La realtà portuale italiana vive il caos e particolare criticità, tra possibile riorganizzazione del ministero, complessità del lavoro portuale e marittimo e rinnovi contrattuali. Il Consiglio dei Ministri pochi giorni fa ha approvato in via definitiva il regolamento di organizzazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che aveva ottenuto recentemente il via libera anche dal Consiglio di Stato, e che viene prospettata per una maggiore capacità di raggiungimento degli obiettivi istituzionali previsti. Secondo quanto indicato dal Governo, la nuova organizzazione del Ministero si fonda sulla necessità di raggiungimento degli obiettivi infrastrutturali e di trasporto individuati anche dal Pnrr, l’attuazione del nuovo codice dei contratti pubblici, l’attuazione delle politiche comunitarie in materia di edilizia abitativa e di circolazione di veicoli green e la realizzazione del ponte sullo stretto di Messina.
Un nuovo dipartimento?
Il nuovo organigramma ministeriale dovrebbe incardinarsi sull’istituzione di un nuovo dipartimento, lasciando invariate le strutture periferiche del ministero, comportando l’assunzione di due nuovi dirigenti generali e ventidue dirigenti di livello inferiore, tutti impiegati a Roma. Si provvederà anche ad una ridefinizione dei tre dipartimenti che attualmente costituiscono il Ministero, quelli delle infrastrutture e reti di trasporto, delle opere pubbliche e politiche abitative e dei trasporti e navigazione, ai quali verrà aggiunto il dipartimento degli affari generali e la digitalizzazione, in una nuova organizzazione della quale poco è stato chiarito sia in termini di efficacia attesa che di flussi di impegno e di responsabilità.
Il Consiglio di Stato e la mancanza di concretezza che porta il caos
Lo stesso Consiglio di Stato, nel rilasciare il suo parere preventivo comunque favorevole, ha sottolineato che la richiesta di parere non è accompagnata dalla trasmissione degli ‘atti di concerto’ resi, come prescritto dalla norma primaria, dal Ministro per la pubblica amministrazione e dal Ministro dell’economia e delle finanze, di cui pure si dà generico atto nel preambolo ed inoltre che la relazione predisposta per chiarire ed illustrare, nei tratti essenziali e qualificanti, i termini, le modalità e le ragioni della prefigurata ‘organizzazione’ e ‘disciplina’ degli uffici nel suo complesso, con tratto esplicativo scarno e sintetico, ed in termini piuttosto apodittici che realmente ‘illustrativi’, in quanto meramente ripetitivi, o sostanzialmente riproduttivi, del testo dello schema normativo elaborato”.
Un sostanziale e pesante richiamo ad una concretezza che appare necessaria per evitare il caos e per la riforma di un ministero cardine, non solo per il funzionamento dei porti ma anche per quello complessivo delle infrastrutture, che invece risulta vaga e semplicistica.
Accompagnata anche dalla previsione che le funzioni riguardanti le investigazioni ferroviarie e marittime sono affidate alla responsabilità di un dirigente di livello non generale. L’Ufficio investigativo continua ad operare alle dirette dipendenze del Ministro al fine di garantirne la piena autonomia funzionale e organizzativa e non rientra tra gli uffici di diretta collaborazione, ossia resta nelle mani del ministro, e non del ministero, la potestà investigativa in tema ferroviario e marittimo.
La volontà di riforma
Questa volontà di riforma del ministero, che come visto non prevede alcuna modifica strutturale ed organizzativa del livello territoriale, viene esplicitata nel momento in cui, in un recente intervento del ministro Salvini all’assemblea pubblica di Confitarma, l’associazione degli armatori, ha dichiarato che la riforma del porti a cui il Governo sta lavorando potrebbe prevedere il commissariamento delle autorità di sistema portuale, qualora non fossero efficacemente realizzate le opere previste.
Per Tarlazzi si rischia il caos
Il possibile commissariamento ha sollevato numerose critiche da parte delle organizzazioni sindacali, che attraverso il segretario generale della Uiltrasporti, Claudio Tarlazzi, da fatto sapere che la riforma dei porti deve servire ad aggiornare e migliorare i punti deboli di un sistema che ha dimostrato di funzionare e di poter garantire al mondo portuale italiano di resistere a momenti di crisi come ad esempio durante la pandemia.
Pertanto le Autorità di sistema vanno supportate e messe in condizione di lavorare, mantenendo sicuramente la loro natura pubblicistica, in un quadro di regole che tuteli il lavoro portuale e lo sviluppo equilibrato delle aziende.
Il Mit e il caos senza pianificazione
Il ruolo del Mit dovrebbe essere quello di immaginare una pianificazione d’indirizzo e un successivo controllo sulle attività delle autorità portuali, nell’ambito di una vision di sistema paese, evitando che si realizzino posizioni dominanti che possano pregiudicare lo sviluppo del sistema portuale italiano nel suo complesso.
Non quella di bloccare il sistema di pianificazione e investimenti del settore, proprio in un momento come questo in cui è fondamentale portare a termine i progetti avviati con il Piano Nazionale di Ripresa e resilienza.
Il caos e i rischi
Anche per la Filt Cgil si rischia di gettare nel caos il settore della portualità italiana, mentre è assolutamente indispensabile affrontare il tema della riforma della portualità molto attentamente e attraverso proposte mirate che salvaguardino gli attuali assetti derivanti dalla legge 84/94, favorendo lo sviluppo equilibrato del settore portuale nazionale senza creare inutili e dannose incertezze.
Molti sono i problemi aperti sul fronte della tutela dei lavoratori portuali, a partire dall’assenza dei decreti attuativi sul fondo di accompagno all’esodo e sul divieto di autoproduzione, fino alla mancanza di interventi sulla questione della salute e sicurezza in ambito portuale.
Il Caos e il commisariamento
L’ipotesi di riforma del sistema del Mit e di commissariamento delle Autorità di Sistema Portuale formulate da Salvini e Rixi, con la correlata previsione della modifica della loro natura giuridica, si inseriscono in un quadro molto delicato e complesso, che vede anche la prossima apertura del tavolo negoziale per il rinnovo del contratto nazionale di lavoro di categoria e rischiano di mettere a rischio gli investimenti ed i risultati del Pnrr creando il caos.
La contrapposizione, che appare evidente, con le organizzazioni sindacali – e la non piena adesione delle organizzazioni datoriali di settore – rendono ancor più delicata questa fase che, secondo la Filt Cgil richiede un confronto costante e non sporadico, in assenza del quale non assisteremo con le mani in mano perché la portualità non può essere riformata senza un vero coinvolgimento del mondo del lavoro
Il taglio delle indennità
Un ulteriore elemento negativo è quello che riguarda il possibile taglio dell’indennità di malattia dei marittimi apparso nella prima bozza della manovra finanziaria e successivamente confermato nelle successive, la norma che ha suscitato pensanti e concordi critiche dai sindacati dei lavoratori marittimi.
Queste organizzazioni, nel ricordare l’assoluta specificità del lavoro del personale imbarcato che, spesso in condizioni non ottimali e con turni di lavoro massacranti è uno più impegnativi e difficili e, che vede, attraverso questa misura, aggravare la propria posizione di svantaggio.
Per la Fit Cisl si potrebbe generare il caos
Secondo la Fit Cisl infatti andrebbe ad aumentare i disagi che già i marittimi abitualmente subiscono, ovvero i gravi, reiterati ritardi nell’erogazione dell’indennità di malattia. Questa norma non tiene conto della specificità e delle peculiarità del lavoro marittimo, quali a titolo esemplificativo ma non esaustivo, i lunghi periodi di navigazione e d’imbarco, nonché le condizioni particolarmente delicate e gravose in cui tali compiti vengono svolti.
La salute di chi lavoro a bordo, normalmente sottoposto a turni di lavoro pesanti e non ordinari, potrebbe in sostanza essere seriamente compromessa. Occorre rafforzare il sistema di diritti e tutele e non depotenziarlo come accadrebbe in questo caso se tale norma venisse approvata”
La Uil
Da parte della Uil Trasporti si è evidenziata la necessità di monitorare attentamente l’evoluzione del percorso legislativo preparandoci anche ad uno sciopero per far rispettare i diritti dei lavoratori del mare”.
Si tratta di una norma molto pericolosa, perché indurrebbe i lavoratori marittimi a non usufruire delle giuste cure mediche e li esporrebbe a rischi sulla salute personale e a rischi durante lo svolgimento delle attività lavorative, inducendo i lavoratori meno favoriti o con maggiore fragilità economica, a continuare le prestazioni anche in condizioni di salute precarie, con le inevitabili conseguenze sulla loro salute ma, ancor più rilevante, sulle condizioni di sicurezza complessiva dell’equipaggio e della nave stessa.
I sindacati all’erta per il caos che si potrebbe creare attorno ai porti
Per l’Orsa marittimi non si tiene conto delle particolari condizioni del lavoro marittimo, soggetto a usuranti e stressanti peculiarità e pertanto si starà pronti a mettere in campo eventuali manifestazioni o scioperi se i diritti di questa categoria di lavoratori vengano ignorati o modificati
Per la Filt Cgil la riduzione della retribuzione dei lavoratori marittimi, con la limitazione dell’indennità di malattia al 60%, porterebbe a decurtare il diritto ad ammalarsi dei lavoratori e delle lavoratrici del mare. Questa previsione normativa andrebbe a penalizzare un mondo del lavoro già molto danneggiato dal sistema di garanzia salariale in caso di malattia che non viene garantita in tempi certi e influirebbe negativamente anche sulla sicurezza del lavoro marittimo che è altamente usurante.
La necessità di rivedere i compiti e le funzioni delle autorità portuali, sono state al centro del convegno noi il Mediterraneo che si è svolto recentemente a Palermo, dove il presidente di quell’autorità di sistema portuale, Pasqualino Monti, ha proposto una formula del tutto innovativa di approccio alle necessità ormai cogenti di cambiamento del sistema portuale.
Il parere di Rixi
Secondo questa idea, sulla quale pare convergere anche il viceministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Edoardo Rixi, intervenuto al convegno, si potrebbe creare un’unica azienda centrale, probabilmente una Spa, che selezioni e sviluppi gli investimenti strutturalli ritenuti più importanti, operando sulla base di un Piano industriale”.
Le singole Autorità di Sistema Portuale restino enti pubblici economici sotto pieno controllo pubblico, ma in grande parte diventino esecutori di indicazioni precise di priorità negli investimenti e nel marketing internazionale che diventeranno compito primario dell’Azienda centrale dei porti.
Il paese non ha un problema di carenza di finanza, ma ha un enorme problema, specie nei porti e nelle infrastrutture di trasporti, di carenze della burocrazia. Carenze che rendono impossibile lo sfruttamento del più grande asset del sistema Paese, ovvero il demanio marittimo.
Gozzi punta su Venezia
Secondo l’opinione del presidente di Federacciai, Antonio Gozzi, l’Italia ha la possibilità di diventare campione del mondo nell’acciaio green, ovvero nella produzione siderurgica con l’ausilio di energia elettrica”.
Per diventarlo, e fare così pienamente sviluppare una settore industriale che esporta ogni anno 600 miliardi di prodotti, ha bisogno di un terminal dedicato, preferibilmente nel nord est italiano, funzione per la quale Venezia, con le sue infrastrutture viarie, pare essere il candidato principe.
La partita di equilibri geopolitici sempre più delicati e fragili, nonché della sicurezza dell’interscambio mondiale, si gioca sul mare e nei porti, secondo il presidente della Federazione Italiana degli Agenti e Mediatori Marittimi, il veneziano Alessandro Santi, che è intervenuto a sul caso della nave sequestrata nel Mar Rosso dai ribelli dello Yemen, per il solo sospetto di interessi israeliani.
Recuperare una identità per evitare il caos
E’ nel Mediterraneo allargato al Mar Nero ed all’immediato oltre Suez, che l’Italia, con i suoi 8.500 km di coste e una rete di decine di porti vitali nel Mediterraneo, gioca il suo ruolo, per recuperare un’identità marittima persa da troppo tempo, ma anche per essere protagonista di una nuova strategia di rafforzamento della sua portualità, che oggi si trova ad affrontare sfide per garantire le catene di approvvigionamento e la difesa del commercio marittimo che richiedono risposte strategiche immediate in un Mediterraneo a dir poco inquieto.
Gli equilibri geo politici e strategici in gioco nell’area vasta del Mediterraneo, sono sempre più evidenti. E si esercitano anche con l’apertura di nuove basi navali, che potrebbero rivelarsi strategici per il controllo del Mediterraneo.
Le pressioni sul Mar Nero che ha ripercussioni significative sui traffici marittimi internazionali di cereali e petrolio sul bacino Mediterraneo e sui paesi che vi si affacciano, tra i quali Libano e Israele, sono un altro degli elementi di una vera e propria emergenza. A cui dobbiamo rispondere con strategia, semplificazione e investimenti all’interno di una precisa politica del mare da troppo tempo assente all’appello. Per garantire la crescita del paese sfruttando i fondi del Pnrr e del fondo complementare nei porti.
In questo complesso scenario l’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Settentrionale di Venezia ha comunicato di aver avviato il processo di riqualificazione dei waterfront delle aree portuali di Venezia e di Chioggia.
Il gruppo di imprese
Completate le verifiche documentali l’ente portuale ha informato di aver aggiudicato, in tempi rapidi e in via definitiva, l’incarico di progettazione di fattibilità tecnico economica ad un raggruppamento d’imprese. Risultato vincitore della gara internazionale alla quale hanno partecipato 12 tra i migliori studi del panorama nazionale e internazionale.
Il gruppo di lavoro aggiudicatario è formato da esperti in diverse discipline e specialità. Con background ed esperienze nazionali, internazionali. Ma anche locali e vedrà all’opera ulteriori importanti consulenti su temi specialistici integrativi.
Il progetto che andremo a realizzare è espressione di esigenze portuali nuove. E della volontà di integrare e far convivere perfettamente queste esigenze con la dimensione portuale alla quale siamo da sempre abituati nei nostri waterfront a Chioggia e a Venezia. Nei quali le attività portuali sono quanto mai vive.
Gli spazi urbani e quelli portuali, si interfacciano. E si confondono in una continua evoluzione e alla ricerca di un rinnovato rapporto con le attività urbane con le quali interagiscono direttamente o visivamente.
La riqualificazione che stiamo per avviare rispecchierà un rapporto più attento a porre in sinergia l’operatività e l’uso delle banchine, degli edifici e degli spazi portuali con la quotidianità della vita cittadina legata alle altre attività lavorative, allo studio, allo svago e alla residenza
Il costante rapporto con le istituzioni cittadine, di Venezia e di Chioggia, porterà all’apertura del porto alla città ed eviterà il caos
Infatti le aree oggetto del progetto di fattibilità tecnica ed economica sono, per Venezia, quelle lato banchina comprese tra S. Andrea e S. Basilio, per un totale di 17 ettari e, per Chioggia, quelle dell’area Saloni e via Maestri del Lavoro, circa 13 ettari.
La realizzazione dei due waterfront comporterà un investimento stimato in circa 120 milioni di euro. Con il risultato di un masterplan complessivo, che potrà prevedere sia micro-interventi che grandi opere. Un disegno unitario di qualità che demolisca anche il concetto di recinto portuale. Creando uno spazio urbano attrattivo ricco di potenzialità funzionali, sociali, produttive connesse sia al ruolo del porto che alle attività ordinarie della città.
I progettisti incaricati avranno 180 giorni per disegnare la loro proposta avviando fin da subito. Insieme all’AdSP, incontri tecnici e di condivisione con gli operatori portuali. Poi gli enti territoriali e le due città, per definire l’aspetto e le strutture dei nuovi waterfront.
Le funzioni che troveranno posto nelle aree e quelle non più compatibili con gli sviluppi previsti, per le quali si formuleranno delle ipotesi di ricollocazione, verranno determinate nel confronto con la città. Dando la massima attenzione a garantire le attività in essere di trasporto, di servizio alla città, agli uffici e agli utilizzatori di spazi assegnati al parcheggio delle auto, coinvolgendo i singoli concessionari.
Un progetto che vedrà la definitiva integrazione delle aree portuali della marittima e di San Basilio, con la realtà urbana veneziana, in un percorso di progressiva riappropriazione del porto da parte della città. Anche questo parte di un percorso faticoso e lungo, di trasformazione delle attività portuali che si è avviato.