Un week-end a Mirano, una cittadina immersa nella campagna veneta, relativamente vicina a Padova, a Treviso e soprattutto a Venezia, dalla quale dista appena 20 km. È grazie anche alla sua posizione che Mirano è stata scelta della nobiltà lagunare del Seicento-Settecento per costruire le proprie dimore. Le prestigiose ville venete, veri gioielli di architettura ancora costituiscono un vanto per il territorio. L’occasione perfetta per visitarla è indubbiamente la Fiera dell’Oca, nel fine settimana di San Martino l’11 e 12 novembre 2023. Il cuore del centro storico di Mirano è rappresentato da Piazza Martiri della Libertà. Qui si affacciano palazzi di rilievo, tra cui villa Corner-Renier, attuale sede municipale. Da visitare senza dubbio il cinquecentesco duomo di San Michele Arcangelo che custodisce al suo interno un vero capolavoro. Si tratta della pala del “Miracolo di Sant’Antonio che riattacca il piede” di Giambattista Tiepolo. Sul soffitto si può ammirare un affresco del “Giudizio universale” di Giovanni De Min, esempio della pittura veneta dell’Ottocento.
A Mirano per scoprire
Bella la passeggiata che lungo via delle Barche conduce alla mole dei Molini di Sotto. L’opificio ottocentesco si specchia su di un ampio bacino formato dal fiume Muson, un tempo scalo per i commerci con Venezia. Fare tappa a Mirano, significa ammirare le magnifiche ed eleganti ville venete, a cominciare proprio da quelle nel cuore della città. L’imponente villa seicentesca Belvedere e la splendida villa Morosini – XXV aprile di ricordo palladiano, con la loggia a colonne d’ordine ionico, coronata da timpano e statue. Qui si estendono i parchi pubblici ideali per una sosta rigenerante.
Proprio di fronte, si erge il suggestivo complesso architettonico del Castelletto e delle grotte del Belvedere. Il Castelletto risale alla seconda metà dell’Ottocento e conserva la torre ottagonale a cinque piani. Qui si trovano anche le Grotte, un itinerario sotterraneo di circa 250 metri. Caverne, gallerie, cunicoli si alternano fino a un lago artificiale, alimentato dalle acque del Muson.
Anche quest’anno a Mirano ci si mette in vetrina con il gioco dell’oca
Il pennuto è l’alfiere ideale sotto ogni punto di vista per questa ricorrenza, con una fiera da decine di migliaia di visitatori. Hotel e ristoranti da tutto esaurito, occasioni di svago e riscoperta di antiche tradizioni locali, comprese quelle legate alla buona tavola e al cibo. Mirano nel fine settimana di San Martino cambia volto per due giorni. Il centro storico si trasforma in una piazza della Belle Époque, lasciando il campo a una fiera paesana di inizio Novecento. A farla da padrona sono gli stendardi con lo stemma sabaudo, i banchi in legno del mercato, le bacheche con gli avvisi comunali, i manifesti con le prime réclame. Anche moderni cartelli stradali vengono coperti con la riproduzione fedele delle insegne d’epoca. L’appuntamento con il salto indietro nel tempo quest’anno è l’11 e 12 novembre. Ci sarà lo strillone con il giornale, l’imbonitore con i suoi intrugli, le servette nel giorno di riposo. E poi ancora l’artigiano che impaglia le sedie, i baracconi con il fucile a elastici, i barattoli da abbattere a pallate e altri giochi di una volta. Protagonista il pennuto più famoso di queste zone, in linea con il detto popolare “Chi no magna l’oca a San Martin no fa el beco de un quatrin”. Ovvero chi non mangia l’oca a San Martino non fa il becco di un quattrino. È sempre stata usanza, dalle parti di Mirano, festeggiare la chiusura dell’anno agrario, l’11 novembre, mangiando l’oca. Questo perché in quel periodo dell’anno la carne del pennuto è così grassa e tenera da sciogliersi in bocca. Ma soprattutto, all’epoca i proprietari terrieri di Mirano erano in gran parte ebrei e non potevano mangiare maiale.
Ricostruire la storia
Roberto Gallorini, patron della Pro Loco e Sandro Zara, custode di tradizioni, decisero di ripristinare e ufficializzare queste antiche usanze. Un modo per far innamorare i miranesi delle proprie radici. Un’altra grande intuizione fu quella di chiedere al pittore Carlo Preti di ideare e creare “El Zogo de l’oca de Miran”. Edizione riveduta e corretta del celebre gioco da tavola. Preti si prodigò ridisegnando il percorso a spirale del gioco, illustrando le 63 caselle con aneddoti, proverbi, luoghi e fatti della storia della città. Nel 1998 Gallorini prese il disegno di Preti e lo sovrappose alla piazza di Mirano, che guarda caso ha forma ovale. La piazza del paese diventava così un grande gioco di società. Si realizzarono 63 grandi caselle di due metri per due, dadi e pedine giganti e soprattutto improbabili prove di abilità che a molti ricordano i popolari “Giochi senza frontiere” di qualche decennio fa. A sfidarsi sono, da allora, ogni anno, le squadre del capoluogo e delle cinque frazioni di Mirano.
Il Zogo e le contrade
Così il Zogo è diventato anche una sorta di palio tra contrade, dove si misura la sana rivalità tra i campanili del comune. A darsi battaglia gli arancioni di Scaltenigo, i blu di Vetrego, i gialli di Campocroce, i rossi di Ballò, i verdi di Zianigo e gli azzurri di Mirano capoluogo. Tra i campanili miranesi è sfida vera! Le squadre si preparano con largo anticipo, provano i giochi, preparano costumi e tecniche per arrivare per primi alla casella 63. Il pubblico incita, lancia sfottò, si lascia rapire dalla sana rivalità del gioco. Chi vince ha solo l’obbligo di devolvere il premio in denaro a una realtà associativa o benefica del proprio paese ed è ciò che riporta la sfida alla dimensione di gioco. Attorno al Zogo, per due giorni, la Mirano è quella di un secolo e più fa. Passeggiando il sabato pomeriggio per le vie del centro sembra di essere tornati indietro di cent’anni per la cura riservata ai particolari e soprattutto alle circostanze. I baracconi, il vecchio luna park, i mercanti, tutti in costumi d’epoca fedelmente riprodotti dagli originali.
Non solo il gioco ma un’intera fiera a Mirano
Sempre in cerca di novità, la Pro Loco, qualche decennio fa, ha deciso di esportare la Fiera de l’Oca fuori città. Il viaggio non poteva che portare in Francia, che guarda caso dal 1700 celebra il pennuto proprio nel fine settimana di San Martino. La leggenda, infatti, narra che furono schiamazzi d’oca a svelare ai messi papali il nascondiglio di Martino, intimorito dalla possibilità di essere nominato vescovo di Tours.
A Mirano anche enogastronomia
Nei giorni della festa viene consigliato anche un percorso gastronomico alla scoperta dell’oca. Si inizia dall’Osteria dell’Oca, una ricostruzione in legno di una vecchia osteria, posta davanti alla fontana del leone. Qui si può assaggiare un piatto di affettati misti d’oca, un delizioso prosciutto cotto e un superbo salame. Oppure, più sostanzioso, un panino con salsiccia d’oca calda. Dalle 12.00 alle 14.00 potrete degustare anche il famoso risotto con salsiccia d’oca di Germano, da accompagnare a un buon bicchiere di vin brulè bollente al profumo di cannella e chiodi di garofano. Dall’Osteria dell’Oca si passa al Bacareto de l’Oca. Altra ricostruzione di un locale tipico veneziano dove, con “un’ombra” di vino in mano, degustare “i cicheti”, cose semplici ma sfiziose. Vivamente consigliato il musetto d’oca con polenta ai ferri che è una specialità tipica del territorio. Non è da meno il piatto di ochette; si tratta di ravioli freschi fatti a forma di ochetta e ripieni di oca, realizzati per l’occasione da un bravissimo pastaio di Mortara, saltati nel burro e salvia.
Tra un passaggio e l’altro tappa anche all’Osteria del Fritto per gustare e abbandonarsi alla peccaminosa goduria di una mozzarella in carrozza calda ripiena di prosciutto cotto d’oca. Quest’anno sarà la XXIV sima edizione e il momento clou sarà il Zogo dell’Oca che si terrà nella centrale Piazza Martiri. Un grande gioco di società strutturato con 63 grandi caselle di due metri per due, dadi e pedine giganti. A sfidarsi saranno la squadra del capoluogo e delle cinque frazioni di Mirano (Ballò, Campocroce, Scaltenigo, Vetrego e Zianigo). L’edizione 2022 è stata vinta dalla squadra di Scaltenigo…. E chi vincerà quest’anno?