Il recente Stockholm Water Prize, vero nome del Nobel dell’Acqua, vinto dallo scienziato veneziano Andrea Rinaldo, ha illuminato con i grandi spot della comunicazione mondiale un problema che non si può eludere: la disponibilità dell’acqua dolce nel nostro mondo. Oggi e, soprattutto, domani. Ma proprio perché ridotta a problema dall’urgenza delle ricorrenti siccità e dai giganteschi consumi umani, la parola acqua dovrebbe stamparsi nelle nostre coscienze e guidare le nostre azioni e i comportamenti di ogni terrestre. L’allarme è suonato da tempo, e adesso alle voci dal mondo si aggiunge quella di Siccità, un libro pubblicato da poco che documenta una situazione di giorno in giorno più grave.
Vorrei, però, scendere in acqua con un altro libro: più sereno, più vicino all’acqua sorella di San Francesco (e alla giovinezza dell’Anonimo). Si tratta di Ombre galleggianti che narra di una crociera autunnale di pochi giorni con una zattera metallica lungo il canale Tartaro-Fissero-Canalbianco, autori Vasco Brondi e Massimo Zamboni: due musicisti emiliani e il fotografo Piergiorgio Casotti; edito da La nave di Teseo qualche anno fa.
Un viaggio sull’acqua
Il viaggio nella corrente che scende verso il Delta padano legando le province di Mantova e Rovigo (il Polesine sulla riva sinistra) è abbastanza strano: basti pensare che il canale scorre fra argini così alti, che il paesaggio attraversato, ricco di paesi, campagne coltivate e traffici, è praticamente invisibile, una presenza misteriosa, percepibile solo dallo spuntare di qualche campanile o dai tetti di case prossime alle rive.
Così si va fra acqua e cielo, silenziosamente; c’è tempo per recuperare qualche lettura, per qualche raro incontro con i pescatori locali appostati fra la vegetazione spontanea, ma ci sono anche “i rumeni” cacciatori di pesci Siluro, il predatore alieno che ha soppiantato il luccio e si incrociano le grandi chiatte e le bettoline guidate da un solo uomo: si scambia un gesto di saluto e avanti.
Si direbbe una crociera di meditazione, e i nostri tre argonauti non sanno di aver smosso in profondità i ricordi e le emozioni del sottoscritto che sulla riva del Canalbianco ha vissuto per vent’anni. Anni in cui il Canale metteva in scena tramonti liquidi, di oro e sangue, e faceva sognare non dico l’eterno ma futuri possibili.
Una cosa filosofica
Nascoste nelle nostre parole, se ci pensiamo, ci sono tante cose, luoghi, esistenze, che siano del passato come del futuro, di cui sono premessa e promessa. Una di queste parole-contenitore, spesso associata a Venezia, è fragilità: “la sua fragile bellezza riflessa nella laguna”, si dice; ma c’è un altro legame: il vetro di Murano. Due destini, due occasioni per parlarne anche qui a causa di una piccola scoperta o meglio grande sorpresa.
Nei giorni scorsi, in una piccola galleria d’arte di Mestre ho visto per la prima volta un’opera recente che richiama Venezia come porta d’Oriente.
Si tratta di un vetro soffiato dell’artista veneziano Franco Beraldo intitolato Kintsugi. Una parola giapponese che ci parla di una filosofia antica legata alla fragilità delle cose e alla loro cura. Alla fine del xv secolo, in Giappone, le crepe o fratture delle ceramiche d’arte venivano saldate e le cicatrici lasciate visibili, non solo, ma messe in evidenza coprendole di polvere d’oro.
Quest’opera che mi ha profondamente colpito è una lastra in vetro nero fuso, di poco spessore, martoriata dall’autore (o dal tempo…), con buchi, fratture, lacerazioni cioè materia ferita, rimarginata con amorevole rispetto ed esposta al nostro giudizio: un corpo fragile traumatizzato che idealmente si fa specchio ai nostri traumi. Le opere dell’uomo, dice la filosofia, non solo quella orientale, sono impregnate di vita vissuta: le cicatrici narrano la loro e nostra storia, e possiamo ben dire che proprio il vissuto è la loro anima, e gliela trasmettono gli uomini.
Strumenti della conoscenza
Gli articoli di divulgazione scientifica hanno sempre avuto su di me un fascino strano, frutto di autentica curiositas e di timore riverenziale. Proprio una settimana fa, nel supplemento culturale del Sole24Ore mi ha attirato l’autopresentazione di un libro intitolato L’età della meraviglia (Edizioni Orville Press), in cui l’autore Richard Holmes rievoca una straordinaria stagione della “Scienza romantica” come scoperta anche geografica. Un “racconto personale” che si colloca approssimativamente fra il 1768, cioè la crociera di Cook intorno al mondo, e il 1830 con il viaggio ai tropici di Charles Darwin che raccolse materiali fondamentali per il suo capolavoro L’origine delle specie.
Il primo navigò con il veliero oceanico “Endeavour”, il secondo con il brigantino “Beagle”: e proprio il ruolo di queste navi mi hanno suggerito un accostamento. Holmes parla di scienza come ricerca attraverso l’uso di strumenti come il microscopio, il barometro, il telescopio, il compressore, la pila di Volta fino al bisturi. Ma io aggiungerei all’elenco proprio i nomi di quelle due navi inglesi, autentici strumenti di conoscenza della realtà terrestre e umana. Una mia idea “romantica”?
On umor de piova
(poesia)
On umor de piova
porta via ‘l slusor de l’erba:
xe sempre ‘na roba nova
on cambio de stajon.
Ma a on vecio ghe par tuto
tristo da le braghe che ‘l porta
al zorno fiaco che nasse.
No giova pì gnente, par tuto storto,
sempre preciso, nato za morto.
Solo ghe ride in scarsela,
fa on s-ciocar de nosele,
de stracaganasse che scorla,
on pensiero de zoventù:
on fis-ceto de giostra a caenele,
‘na strica de tiramola, la festa
tardiva de le fiere de Noènta.
(19 ottobre 2011)
Antonio Daniele
Da Lucamara e altre poesie pavane
Editrice Cleup, Padova 2016
Come sempre , le parole di Ivo arrivano dritte al cuore. Dai ” Tramonti liquidi d’oro e sangue” al ricordo del nostro Primo Poeta( Francesco D’Assisi che parlava della madre Terra , di fratello Sole e sorella Luna ) , Ivo ci ricorda con dolcezza poetica il rispetto dovuto all’acqua , al sole , alla terra che ci ospita. Ti ringrazio , Ivo , e spero con tutto il cuore che tu riesca a scuotere le menti di chi ci guida .
L’acqua, elemento sempre presente nei “pensieri” di Ivo, scrittore e poeta delicatissimo, ha da sempre un fascino particolare anche per me. A Basilea, la mia amata città natale, abbiamo il fiume Reno che divide la città nella “piccola” e la “grande” Basilea. Lo si può ammirare su uno spiazzo dietro la bellissima cattedrale gotica, all’ombra di vecchi ippocastani, posto panoramico e da riflessione, che regala bellezza, calma e serenità. Che nostalgia!
Sarà anche perchè sono nata nel segno zodiacale del cancro – l’acqua mi ha da sempre attirato molto. In Svizzera non c’è il mare, ma abbiamo innumerevoli limpidissimi laghi, fiumi e torrenti. Non c’è città o paese che non abbia fontane, artistiche o rustiche, da ammirare e da dissetarsi. L’acqua è vita – e spero e mi auguro che continui ad essercene per tutti, per i nostri figli e nipoti, anche nei tempi che verranno …
Chissà perché quando penso a quella casa vicino al Canalbianco e ho avuto la fortuna anche di averci dormito mi appare la “figura” di Giovanni Pascoli!