dei Santi Maria e Donato di Murano, magnifico edificio romanico del VII secolo, si possono ammirare le sue 15 formelle della Via Crucis, esposte nel 2015.
Il pensiero di Marco Toso
“Cristo ha scelto deliberatamente di essere vetro, fragile: si può spezzare. E sulla croce si è spezzato. Ma il vetro si può fondere e così risorgere. Come Cristo, appunto”, raccontò in una celebre intervista a Gente Veneta, il periodico della Curia Patriarcale. Sembrava una affermazione abbastanza sorprendente e blasfema, ma la sua opera venne subito ammirata e validata dal patriarca, Francesco Moraglia. L’opera in vetro, foglia d’oro e smalti, ora fa parte del patrimonio artistico della millenaria basilica che conserva nel pavimento musivo millenario ravennate, tessere di vetro antico. In pratica una continuità artistica secolare.
Marco Toso Borella ha anche tre opere personali, custodite al Museo del Vetro. Un fatto abbastanza singolare per un artista isolano vivente.
Quello che stupisce del personaggio è la sua essenza lagunare. Crede nel futuro dell’isola, nonostante i tempi inclementi e la concorrenza estera che hanno stravolto il mercato turistico del vetro. É profondamente convinto che un’isola (che dal 1291 ha l’esclusiva della produzione per volontà della Serenissima), non può finire nell’epoca dell’intelligenza artificiale.
Un artista del vetro resterà e resta tale con fuoco, silice, carbonato di sodio e di calcio, e tanta, tanta creatività.