No-Mose, SÍ-Mose, Mose forse che sì forse che no. Mose-non-basta. Opera costosa, 200 mila euro ogni alzata e la mobilitazione di 170 dipendenti. Valutazione costi benefici a novembre per le 14 alzate delle 78 paratoie? Sono più i soldi spesi o quelli risparmiati? Lo ammetto francamente, non ne posso più. Ci sono gli iman ambientalisti che continuano a picchiare duro su un’opera costata circa 7 miliardi, e i commercianti che ringraziano per avere evitato danni e perdite di denaro. Per il momento la città è salva. Chi predicava che bastava filosoficamente mettere gli stivali, per risolvere il problema, non ne è uscito bene. Cacciari oggi non si sbilancia più.
E ora? Dare ragione a chi?
Cerco conforto nella storia. Quando l’abate Vincenzo Coronelli e l’ingegnere idraulico Bernardino Zendrini, concepirono e costruirono i Murazzi al Lido di Venezia (1744-1782) ci impiegarono esattamente 38 anni…La laguna fu salva e di conseguenza anche Venezia e la Serenissima.
Il Mose, opera non ancora definitivamente ultimata, ha già un iter di oltre 40 anni
Il Consorzio Venezia Nuova nacque nel 1982 con il Progettone del ministro Nicolazzi e ricordo ancora le commoventi parole del primo presidente Luigi Zanda nel 1992: “Entro tre anni il Mose salverà Venezia”. Nel 1995 pensò bene di ritirarsi a Roma per organizzare il Giubileo. Ancora più commovente il presidente Craxi nel 1987 a Palazzo Ducale in occasione dei 190 della fine della Repubblica: “Entro la fine del secolo Venezia sarà salvata dalla più grande opera ambientale italiana mai intrapresa prima”. Siamo già al quarto del secolo dopo.
Una delle cose che non ho mai digerito del Consorzio Venezia Nuova, fin dall’inizio, era la certezza che fosse una emanazione….romana.
Presidenti, oltre a Zanda, (già portavoce e segretario di Francesco Cossiga), poi Franco Carraro (ex Coni), seguito da Paolo Savona, ex ministro e presidente Consob. Ultimo Carlo Mazzacurati, ex Gruppo Mantovani.
Nel 2014 con lo “scandalo Mose”, ci furono 35 arresti e 100 inquisiti. Di destra, di centro e di sinistra
Riepilogando la storia: 57 anni fa (1966) ci fu la catastrofica alluvione con marea a 1,94. Venezia fino a quando? Fu il drammatico libro di Giulio Obici, per i tipi della Marsilio. Solo sette anni dopo (1973) il governo italiano approva la prima legge speciale, dove il problema di Venezia viene definito di “preminente interesse nazionale”. Nel 1980 i ministri De Michelis, Nicolazzi e Fanfani, stabiliscono che la grande opera di salvaguardia deve essere: “sperimentale, reversibile e graduale”. Un passo avanti. Nel 1988 il Mose viene presentato ufficialmente alla stampa. Dieci anni dopo, e siamo nel 1998, gli esperti del ministero, danno un parere negativo con il VIA (valutazione impatto ambientale). Grossi imbarazzi romani.
Comunque vada, un decisionista Silvio Berlusconi, taglia il primo nastro per le opere, dietro di lui, il presidente della Regione Veneto, Giancarlo Galan. Non è che il Mose gli abbia portato fortuna qualche anno dopo. Nel 2006 sarà il presidente Romano Prodi a dare il via alle prime paratoie. Sì-Mose e non se ne parli più. Il consorzio di imprese italiane, che aveva di fatto escluso un più che legittimo appalto europeo, vista la mole di lavori e i finanziamenti, nasce con un piccolo difetto dalla nascita: la concessione a trattativa privata.
Prima o poi lo strapotere dei privati sarebbe imploso, sussurravano nelle calli.
Il “crollo” del Mose
Il Magistrato alle acque, organo periferico del Ministero dei lavori pubblici (che avrebbe dovuto essere il controllore) venne di fatto sminuito e depotenziato. In pratica il CVN la faceva da padrone e dettava legge. Lo stesso Mazzacurati definiva il Mose come “la sua creatura”. Pensava di passare alla storia, ma non ci fu per lui un lieto fine. La Magistratura volle vederci chiaro ad una serie di appalti che sembravano pilotati. Nel 2014 crollò nil mondo lagunare. Uno scandalo che fece subito il giro del mondo e anche l’immagine dell’Italia venne compromessa. Perfino il sindaco Giorgio Orsoni, subì l’umiliazione dell’arresto.
Finalmente il 5 ottobre 2020 il Mose entra in funzione sperimentale e salva biblicamente la città dalle acque alte. Ma sarà così?
Due conseguenze immediate: crolla la vendita di stivali di gomma per i turisti e le case a pianterreno, aumentano di valore. Secondo gli esperti ora valgono il 15% in più. La cronaca di oggi è che il Mose è entrato in funzione 14 volte in pochi giorni. La città salvata da una marea certa di 1,85 dal medio mare. In pratica evitata una nuova alluvione dopo l’ultima del 2019.
Il premio Nobel “dell’acqua’, l’ingegnere veneziano Andrea Rinaldo, si dichiara preoccupato per i cambiamenti climatici. Il Mose, dicono le previsioni può resistere 50/70 anni. Dal 1916 al 1966, si sono registrate 47 acque alte (ovvero superiori a 1,10 dal medio mare). Mentre dal 1966 al 2020 l’ufficio comunale segnala ben 278 alte maree.
I rischi e Rossetto
Altri pericoli futuri? Ogni cinque anni, le paratoie in metallo sono da sostituire per consunzione. Occorre monitorare costantemente i sedimenti e i depositi di sabbia alle bocche di porto. I cassoni adagiati sul fondale sono in calcestruzzo. Nemmeno il tenace marmo d’Istria, resiste a lungo all’acqua salata. Il Mose é tarato per resistere fino a tre metri. Per i prossimi 100 anni, calcolano gli scienziati, il livello marino aumenterà almeno di 60 centimetri. Aggravamento dei mutamenti climatici permettendo.
Happy end. Dopo 3 anni e 3 mesi dalla sua istituzione, è stato finalmente nominato dal ministero delle Infrastrutture e delle risorse, in accordo con le autorità locali (Regione e comuni di Venezia e Chioggia) il nuovo presidente dell’Autorità per la Laguna. Ruolo fondamentale anche per ricevere i fondi della Legge speciale. Si tratta di Roberto Rossetto, urbanista, 71 anni, mestrino. Dovrà subito occuparsi del destino degli oltre 200 dipendenti di CVN, Comar e Thetis. “Una bella rogna”, lo hanno subito supportato gli amici. Del Mose, Rossetto, se ne occuperà solo nel 2025. La fase “sperimentale” durerà ancora 22 mesi.
“Non è mai stato alto dirigente statale e non ha le competenze”, lancia il verdetto la solita iman oltranzista veneziana.
Restiamo o non restiamo, pur sempre, “una laguna di chiacchiere”?