Dopo ben otto anni e sei conferenze delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, alla Conference Of the Parties (COP 28) del 2015, le nazioni presenti si impegnarono a contenere il riscaldamento globale entro 1,5 C° dalla media preindustriale e fino al 2050. Un obiettivo oggi fortemente a rischio, dato che pochi giorni fa, per la prima volta, il Centro Europeo per le Previsioni Meteorologiche a Medio Termine ha registrato uno scostamento da quella media a livello mondiale superiore ai 2 C°.
Cosa è la COP28
COP 28, iniziata a Dubai lo scorso giovedì 30 Novembre e che durerà fino al prossimo martedì 12 Dicembre, è caratterizzata da un senso di emergenza e di urgenza d’interventi. Nelle due settimane del vertice i leader mondiali e i rappresentanti della società civile e delle attività produttive sono chiamati, tra l’altro, a discutere e analizzare i risultati ottenuti fino a questo momento in termini di riduzione dei gas serra, sulla creazione di un fondo che indennizzi i paesi più poveri per i danni causati dal cambiamento climatico e, ultimo ma non per ultimo, a “inventare” un nuovo sistema di produzione del cibo.
È attesa la cifra record di 70.000 partecipanti, suddivisi tra negoziatori, delegati, stampa, attivisti, imprese, lobbisti e comparse varie dato che, quest’anno, l’attenzione sul negoziato è fortissima. E il bello di tutto questo è che la presidenza è in capo a un petroliere!
Giovedì è iniziato il COP 28 e proprio quel giorno Standard & Poors Ratings Services lancia l’allarme sui rischi economici legati all’innalzamento delle temperature. Ed è solo uno dei problemi da risolvere che popolano la lunga lista, ma uno in particolare tiene banco: la creazione di un mercato globale delle emissioni di carbonio i cui crediti e i loro mercati sono stati al centro di scandali e inchieste giornalistiche per la poca trasparenza.
E anche quest’anno, come se fosse il primo, regna la speranza di riuscire a festeggiare il raggiungimento dell’unico obiettivo possibile: lasciare i combustibili fossili sottoterra.
Global stock take o inventario globale e il COP28
L’Accordo sul clima di Parigi prevede l’impegno a controllare i progressi compiuti ogni cinque anni nel contrasto al riscaldamento globale che si chiama GST – Inventario globale.
A Dubai si concluderà il primo di questi controlli, cioè un grosso studio per misurare gli effetti delle politiche climatiche.
Alla COP28 l’Unione Europea cercherà di ottenere un impegno a chiudere entro il 2050 le centrali elettriche alimentate con carbone, petrolio e gas che non sono dotate di tecnologie per la cattura e il sequestro dell’anidride carbonica (CO2), al momento della sua emissione e l’Unione proporrà anche una riduzione dei sussidi pubblici all’industria dei combustibili fossili. A fronte di progressi davvero lenti e senza individuare mai alcuna soluzione definitiva, le COP sono comunque il luogo (non solo fisico) nel quale ci si occupa di questa crisi e di tre questioni: come e quando ridurre l’uso dei combustibili fossili, una valutazione su cosa è stato fatto finora e l’istituzione di un fondo per compensare i paesi più minacciati dal cambiamento climatico per danni e perdite.
L’assenza del Papa
Anche se Papa Francesco non si è recato a Dubai per la COP 28 (prima volta di un Pontefice alla Conferenza delle Parti sui Cambiamenti climatici), il suo messaggio è comunque risuonato forte e chiaro. L’Enciclica “Laudato sii” nella quale aveva dato una visione del mondo come «casa comune» da custodire, anche se datata oltre 8 anni fa, rende ancora conto delle preoccupazioni espresse allora: «Il mondo si sta sgretolando», afferma adesso il Pontefice, e gli effetti del cambiamento climatico sono subiti dalle persone più vulnerabili. Lo scrive nell’Esortazione apostolica LaudateDeum, firmata lo scorso ottobre, che è un vero e proprio grido d’allarme. E il Papa avrebbe voluto incarnare quel grido severo e indirizzarlo ai responsabili delle nazioni.
Come procedono le cose
Sembra che l’impegno a ridurre le emissioni di gas serra per essere in linea con gli obiettivi fissati a livello globale, si legge nell’analisi di Spendwell (società di media che si occupa di responsabilità aziendale e reporting investigativo ) non sia proprio soddisfacente. Spendwell ha analizzato gli sponsor della Conference Of Parties (COP), e ha rilevato che:
1 solo una delle 24 aziende che attualmente sponsorizzano la COP 28 di Dubai ha fissato obiettivi di zero emissioni nette con l’iniziativa Science Based Targets (SBTi), l’iniziativa collaborativa di impegno climatico promossa dalle Nazioni Unite”.
2 solo sei di queste aziende si sono impegnate a fissare obiettivi di zero emissioni con SBTi.
3 Solo cinque di queste aziende hanno fissato obiettivi sufficienti affinché l’iniziativa possa valutare efficacemente i propri impegni su una scala di allineamento della temperatura futura.
4 Solo due di queste 24 aziende si sono impegnate a garantire il 100% di energia rinnovabile attraverso Science Based Targets o l’iniziativa RE100.
5 Solo due di queste 24 aziende hanno fissato obiettivi con l’iniziativa di efficienza energetica EP100 di Climate Group.
Gli obiettivi della COP28
Come riporta il Guardian, Lincoln Bauer di Spendwell , che ha effettuato l’analisi, ha dichiarato: “Gli obiettivi basati sulla scienza sono il sistema di convalida gold standard per le aziende. Il fatto che così pochi sponsor abbiano sottoscritto i loro obiettivi di zero emissioni, e che nemmeno la stessa EY, scelta per verificare gli impegni climatici degli sponsor, abbia aderito, suggerisce che si tratti solo di greenwashing”, la strategia di comunicazione di alcune imprese, organizzazioni o istituzioni politiche finalizzata a costruire un’immagine di sé ingannevolmente positiva sotto il profilo dell’impatto ambientale, allo scopo di distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dagli effetti negativi per l’ambiente dovuti alle proprie attività o ai propri prodotti (WikipediA).
Nonostante sia forte la preoccupazione che nemmeno questa volta si riusciranno a ottenere i risultati attesi, la COP rimane il maggior contesto nel quale la comunità internazionale si occupa della crisi climatica e, fortunatamente, l’appuntamento della COP è sempre più partecipato da attivisti, giovani, delegazioni governative, ambasciatori del clima, banche e organizzazioni non governative, tutti sempre più consapevoli che se non si agirà insieme e se non si farà sul serio i danni dei cambiamenti climatici diventeranno irreparabili, aumentando le differenze tra paesi.