Gli sciacalli sono di destra o di sinistra? A saperlo. Da dieci metri in un cavalcavia di Mestre vecchio di 70 anni, cade un autobus e non si sa ancora di preciso perché, ma ci sono 21 morti e 15 feriti, di cui 5 gravi. Una strage. Riassumendo le colpe, ideologie permettendo. I bus elettrici sono di sinistra e la destra spara accuse, mentre i guard rail indagati sono grane di destra e la sinistra spara sull’incuria. Mi è bastato leggere il titolone della “Stampa” per essere sufficientemente indignato. “Lo scandalo dei guardrail!”. Mentre per “Libero” i bus ecologici con le batterie al litio, sono pericolosi e criminali. Non se ne può più.
Per la strage di Mestre bisogna aspettare le indagini e mettere da parte le ideologie
Le ideologie mettetevele in quel posto e aspettate, nel caso di Mestre, le doverose indagini. Indagini chiarificatrici sul corpo del povero autista, unico italiano morto. Sulle telecamere interne ed esterne del bus, sulle immagini della Control Room del Comune, sulle testimonianze dei sopravvissuti, sui riscontri tecnici del guardrail. Ognuno subito pronto a sparare cazzate politiche. A cominciare da un ministro con responsabilità istituzionali che dà la colpa ai mezzi ecologici e non inquinanti, ai rappresentanti delle opposizioni comunali in Comune di Venezia, che sentenziano sui mancati lavori dell’amministrazione comunale dei vetusti guard rail.
Sciacalli di destra e di sinistra
Cito, non a caso, la frase di un grande giornalista del Corriere della sera, Alberto Cavallari. Tre giorni dopo il disastro del Vajont (60 anni fa, giusti giusti) scrive Cavallari sul più importante quotidiano italiano: “per conto mio, non dico, né la parola responsabilità né la parola fatalità perché vedo che troppa gente (di destra o di sinistra), la scrive per farci il suo gioco. Vediamoci chiaro, ripeto. Ma seppelliamo i morti senza avvilire di vivi”.
Strage di Mestre. Ma prima?
All’epoca del Vajont, Pci e comunisti a dare la colpa ai capitalisti che pensano solo al profitto, mentre Dc e moderati a insistere sulla fatalità dell’evento. Giornalisti del calibro di Giorgio Bocca, Dino Buzzati, Indro Montanelli, Giampaolo Pansa, insistono per la seconda ipotesi, invece l’eroica giornalista dell’Unità, Tina Merlin, che negli anni 1959, 1960, 1961, aveva denunciato le malefatte della società Sade con tanto di cronaca delle frane sul monte Toc, insiste sulla prima ipotesi anti-capitalistica.
La Merlin, bellunese, originaria di Trichiana e partigiana comunista, aveva subìto un processo per “procurato allarme”, ma venne assolta dal tribunale di Milano. La combattiva giornalista dall’ultimo servizio su l’Unità del febbraio del 1961, alla penultima frana, non scrisse più, per due anni e mezzo, fino al 10 ottobre del 1963. Una lunga pausa. Il Corriere del 1963, ricorda una analoga tragedia sul fiume Don in Unione Sovietica. Una diga provoca centinaia di morti. Non può essere data la colpa alla speculazione capitalistica.
Giuseppe Longo, direttore all’epoca, del Gazzettino, va giù duro in un editoriale del 13 ottobre 1963 dal titolo: Giudicare dopo. “…non saremo certo noi a dire che i capitalisti sono degli altruisti – scrive Longo – i quali investono i loro capitali per fare il bene dell’umanità e non anche principalmente il proprio, ma si offende il più elementare buon senso quando si sostiene che costoro possano aver mandato miliardi alla malora per far morire gli abitanti dì Longarone, Erto Casso e che abbiano voluto costruire la diga del Vajont con la consapevolezza del gigantesco rischio. Chi ci può credere? Più pura e ortodossa vuol essere la concezione marxista della vita, più assurda appare una simile frottola. Avremmo anche i capitalisti assassini per sadismo?…la stampa comunista, secondo il suo tornaconto, accusa il sistema, accusa questa nostra democrazia, e ne chiede la revoca, quasi che nelle beate terre sovietiche dov’è il sistema è diverso, non avvenissero sciagure e tutto fosse perfetto a causa dell’avvento della rivoluzione marxista”.
Strage di Mestre. Da 60 anni la storia insegna, la stampa un po’ meno
Non ci fosse di mezzo la tragedia di Ponte Morandi nel 2018 e le colpevoli mancate manutenzioni, oppure i 268 morti in Val di Stava nel 1985. Oppure i colpevoli silenzi per i minatori morti di Marcinelle in Belgio nel 1956. Oggi a Mestre ci si interroga su 21 poveretti diretti ad un campeggio e mai arrivati. Io invece penso con ammirazione agli immigrati Boubacar Toure e Bujcar Bucai. Mentre altri usavano il telefonino, loro salvavano vite umane.