«Sono un pittore il quale, per hobby, durante un periodo purtroppo alquanto prolungato, ha fatto anche lo scrittore e il giornalista. Il mondo invece crede che sia viceversa […] Ma dipingere e scrivere per me sono in fondo la stessa cosa. Che dipinga o che scriva, io perseguo il medesimo scopo, che è quello di raccontare delle storie.». A parlare è Dino Buzzati che ora viene omaggiato come artista da una mostra a cura di Marco Perale, inaugurata il 24 novembre al Centro Culturale Candiani (Mestre-VE) e che rimarrà aperta fino al 25 febbraio dell’anno prossimo (informazioni qui: https://www.comune.venezia.it/it/content/mostra-buzzati-venezia-e-la-pop-art).
Buzzati e la Pop-Art
Alla cerimonia di apertura erano presenti, oltre al curatore, Nicola Callegaro, responsabile del Centro Culturale Candiani, Alessandro Del Puppo, Walter Guadagnini e Alessandro Scarsella, che hanno partecipato al catalogo della mostra e ne hanno illustrato i contenuti. Era inoltre presente, in rappresentanza dell’Amministrazione comunale, Giorgia Pea, delegata alla cultura. Il percorso espositivo si concentra sulla sua vita e sulla sua opera attraverso il filtro della Pop-Art che ha molto influenzato l’immaginario artistico di Buzzati e propone quadri, disegni, incisioni, oltre che, naturalmente, copie dei suoi libri e delle riviste dove sono stati pubblicati suoi articoli di giornalista e critico d’arte. Sono esposte oltre quaranta opere, alcune inedite e mai offerte al pubblico, permettendo di scoprire il Buzzati pittore e grafico, rendendo giustizia alla sua poliedricità artistica che ha lasciato un’impronta indelebile sulla cultura italiana e internazionale.
Buzzati e Venezia
Dino Buzzati, pur essendo nato a Belluno, a Venezia deve le sue origini: qui erano nati entrambi i suoi genitori. Il padre era il giurista Giulio Cesare Buzzati, figlio di Augusto, alto magistrato e uomo di cultura che trasferì, riordinò e inaugurò il nuovo Museo Correr, nel 1880. La madre, Alba Mantovani, era discendente dei Badoer, antico casato veneziano, una delle dodici “famiglie apostoliche” che, secondo quanto tramanda la tradizione, avevano fondato la città nel V secolo.
E fu proprio a Venezia che approdò la Pop-Art
Nel 1964, alla XXXII Biennale Internazionale d’Arte, giunsero le opere di Robert Rauschenberg, Claes Oldenburg, Jim Dime e Jasper Johns. Buzzati non solo racconterà da cronista questa ventata di novità nel mondo dell’arte, ma ne rimase talmente colpito da decidere di volare a New York l’anno successivo per conoscere personalmente questi artisti.
«Al seguito di Rauschenberg sono altri grandi nomi, che oggi valgono sul mercato migliaia di dollari al pezzo. Jasper Johns dipinge bandiere, bersagli, lettere e numeri, o attacca alle sue tele barattoli vuoti e caratteri in rilievo di insegne pubblicitarie. Jim Dime si è specializzato in pareti da bagno, con rubinetti, tubi, lavandini e perfino rotoli di carta igienica: non già dipinti, bensì incastrati in natura, al supporto di fondo», così scrive Buzzati nel 1964 su La Domenica del Corriere.
La mostra
La mostra esplora come egli sia stato influenzato da questo movimento così rivoluzionario, esuberante nei colori, debordante per la vivacità e la vicinanza alla cultura di massa. Un movimento artistico che aveva contaminato la pittura con i nuovi linguaggi del fumetto e della pubblicità. Movimento che aveva inserito la parola scritta all’interno della superficie pittorica: Buzzati comprese la deflagrazione artistica che metteva in atto la fusione tra parola e immagine, tra scrittura e pittura. Dopo la pubblicazione di Un amore (1963), infatti, non scriverà più nessun romanzo, ma inaugurerà un vero e proprio nuovo genere letterario, che diede vita ai suoi due ultimi libri: Poema a fumetti (1969) e I miracoli di Val Morel (1971), opere nelle quali c’è una fusione perfetta tra la parola e segno.
Buzzati aveva sempre dipinto, le sue prime opere vennero distrutte da un bombardamento nel 1943
Negli anni Cinquanta riprese a dipingere e la sua prima mostra personale risale al 1958, dopo aver vinto il premio Strega con i Sessanta racconti. Da allora continuò sempre a seguire la sua vocazione di pittore, iniziò a scrivere sul “Corriere della Sera”, diventando critico ufficiale nel 1967. Questo incarico rafforzò il suo legame con Venezia (la famiglia si era trasferita a Milano, città dove Buzzati visse e morì nel 1972), dove non solo si recava per seguire La Biennale come cronista, ma che raccontò anche attraverso il dramma dell’alluvione del 1966.
«Ci sono moltissime Venezie. C’è quella di Canaletto, c’è quella di Guardi, ci sono le Venezie di Turner, di Ciardi, di Fragiacomo […] Tutte Venezie diverse, nessuna si assomiglia. Venezia unica al mondo appunto per questa sua facoltà straordinaria di non essere una, ma di essere moltissime città nello stesso momento.» (dalla prefazione al catalogo di Liselotte Höhs, 1971).
Gli eventi collegati alla mostra su Buzzati
In esposizione dipinti, disegni, incisioni, volumi che recano originali dediche “narrative”, manifesti dei film tratti dalle sue opere letterarie, riviste sulle quali ha pubblicato articoli e reportage. Un’immersione molto coinvolgente nel mondo creativo e immaginifico di Dino Buzzati.
Nel corso della durata della mostra, saranno organizzati una serie di eventi collaterali, tra cui conferenze, incontri con gli esperti e spettacoli legati o ispirati a Buzzati e alla Pop-Art. Il programma si può consultare qui: https://www.comune.venezia.it/content/centro-culturale-candiani-1.