Di Daniela Sbrollini, parlamentare, responsabile nazionale sport Italia Viva
Serve un salto di qualità culturale. Altrimenti ogni sforzo è vano. Per scrivere una pagina nuova e celebrare degnamente il 25 novembre, bisogna compiere un passaggio epocale e culturale, che consiste nel fermare una volta per tutte le violenze. Instaurare un nuovo patto iniziando dalle scuole, iniziando dai più piccoli.
Ogni giorno ci interroghiamo su cosa è necessario fare di concreto per proteggere le donne dalle prepotenze e dalle violenze degli uomini. Ogni giorno. Perché ogni giorno veniamo a conoscenza di nuove violenze. E’ un quotidiano bollettino che ci racconta di una società che cambia, mentre il rapporto fra donna e uomo non riesce a trovare l’equilibrio basato sul rispetto. Chi propone l’inasprimento delle pene per i violenti forse non sbaglia. Ma certamente nella mente male educata di chi scatena la violenza, questo deterrente risulterà inefficace. E si applicherà comunque dopo che il dramma sarà stato consumato. Mentre il nostro obiettivo è evitare, o almeno drasticamente diminuire il ripetersi di questi drammatici episodi.
Dopo 24 anni serve un altro salto di qualità culturale
Sono passati 24 anni da che l’ONU ha istituito la giornata internazionale contro la violenza sulle donne. E in questo quarto di secolo sono stati proposti molti interventi. Nelle scuole si celebra questo momento di riflessione, in molti comuni d’Italia si organizzano giornate di discussione, le panchine rosse sono presenti in tanti parchi pubblici. Eppure le statistiche ci dicono che ogni tre giorni una donna viene massacrata da qualcuno che dice di amarla o di averla amata. Ma il numero di donne che sono molestate, che sono minacciate, che vivono nell’incubo di qualcuno che vuole loro fare male, sono molto ma molte di più. Le donne oggi denunciano più di qualche anno fa. Ma troppe sono ancora inibite per la dipendenza economica, l’educazione ricevuta, il timore delle rappresaglie domestiche, il terrore della solitudine, la paura del giudizio della gente.
La tristissima storia di Giulia Cecchettin ha colpito in questi giorni tutta l’Italia
In Senato andremo ad approvare una legge sull’argomento. Nella “Commissione parlamentare sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere” di cui faccio parte, settimanalmente ragioniamo sulle azioni che devono essere promosse perché siamo consapevoli che una buona legge non basta, che i soldi a disposizione delle associazioni che si occupano delle donne sono sempre troppo pochi, che le denunce che vengono fatte non trovano ancora la necessaria attenzione da parte della magistratura e che l’aiuto concreto da parte delle forze dell’ordine è insufficiente. Facciamo dei passi avanti, si.
La tecnologia ci verrà ancora di più in aiuto, sicuramente. Ma sembra comunque che ogni giorno facciamo un passo indietro, invece che avanti. Il coinvolgimento delle scuole è fondamentale. L’educazione sessuale, ma soprattutto l’educazione sentimentale servirebbe, eccome. Non in forma episodica, ma continuativa. Eppure siamo consapevoli che per un’ora di buona formazione educativa sono decine le ore passate dai ragazzi in rete. E nulla può la buona educazione di fronte alle sollecitazioni dei social e della rete. Dove, non si può dire diversamente, c’è di tutto. E sappiamo che agli occhi dei giovani passano soprattutto idee più convincenti di quelle proposte dagli insegnanti.
Il salto di qualità culturale che deve essere fatto
Arriviamo dunque ad un ultimo tassello del lavoro che deve essere fatto. Questo è forse il più importante. E riguarda la famiglia. Bigenitoriale o monogenitoriale che sia, che si assume il compito di fare crescere un figlio deve impegnarsi a fare capire che il rispetto dell’altro è il primo principio di convivenza. Che l’amore non fa rima con prevaricazione e violenza. Che femmine e maschi non hanno nessun grado di differenza nell’amore, nell’amicizia, nel lavoro, nella società. Che l’idea patriarcale risale ad una società che non esiste più. Che nessuno è proprietà di un altro. Che in una famiglia – o anche solo in una coppia – è bello donare e non pretendere. Nessuno può chiamarsi fuori, aspettando o pretendendo che altri facciano qualcosa. Dobbiamo fare tutti di più.
Il salto di qualità a partire dalle nuove generazioni
Non basta dunque la repressione, che è necessaria, ma dobbiamo chiederci quali insegnamenti vogliamo dare oggi ai nostri figli e alle nostre figlie. Dobbiamo promuovere buone politiche insegnando una educazione diversa, improntata ai sentimenti, alle emozioni, alla affettività e al rispetto, a una società più giusta, altrimenti avremo il fallimento della società. E questo si raggiunge con l’equilibrio paritario tra donne e uomini, che deve essere anche economico. Tante donne non denunciano perché non hanno emancipazione economica. Per questo noi di Italia Viva ci siamo battuti per il reddito di libertà con un emendamento, per mettere le donne in condizione di essere libere, alla pari con gli uomini.