Si trova nello storico Ghetto di Padova, a 50 metri dalla sinagoga, in via delle Piazze nr. 2, una laterale di Piazza delle Erbe. Un po’ nascosto, leggermente defilato, un piccolo giardino all’entrata, poi una grande sala pranzo e due sale più piccole al primo piano, ben curate. Sotto, una vasta e crescente cantina con oltre 400 etichette. Il restauro del ristorante VinEt, associato APPE, è stato effettuato nel corso di questi anni, con entusiasmo, da Domingo Bufano.
Domingo, come mai il “suo” VinEt?
La realizzazione di questo ristorante nasce da un sogno che nutrivo da tempo. Io sono ligure, ero dirigente commerciale nella grande distribuzione, a un certo punto ho deciso che nella mia vita non volevo avere rimpianti. Avevo questo sogno e ho iniziato questa avventura avviando il mio locale nel cuore di Padova. Mi piace il Veneto e ci vivo bene. Mi sono dimesso nel gennaio 2020 per intraprendere questa attività. Un tempo questo locale era un ex magazzino dove si conservava il baccalà.
Purtroppo, un mese dopo, il covid ha bloccato tutto. Tuttavia non mi sono scoraggiato. Ho lavorato sodo per abbellirlo con arredamento tendente a valorizzare il territorio: dal ferro battuto, al legno e ulivi, alla pietra trachite Euganea. Ovviamente mi fornisco dei prodotti del territorio… Il cliente deve respirare il territorio.
Come mai il nome VinEt?
E’ un marchio che unisce all’esperienza del vino un viaggio di sapori connotati da una attenta selezione. Vuole mettere insieme vino …et , nel senso che al vino si aggiunge il cibo, è una congiunzione. Il mio ristorante si basa su quattro pilastri: la selezione dei piccoli produttori, il territorio, la creatività e la stagionalità.
La responsabilità della cucina spetta allo chef Carlo Vidali, conosciuto (e apprezzato) in città, data la sua lunga attività ed esperienza in altri locali e presente da VinEt dal mese di aprile 2023.
Carlo, ci racconta la sua storia?
Direi abbastanza lunga e movimentata (ride, ndr). Sono stato uno studente di Scienze Forestali. Dopo 4 anni ho mollato tutti gli studi, volevo fare il cuoco. Ho preparato 50 lettere allegando il francobollo per la lettera di risposta e le ho inviate ad altrettanti ristoranti del territorio chiedendo di lavorare gratis per imparare il mestiere di cuoco.
Ha ottenuto risposte?
Ai miei tempi non c’era internet. Tuttavia mi hanno risposto e ho iniziato il mio lavoro al ristorante dell’hotel San Clemente. Il mio primo maestro è stato lo chef Tullio De Sandre. E dal mio primo giorno di lavoro la mia vita è cambiata radicalmente sia sul piano lavorativo ma anche in quello affettivo.
Come è arrivato al VinEt?
Perché in quel primo giorno di lavoro ho incontrato la ragazza della mia vita, che lavorava anch’ella al San Clemente, che diventerà poi mia moglie. Si chiama Helene Dao, con lei da tanti anni percorriamo insieme la nostra vita. Helene svolge il compito di direttrice di sala al Vinet (ci lavora da due anni). E da aprile anch’io mi sono aggregato, lasciando il ristorante in cui lavoravo.
Ci dice le altre esperienze prima del VinEt?
Ho lavorato per due anni al ristorante Dolada di Pieve d’Alpago, poi come chef a Griso di Lecco per tre anni. Nel frattempo io ed Helene ci siamo sposati. Pensammo poi di andare l’America e partimmo per San Francisco: Helene, io e il nostro gatto Pappo. A San Francisco aprimmo un ristorante. Ci rimanemmo un anno. Poi abbiamo noleggiato un furgone e attraversato l’America sino ad arrivare a New York City. A Manhattan continuai a fare lo chef sino a quando un amico ci disse: “Perché non venite a lavorare in un ristorante a Copenaghen in Danimarca?”. Così lasciammo l’America, ci siamo stabiliti nella capitale danese e abbiamo lavorato nel ristorante Casa d’Antino, nel centro storico: io a fare lo chef, mia moglie la direttrice di sala. Qui ci rimanemmo per oltre 4 anni.
Quando siete ritornati in Italia?
Dopo il 2000, ritornammo a Padova e iniziammo a lavorare nel nostro ristorante La Finestra in Via dei Tadi a Padova dal 2003. Qui continuammo per 13 anni. Poi al Crown Plaza di Limena-Padova sino ad aprile di quest’anno. Ora sono qui al VinEt, dove mia moglie ci lavora da due anni, da quando è stato aperto il 4 luglio 2021.
Per i lettori di www.enordest.it Domingo e il cuoco Carlo propongono la ricetta dei bigoli in salsa d’acciughe, o più semplicemente bigoli in salsa. Costituiscono un primo piatto della tradizione culinaria veneta e venivano consumati durante i giorni di magro, come la vigilia di Natale, il venerdì Santo e il mercoledì delle Ceneri. La creatività fa aggiungere dei filetti tricolore di peperoni arrostiti.
Bigoli in salsa con filetti tricolore di peperoni arrostiti
Ingredienti (per 4 persone) 320g di bigoli, 1 peperone per colore (verde, rosso, giallo), 100 g di acciughe salate, 2 cipolle bianche medie, 2 cucchiai d’olio, sale qb
Preparazione. Per la salsa: tagliamo a fette sottilissime le cipolle; in una padella stufiamole lentamente con olio extra vergine di oliva. Uniamo poi le acciughe sott’olio che si dissolveranno nella salsa dando sapidità.
Aggiungiamo dei filetti di peperoni di vari colori che verranno arrostiti sulla fiamma per essere poi spellati, tagliati a listarelle e conditi con un filo di olio. I peperoni conferiscono una nota leggermente affumicata che bene si combina con la dolcezza delle cipolle e la salinità delle acciughe.
Cuociamo i bigoli, scoliamoli e amalghiamoli con la salsa preparata.
Il vino in abbinamento
Domingo, esperto di vini (la sua cantina ha più di 400 etichette) consiglia per questo piatto un Dulcamara della Tenuta San Nazario: un Sauvignon Garganega in percentuali diverse a seconda dell’annata ma sempre un buon abbinamento, con una leggera sovra maturazione delle uve che provengono da un terreno vulcanico nella zona di Cortelà di Vò, nei Colli Euganei.