Se inciampate in un paio di parole come “piccoli patriottismi” non pensate a qualcosa di infantile, diciamo alla De Amicis perché si parla di Europa, di ducetti nazionalisti, di sentimenti come l’egoismo di Stato. Su grande scala vediamo riprodursi il campanilismo alla veneta o alla Meloni per non dire della caciara quotidiana dei partiti e partitini d’Italia, che sono una piccola galassia in guerra di parole per contendersi o mantenere le posizioni sulla scacchiera politica.
C’è una dispersione delle risorse (i voti…) che alimenta la frammentazione e crea minuscoli reami senza regno, stretti entro confini egoistici dove i capi sono piccoli napoleoni formato bonsai incapaci di fare squadra, cioè di unire le forze e costituire partiti più robusti e più influenti. Lorsignori (nomi e cognomi a volontà) si accontentano di coltivare l’orto di casa.
L’Uomo della strada guarda, assiste e pensa: manca qualcosa, forse non si fa sintesi perché non si applica lo spirito dell’orchestra e del coro: niente égalité, niente soldati, siamo tutti generali. “Il problema – ha scritto Massimo Franco sul Corsera – è che ogni giorno emergono pretesti per litigare, al punto che se ne perde la memoria”. Stile tacitiano.
Qualcuno, però e nonostante, si sforza generosamente di volare alto, di pensare in grande allargando l’orizzonte del presente. Per esempio applicando una forma di “ecologia integrale” che vede la necessità di legare insieme i fenomeni del nostro tempo: “Abbiamo bisogno di mettere il dramma della desertificazione in parallelo con quello dei rifugiati,” dice il Papa, “il tema dell’immigrazione insieme a quello della denatalità…” È necessario e urgente, dice ancora Francesco, “creare visioni d’insieme”.
Santità, lei ha ragione. Ma provi a dirlo ai segretari dei nostri partiti, ai ministri del nostro governo, ai despoti delle democrazie illiberali…
La conta degli invisibili
Arrivano dall’oltremare, ma le guardie non li vedono; passano i controlli ma sfuggono al conteggio: superano tutti i confini d’acqua e di terra del mondo, e sono invisibili. Nemmeno i radar ne rivelano la presenza. Sono i fantasmi della modernità, sono in realtà persone in fieri, i non ancora nati che viaggiano incoscienti nel ventre delle loro madri in fuga dai disastri delle guerre, dalla crisi climatica, dai massacri tribali e dai regimi militarizzati.
Custoditi nel loro nido amniotico, questi bambini concepiti volontariamente o, troppo spesso, “per violenza subita durante il percorso migratorio”, sono già qui e altro ne arrivano; anche se incompiuti, queste creature in via di perfezionamento sono arrivate nella terra promessa ai loro genitori, ma non fanno ancora statistica – sono come semi in attesa di esplodere, e il loro terreno è il futuro.
Una ricerca della Fondazione Rezzara di Vicenza calcola al 55 per cento la presenza femminile tra i migranti che approdano nel sud dell’Europa (leggi Lampedusa). Dunque, più della metà dei fuggiaschi è fatta di donne, e tante di quelle donne sono incinte, appesantite da un carico inestimabile, i loro piccoli nascituri nascosti nel corpo violato.
Sangue e carne e respiri formano un tutt’uno – viventi nonostante la violenza del mondo, prossimi cittadini in mezzo a noi nonostante il rifiuto istituzionale o emotivo di tanti che hanno dimenticato perché “si attraversa il mare”.
Il mestiere di cittadino
Ho sentito anche questa: “Dovremmo esercitare il nostro mestiere di cittadini moderni, da tempo acculturati se non altro dalla televisione che ci ha liberati da una certa forma di analfabetismo di ritorno”. Sul tema ho pensieri sparsi…
Come ci si sente ad essere chiamato un cittadino attivo? Libero, direi di getto, e figlio della democrazia. Detto questo, però, aggiungo che cittadini si nasce, almeno diciamo in Italia e in altri luoghi fortunati; ma non è sicuramente così ovunque nel mondo.
Noi italiani abbiamo la fortuna di essere sostenuti nel nostro agire democratico da una fonte di cultura civica straordinaria quanto poco conosciuta: è il Libro del buon cittadino, e si chiama Costituzione. Che non è, per fortuna, l’unico testo sul quale istruirci e maturarci in cultura e morale. Non è il testo sacro degli ayatollah e simili.
Per noi, la cittadinanza è un sentimento, non una religione. La nostra Carta non incoraggia la “solidarietà obbligatoria”, non dichiara guerra a nessuno, non ha comandamenti, non parla a sudditi come usa nelle monarchie assolute o teocratiche, ma ci sostiene nel rafforzare le libertà di una patria ereditata.
Olea fragrans
(poesia)
Leggero come la carezza d’una piuma
e delicato come il sapore di un bacio
mi arrivava il profumo dell’autunno
assieme al migliore alito di altre essenze
in queste ore di sole ormai sbiadito
quando tutto ciò che è toccato dalla luce
diventi oro e s’infiammi senza prender fuoco.
Olea Fragrans, come un violino che suona da solista
nel mezzo di un’orchestra che attende di partire
e lo farà quando lui si fermerà nell’aria
chiedendogli l’ebbrezza che si porta dietro
come un sentimento e la dolcezza dell’amore.
Mario Bernardi
Da Poesie per vivere
Gianni Sartori e Libreria Opitergina editori, sd
Come riesci tu a definire e poi riunire fatti e idee molto lontane e che sembrano inavvicinabili, a ripresentarceli nel tuo modo garbato e concreto – non ci riesce nessuno. La forza dello scrittore-poeta è incredibile!
GRAZIE, Ivo , per le tue riflessioni che riescono a scavare le nostre coscienze . Non condivido la tua affermazione ( cittadini si nasce ) perché penso che queste Libertà di una Patria ereditata sono costate millenni di lotte , di guerre , di malattie , di fame . La libertà non.ci è stata regalata , abbiamo dovuto conquistarla , e a che prezzo !
Mi viene da ricordare Catone Uticense e come lo descrive Dante , più di.700 anni fa .
In buona sostanza , carissimi Nadia ed Ivo , dovremmo impegnarci affinché questi problemi vengano approfonditi a scuola , tra i nostri giovani che , loro si’ , sono persone in fieri e bisognosi di conoscere la STORIA . GRAZIE per le sollecitazioni che ci offri !