“Signor colonnello accade una cosa incredibile…I tedeschi si sono alleati con gli americani. Ci stanno attaccando…”. L’Armistizio dell’8 Settembre 1943 viene riassunto così nel più bel film su quella drammatica giornata. I soldati italiani non sanno cosa fare, a chi resistere, a chi sparare. Il re e gli alti comandi sono in fuga precipitosa e vergognosa. Ognuno deve sopravvivere come può. E’ il caos di “Tutti a casa” il film di Luigi Comencini del 1960, con un superbo Alberto Sordi in una commedia all’italiana particolare, dentro la Storia con un occhio grottesco e uno spaventato. Accanto al protagonista, attori come Eduardo De Filippo e Serge Reggiani.
Sordi è il sottotenente Alberto Innocenzi che dalle rive venete scivola verso il Sud, in un’Italia che non capisce, senza ordini, in una guerra che sembra finita e invece è appena iniziata in maniera diversa e con nemici differenti. Un’Italia nella quale mentre il soldato Innocenzi avanza verso casa stanno nascendo un nuovo stato fascista al Nord, sta incominciando la Resistenza e c’è al Sud un’Italia che conserva la parola Regno.
L’armistizio di Totò
E c’è un altro film, anche questo giocato sui toni della commedia all’italiana, che offre un altro aspetto che può completare il quadro. Un film diverso, giocato sul sorriso prolungato, ironico più che grottesco. Con un Totò in stato di grazia e un grande attore inglese, Walter Pidgeon. E’ “I due colonnelli” di Steno, del 1962, con Nino Taranto. Totò è il colonnello Antonio Di Maggio, le sue truppe e quelle inglesi si alternano nel controllo di un’isola greca in un clima non esattamente da guerra all’ultimo sangue.
Fino all’8 settembre, quando i tedeschi vogliono sterminare i “traditori” italiani. Saranno gli inglesi a salvare gli italiani che nel frattempo si sono quasi tutti accasati. Straordinaria la scena in cui Totò spiega al colonnello tedesco dove può mettersi la sua carta bianca con l’ordine di fucilare tutti. Certo è una commedia, quello che accade in isole vicine, come Cefalonia, non appare nemmeno sullo sfondo.
I documenti filmati
Esistono i cinegiornali e i documentari, specie quelli angloamericani, che riportano esattamente la scena dell’Armistizio, il tavolo, con i vincitori che dettano le condizioni a un governo italiano che vorrebbe tenere segreta la notizia ancora per un po’. Questi appartengo alla documentazione storica. Ma l’8 Settembre ha offerto lo spunto a capolavori del cinema italiano e a una serie importante di pellicole che hanno proposto la realtà di quell’Italia che dal settembre 1943 al 25 aprile 1945 vivrà i giorni più duri, drammatici, terribili di una guerra diventata anche guerra civile.
Dall’armistizio a due capolavori
Parte dall’armistizio la vicenda di “Roma città aperta” (1945) di Roberto Rosellini, un capolavoro con due grandi attori in stato di grazia, Anna Magnani e Roberto Rossellini. La Roma abbandonata dal re e consegnata ai tedeschi che occupano la Capitale e che mostreranno la loro faccia di nuovo nemico dalla retata del Ghetto al massacro delle Fosse Ardeatine.
Sempre Rossellini (1959) offrirà un altro sguardo sull’Italia dell’armistizio con “Il generale Della Rovere” interpretato da un ispirato Vittorio De Sica. Lo stesso De Sica, questa volta nei panni di regista, racconterà la sua Italia spaccata dall’Armistizio tra nuovi e vecchi nemici con “La Ciociara” (1960) tratto dal romanzo di Alberto Moravia e con una Sofia Loren premiata con l’Oscar.
Film che prendono spunto dall’armistizio per raccontare cronache vere
Due film da vedere con titoli e argomenti simili. “Gli sbandati” di Francesco Maselli (1955) parla di soldati abbandonati e costretti a decidere da che parte stare e con chi continuare a combattere. Nel film emergono Lucia Bosè, Isa Miranda e un giovane Terence Hill ancora col suo nome, Mario Girotti. O come “La strada più lunga” (1965) di Nelo Risi dove il soldato Michele (Gian Maria Volontè) veterano di tante guerre torna a casa stanco di combattere, ma non è finita, deve scegliere tra Salò e la Resistenza. Lo stesso tema di “Tiro al piccione” di Giuliano Montaldo del 1961 con Jacques Charrier: un giovane si arruola a Salò, capisce di aver sbagliato parte, ma resta sino alla fine. La scelta spesso era casuale, molte volte come ricorderà in un suo bel libro Italo Calvino la si faceva camminando su un filo sottile come un capello.
Più decisi i giovani di “Un giorno da leoni” di Nanny Loi (1961), con Thomas Milian, Renato Salvatori e Nino Castelnuovo: studenti e operai devono decidere cosa fare in un momento in cui non si può stare a guardare. Come i cinque soldati di “La guerra continua” di Leopoldo Savona (1962)
Due sorrisi amari
Singolare “Il carro armato dell’8 Settembre” di Gianni Puccini (1960) , con Gabriele Ferzetti: un soldato italiano cerca di portarsi a casa il suo carro armato dopo l’8 settembre, sogna di trasformarlo in trattore. Attraversa un’Italia dove i tedeschi lo fermano subito e gli sequestrano il mezzo.
Così come non capisce chi sono i veri nemici nell’Italia sta attraversando un grande Ugo Tognazzi ne “Il federale” di Luciano Salce (1961) un fascista fanatico alle prese con un prigioniero eccellente, l’attore inglese Georges Wilson, destinato a diventare leader della futura repubblica.
Nell’Italia di tutti a casa il cinema è riuscito a trovare un tetto che raccogliesse tutti.